Torino, Teatro Regio: la “Manon Lescaut” di Auber (cast alternativo)

Torino, Teatro Regio, Stagione d’opera 2024-2025 ‒ Manon Manon Manon
“MANON LESCAUT”
Opéra comique in tre atti su libretto di Eugène Scribe
Musica di Daniel François Esprit Auber
Manon Lescaut MARIE-EVE MUNGER
Il marchese d’Hérigny EDWARD NELSON
Lescaut FRANCESCO SALVADORI
Des Grieux MARCO CIAPONI
Madame Bancelin MANUELA CUSTER
Renaud GUILLAUME ANDRIEUX
Marguerite LAMIA BEUQUE
Gervais ANICIO ZORZI GIUSTINIANI
Monsieur Durozeau PAOLO BATTAGLIA
Un sergente TYLER ZIMMERMAN
Un borghese JUAN JOSÉ MEDINA
Zaby ALBINA TOKHIKH
Orchestra e coro del Teatro Regio di Torino
Direttore Guillaume Tourniaire
Maestro del coro Ulisse Trabacchin
Regia Arnaud Bernard
Scene Alessandro Camera
Costumi Carla Ricotti
Luci Fiammetta Baldiserri
Video Marcello Alonghi
Torino,  27 ottobre 2024
Manon, la donna, il cinema. La triade ideale che sorregge la serie di spettacoli firmata da Arnaud Bernard ritorna anche in questo allestimento della “Manon Lescaut” di Auber, la più remota delle trasposizioni operistiche dell’eroina di Prevost andata in scena la prima volta nel 1856.
Questa precocità del titolo ispira il regista che ci riporta all’alba stessa della settima arte. La scena riproduce i primi teatri di posa costruiti da Méliès a Montreuil. Quello cui assistiamo è il retroscena del cinema, in pesa diretta vediamo girare – in piena belle époque – un film su Manon Lescaut. Se gli estratti cinematografici proiettati sono più tardi – tratti da “When a man loves” del 1927 con John Barrymore e Dolores Costello – il mondo che si vuole trasmettere è quello delle prime sperimentazioni cinematografiche quando grazie a Méliès il cinema supera la dimensione prettamente documentaria dei Lumière per farsi forma d’arte e strumento narrativo.
La scena è a doppio livello: il grande teatro di posa in ferro-cemento e al suo interno i fondali in cui viene girata la vicenda di Manon. Anche i costumi giocano sui due piani mischiando un Settecento di cartapesta ad abiti – spesso eleganti – di fine Ottocento. Uno spettacolo che pur attraverso un’ottica francese ha una sua evidente cifra di torinesità. Capace di ricordare quando le rive del Po si coprivano di teatri di posa e grazie a Pastrone e altri la città subalpina era una delle capitali mondiali del nuovo mondo dei sogni in celluloide. Curatissimi tutti i dettagli e strepitoso il gioco attoriale – possibile grazie alle ottime doti di tutti: solisti, coro e figuranti – anch’esso sfalsato si due piani tra la naturalezza del mondo moderno fuori scena e l’imitazione di quella recitazione enfatica e caricata tipica dell’epoca sulla scena.
Guillaume Tourniaire dirige con proprietà e senso stilistico la diseguale partitura. Esprime tutta la brillantezza delle pagine più ispirate e riesce a mantenere il giusto controllo nei momenti più stanchi – che non mancano – evitando il più possibile che una certa noia cominci ad aleggiare. Purtroppo una drammaturgia fin troppo imborghesita e l’assenza di autentici contrasti tendono a essere il punto più debole di un lavoro che invece sprizza freschezza e vivacità dalle arie più leggere e dai pezzi d’assieme, mirabilmente concepiti. Molto buona la prova dell’orchestra e superlativa quella dell’impegnatissimo coro, fondamentale anche per la riuscita scenica dello spettacolo.
Marie Eve-Munger (Manon) ha il gusto e il senso dello stile perfetti per questo repertorio. Vocalmente è brillante, facile nei passaggi di coloratura anche se qualche durezza si nota sugli estremi acuti. La voce non è piccola e risuona bene in sala e nei momenti più patetici dimostra un’emissione elegante e ben controllata. Scenicamente forse non ha il fascino di Manon ma è simpatica e comunicativa.
Marco Ciaponi è un Des Grieux che prende corpo con il prosieguo della recita. Inizialmente quando la scrittura è più brillante e svagata sembra fin troppo prudente mentre nel terzo atto quando il dramma fa capolino e il canto si fa più sincero e intenso esce con convinzione mostrando una sincera partecipazione al dramma del personaggio. La voce è fresca e squillante, leggera ma non esangue. La tessitura e retta con sicurezza e gli acuti non mancano di bello squillo.
Edward Nelson affronta il marchese d’Hérigny con voce forse un po’ piccola ma ottima musicalità e accento nobile ed elegante. La parte del “rivale” e qui più lunga e più sfumata del solido, facendo emergere un personaggio in fondo sincero e di anima nobile che il canto di Nelson riesce a cogliere con eleganza.
Veramente ottime tutte le parti di fianco. Francesco Salvadori è un Lescaut di solidissima voce e ben centrato sul piano dello spettacolo. Nel ruolo – assente in Prevost – di Marguerite, amica di Manon e incarnazione del buon senso di cui latita la protagonista, si fa apprezzare per radiosa vocalità e sincerità d’accento Lamia Beuque. Il suo fidanzato Gervais ha la voce lirica e morbida di Anicio Zorzi Giustiniani che riesce a trasmettere anche il carattere idealista di questo civilizzatore delle Americhe. Manuela Custer con la sua personalità riesce a dare rilievo al ruolo di per se anonimo di Madame Bancelin. Guillaume Andrieux ha la giusta irruenza per lo schiavista Renaud mentre Paolo Battaglia è un po’ anonimo nei panni del commissario di quartiere Monsieur Durozeau.Sala non gremita ma buona presenza di pubblico – buon segno per un titolo così desueto – e caloroso successo per tutti gli interpreti. Foto Daniele Ratti