Valletta (Malta), Valletta Early Opera Festival 2024: “Il re pastore” di Mozart

Valletta (Malta), Valletta Early Opera Festival 2024
IL RE PASTORE”
Dramma per musica in due atti di Pietro Metastasio.
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Aminta FEDERICO FIORIO
Elisa CATHERINE TROTTMAN
Alessandro NICO DARMANIN
Agenore RAFFAELE GIORDANI
Tamiri CLAIRE DEBONO
Orchestra Arianna Art Ensemble
Direttore Giulio Prandi
Regia Tommaso Franchin
Scene Fabio Carpene
Costumi Giovanna Fiorentini
Nuova produzione Festivals Malta in collaborazione col Teatro Manoel
Valletta, 8 novembre 2024
Da anni Valletta si propone come la capitale europea della musica barocca, proponendo un festival musicale e produzioni d’opera di alto livello – grazie al lavoro instancabile di un team organizzativo giovane guidato dall’esperto direttore artistico Kenneth Zammit Tabona. Questo novembre ha visto un’anticipazione del Festival 2025 con la produzione de “Il re pastore” di Mozart, ideale prosecuzione di una trilogia sul giovane salisburghese, iniziata l’anno passato con “Apollo et Hyacinthus” e che si concluderà l’anno prossimo con un titolo ancora non reso noto. La scelta è molto felice, poiché la breve opera si adatta perfettamente sia all’atmosfera del Teatro Manoel (un gioiellino barocco, una bomboniera in toni di verde nel cuore di Valletta), sia alla misura ridotta del suo golfo mistico. Inoltre la compagnia cantante è di livello decisamente alto, guidata dai talenti adamantini dei due protagonisti: Federico Fiorio (Aminta) è un apprezzato controtenore sopranista grazie al  suo colore nitidissimo, il fraseggio ben cesellato sulla linea di canto, la presenza bella e morigerata; la misura è senz’altro la sua cifra, e infatti troviamo che gli si addicano i momenti più patetici, come “L’amerò, sarò costante”, sebbene anche nelle prove di coloratura sappia destreggiarsi con maestria; accanto a lui la francese Catherine Trottman risplende come Elisa: il timbro è tondo, il colore smaltato, le agilità perfettamente integrate alla sicura linea di canto; la sua “Barbaro! O Dio mi vedi” è giustamente a lungo applaudita, soprattutto per la capacità della Trottman di conferire calore ed espressività anche ai momenti più virtuosistici. Accanto a questi due troviamo due apprezzatissimi talenti locali: il tenore Nico Darmanin è un Alessandro padrone sia della scena (forse anche un filo sopra le righe) che della tessitura, con una certa facilità all’acuto e piacevoli portamenti – la sua impostazione sembra trasportarci già in atmosfere belcantistiche, che, trattandosi di Mozart, potrebbero non essere del tutto fuori luogo; la soprano Claire Debono è una Tamiri molto coinvolta scenicamente e dal colore caldo e vellutato – peccato per una certa debolezza nei centri. Conclude questo novero Raffaele Giordani (Agenore), cantore esperto in canto rinascimentale e primo barocco, dall’emissione naturalissima (praticamente mai immascherata), il suono ricco, la timbratura efficace: rimaniamo scettici sull’aderenza al repertorio mozartiano, ma comunque la sua si profila come una performance innegabilmente apprezzabile, per quanto tecnicamente differente da quelle dei suoi colleghi. La direzione d’orchestra di Giulio Prandi si mantiene nell’alveo di un’aurea mediocritas: tempi, agogiche e dinamiche sono corrette, la coesione con la scena costante. È l’apparato creativo di questa produzione a destare le maggiori perplessità: la scena di Fabio Carpene è minimale, ma presenta una bella fusione tra algore contemporaneo (il fondo bianco illuminato dal basso, le pecore trasformate in mazzi di palloncini bianchi, le sfere bianche usate come punti d’appoggio) e tradizione, usando alcuni antichi fondali dipinti presenti nel tesoro del teatro; parimenti, il progetto luci è senz’altro ben pensato nel valorizzare gli stati d’animo dei personaggi. I tasti dolenti sono la regia e i costumi, operanti verso una diminutio francamente disorientante: la regia di Tommaso Franchin ignora totalmente il libretto e il suo portato politico e socio-culturale, facendo di Aminta ed Elisa due bon sauvage tristemente vicini agli idiot savant, di Alessandro una specie di bullo buono, poco savant e molto idiot, di Agenore e Tamiri non si occupa neppure (e per fortuna che gli interpreti sono in grado di dare delle caratterizzazioni convincenti per quanto convenzionali). I costumi di Giovanna Fiorentini seguono a ruota: Aminta sembra un clown, con una vistosa parrucca ricciuta e e una salopette multicolore, Elisa una sorta di elfo punk, Alessandro un teddy boy in pelle nera e ciuffo selvaggio, Agenore un nerd in tuta da operaio, Tamiri ancora non abbiamo capito cosa (letteralmente vestita a caso con una parrucca di dreadlocks). In generale tutti si comportano come affetti da qualche forma di ritardo cognitivo o della crescita, imitando i bambini e gli adolescenti, giocando e baciandosi tutto il tempo, anche senza un’apparente ragione, e in generale cercando un effetto grottesco o buffonesco (come la carriola guidata da Aminta o i pantaloni troppi corti di Agenore) che non riesce mai autenticamente divertente, quanto semplicemente degradante. Pensiamo che Mozart, specialmente cantato da un simile cast, meritasse di meglio – sebbene il (non molto) pubblico abbia mostrato di gradire, per la soddisfazione di tutti, o quasi. Foto Elisa Von Brockdorff