Opera in due atti, libretto di Luigi Romanelli. Capucine Chiaudiani (Fedra), Tomasz Zagorski (Tesèo), Rebecca Nelsen (Ippolito), Dae-Bum Lee (Teramene), Hyo-Jin Shin (Atide), Jorn Lindemann (Filoche). Coro e Orchestra dello Staatstheaters Braunschweig. Direttore:Gerd Schaller – 2 cd OEHMS Classics (live recording, prima registrazione assoluta).
Giovanni Simone Mayr. Nativo di Mendorf, Baviera, giunse in Italia, e più precisamente a Bergamo nel 1789, dove operava Carlo Lenzi, celebre Maestro di Cappella in Santa Maria Maggiore. Nel 1793 è a Venezia dove esordisce nell’opera, iniziando così un’intesissima attività di compositore che porterà alla nascita di oltre 50 opere. Un linguaggio elegante, quello di Mayr, se vogliamo trattenuto, ma allo stesso tempo fondamentale per lo sviluppo dell’opera romantica in Italia. E’ estremamente moderno il suo uso dell’orchestra, per la cura dei timbri strumentali, in particolare tra gli archi e i fiati. Importante è anche il modo in cui Mayr tratta il canto e soprattutto il coro che viene ad assumere una funzione drammatica nuova per l’epoca. Tutti questi aspetti li troviamo ben presenti in questa Fedra rappresentata alla Scala di Milano, il 26 dicembre 1820 con interpreti del calibro di Teresa Belloc e Adelaide Tosi che vestiva i panni “en travestì” di Ippolito. Un soggetto, già noto al mondo dell’opera, musicato in passato da Rameau e Traetta e non mancava di destare un certo scandalo nella Milano borghese del tempo. In questo anni in cui si è assistita a una certa riscoperta delle opere di Mayr (La rosa bianca e la rosa rossa, Ginevra di Scozia, Medea in Corinto) e ora anche possiamo ascoltare anche questa Fedra, peccato però che il cast degli interpreti non vada oltre a una certa correttezza. Si salva in parte la protagonista, Capucine Chiaudani, che malgrado uno strumento vocale non sempre controllatissimo, riesce almeno a sfoggiare un fraseggio abbastanza vario e drammaticamente convincente.