Sassari, Teatro Comunale – Stagione Lirica 2024
“TOSCA”
Opera in tre atti su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica dal dramma “La Tosca” di Victorien Sardou.
Musica di Giacomo Puccini
Floria Tosca MARTA MARI
Mario Cavaradossi OTAR JORJIKIA
Il barone Scarpia MARCO CARIA
Cesare Angelotti TIZIANO ROSATI
Il Sagrestano ANDREA PORTA
Spoletta NICOLAS RESINELLI
Sciarrone- Un Carceriere MICHAEL ZENI
Un pastorello VIOLA NURCHIS, LAURA CHILI, AURORA CADDEO
orchestra e Coro e voci bianche dell’ Ente Marialisa de Carolis
Direttore Gianluca Martinenghi
Maestro del coro Francesca Tosi
Voci bianche preparate da Salvatore Rizzu
Regia Renato Bonajuto
Scene Danilo Coppola, Giovanni Gasparro
Costumi Artemio Cabassi
Disegno luci Tony Grandi
Allestimento della Fondazione Teatro Carlo Coccia Novara
Sassari, 1 novembre 2024
Buon successo al Teatro Comunale per la ripresa autunnale della stagione lirica di Sassari, organizzata dall’Ente de Carolis, dopo le produzioni estive. La riproposizione di Tosca dopo soli sette anni dall’ultima ripresa appare giustificata dall’anniversario pucciniano (anche se Puccini ha scritto altre belle opere oltre Tosca e Bohème) ma soprattutto dal favore del pubblico, sempre affezionato alla truce storia di ambientazione papalina. Tosca può essere letta così oppure, in maniera più approfondita, come un grande capolavoro di teatro musicale in cui la tensione drammaturgica è insita nella partitura, più che nel plot narrativo, con una raffinatezza nella costruzione chiaramente influenzata dai leitmotiv wagneriani e dal loro sviluppo (Puccini, anche negli ultimi giorni di vita mentre scriveva Turandot, fu sempre ossessionato dal Tristan und Isolde) e che ha il suo culmine nello straordinario secondo atto. La recente esecuzione di Tosca in forma di concerto diretta da Daniel Harding, in apertura della stagione sinfonica dell’Accademia di Santa Cecilia, è stata efficacissima non a caso proprio nel mettere in luce la densità della scrittura musicale e la sua capacità evocativa, pur senza il supporto visivo della messa in scena. L’allestimento sassarese invece è sembrato interessarsi soprattutto all’aspetto didascalico della vicenda, illustrando ma senza andare al di là di una lettura puramente convenzionale dell’opera. Gianluca Martinenghi dirige con mestiere e dimostra un’interessante sensibilità timbrica tirando fuori un suono levigato e amalgamato dalla buona orchestra del de Carolis, ma si sono notate varie incomprensioni col palcoscenico, sia dal punto di vista ritmico, che dell’insieme dinamico e dell’espressione. Soprattutto è mancato l’approfondimento di cui sopra che avrebbe inserito in maniera più organica le voci “dentro” la partitura e alle sue tensioni con una maggiore cura nella concertazione. L’interprete che ha compreso meglio la necessità di questa esigenza è stato sicuramente Marco Caria, uno Scarpia raffinato, senza certe gigionerie veristiche, più portato dalle sue caratteristiche vocali a costruire un personaggio insinuante, ricco di sfumature, gelidamente calcolatore, lontano dal rozzo poliziotto vociante di certe interpretazioni. Non a caso più della protervia della sua entrata, è stato veramente ammirevole un secondo atto perfettamente addentro nei meccanismi musicali e drammaturgici, costruito con vocalità sicura, omogenea e varietà di accenti espressivi. Varietà non così evidenti nella protagonista: Marta Mari ha una vocalità scura e importante, ricca di armonici, canta molto bene e dimostra una buona presenza scenica, ma è apparsa meno interessante nella differenziazione dei piani dinamici. Veramente bella comunque l’esecuzione di Vissi d’arte proprio per le scelte di colore e di pronuncia espressiva che non sempre ha utilizzato in tutto il ruolo. Su un piano inferiore il Cavaradossi di Otar Jorjikia che, pur dotato di un bel timbro e di discreti mezzi vocali, mostra spesso un’emissione influenzata da un’eccessiva copertura dei suoni che opacizza l’emissione e lo fa apparire in difficoltà nel registro acuto: alcuni incidenti (uno proprio al culmine di E lucevan le stelle) e imperfezioni nell’intonazione hanno mostrato dei problemi tecnici che, visto il materiale, val la pena risolvere. Ben inseriti nella parte tutti gli altri interpreti, con una segnalazione per il bel timbro di Tiziano Rosati, la vivacità di Andrea Porta e la suggestiva realizzazione fuori scena, a più voci, della parte del Pastorello. Buona la prestazione dei cori del de Carolis, ben preparati da Francesca Tosi e Salvatore Rizzu e dell’orchestra, a suo agio anche nei passi più delicati, come il quartetto dei violoncelli nel terzo atto. La regia di Renato Bonajuto è coerente con l’impostazione della direzione e si limita al corretto racconto della vicenda senza intuizioni o approfondimenti psicologici particolari; non appare neanche ben sfruttata la vera novità della scenografia, altrimenti molto tradizionale, di Danilo Coppola, ripresa da un allestimento del Teatro Coccia di Novara, con l’utilizzo della particolare arte “neocaravaggesca” di Giovanni Gasparro e della sua abilità tecnica nel ricostruire le cupe ma sensuali atmosfere controriformiste: non è infatti sufficientemente efficace, a distanza, l’apporto visivo delle immagini utilizzate che avrebbero avuto, con le luci di Tony Grandi, una presenza ben maggiore in un’impostazione nelle proporzioni più visionaria e meno realistica. Applausi alla fine per tutti. Foto Elisa Casula