Roma, Teatro India
RICCARDO III
Un’interpretazione contemporanea di Shakespeare al Teatro India
progetto di Luca Ariano e Pietro Faiella
regia Luca Ariano
con Pietro Faiella, Roberto Baldassari, Gilda Deianira Ciao, Romina Delmonte, Luca Di Capua, Lucia Fiocco, Mirko Lorusso, Liliana Massari, Alessandro Moser
aiuto regia traduzione e adattamento Natalia Magni
scene Luca Ariano con la collaborazione di Alessandra Solimene
costumi Elisa Leclè
disegno luci Luca Ariano
assistente alla regia Tessa Perrone
foto di Manuela Giusto
produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale in collaborazione con Lubox
Roma, 05 novembre 2024
La sala è completamente buia, pochi istanti prima di essere sommersi da una luce bianca accecante. Una luce che, gradualmente, cambia colore, riflettendo i sentimenti che animano tutti i personaggi di Riccardo III di Shakespeare: la rabbia, l’invidia, la fame di vendetta, il rancore. L’uso delle luci in “Riccardo III” evoca l’artista Dan Flavin, che le considera come un mezzo in grado di modificare l’ambiente e la sua percezione. Così come Flavin utilizza la luce per creare un’esperienza immersiva, anche qui diventa parte integrante della narrazione, amplificando la tensione emotiva e psicologica, diventando non solo un elemento visivo, ma un veicolo di significato che definisce lo spazio teatrale e le lotte interiori dei personaggi. Questo bianco, decontestualizzato dall’epoca del dramma, sottolinea l’attualità di una storia che sfida il tempo e lo spazio. E a proposito di spazio, inizialmente lo spettatore si sente catapultato in “2001: Odissea nello spazio”, un effetto amplificato non solo dal bianco della “navicella” scenica, ma anche dagli abiti realizzati da Elisa Leclè. In particolare, quello di Riccardo, leader di questo universo sospeso, che, come un platonico demiurgo, conferisce ordine e misura a suo volere, ordina e disordina colori e pensieri, espressi anche attraverso la musica. Riccardo III è interpretato da Pietro Faiella, che, come un direttore d’orchestra, avvia piacevoli melodie a suo piacimento, le quali si alternano alle voci dei vari personaggi. Tutti sono sotto di lui; il futuro re riesce ad ammaliarli e a guidarli verso il suo obiettivo di vendetta, mosso da una fame insaziabile di supremazia. La sua recitazione è realistica, sempre più penetrante, permettendoci di comprendere come questi sentimenti siano sempre contemporanei. Riccardo si mostra con mille maschere e sfumature, tutte magistralmente interpretate da Faiella: dalla voce al corpo, ma ciò che ho apprezzato di più è stato il suo sguardo, sempre penetrante e in continuo mutamento. Capace di suscitare pietà, ma anche di rivelare, nei suoi momenti da solista, una brama di dominio che non lascia margine a incertezze. I vari attori hanno saputo mantenere un ritmo costante, mettendo in luce la loro interiorità con delicatezza e senza eccessi, esprimendo con naturalezza alti sentimenti come la paura e la sottomissione, la rabbia e il desiderio di vendetta, il dolore e il lutto, la lealtà e il tradimento, il timore reverenziale e la speranza. Tuttavia, avrei voluto assaporarli di più, osservando con maggiore lentezza i passaggi emotivi e i cambi di stato d’animo. Ad un certo punto la musica classica, che inizialmente accompagna un ritmo moderato, intessuto dai piani del protagonista, e guidata dai gesti della sua mano storpia, si tinge improvvisamente delle note rock dei Guns N’ Roses con “Sympathy for the Devil”, che d’impatto sconvolge il pubblico e pare ancora più evidente il cambiamento delle sue emozioni, “la natura del suo gioco”. Così come “il diavolo” della canzone giustifica i suoi crimini come parte di un piano più grande, in una performance visibilmente scenica, Riccardo si auto-incorona re, appagato, nel massimo del suo piacere. È proprio in questo momento che la sua recitazione evoca l’immagine di dittatori più vicini al nostro tempo, come Mussolini. E in questo, Pietro Faiella, nelle vesti di re Riccardo III, incarna la stupidità e l’arroganza di chi si crede padrone assoluto e indiscutibile delle vite e dei destini altrui. Da qui inizia la discesa: il re, ormai dispotico, non ha fatto i conti con sé stesso e inizia a guardarsi le spalle, consapevole di tutte le persone che ha ferito, rinnegato, ignorato. Da padrone assoluto, ora si trova a dover affrontare i suoi stessi inganni. La musica si trasforma in un rumore assordante, che risuona nella sua mente e nelle orecchie del pubblico. Non riesce più a controllare nulla: colori, suoni, sentimenti e i pensieri degli altri gli sfuggono; e deve fare i conti con la sua stessa solitudine. Ed è qui che non può fare altro che impazzire. A un certo punto sembra di trovarsi in un centro psichiatrico; una coscienza troppo sporca per essere perdonata. Le mura si tingono di viola, e ritorna la musica con un omaggio a Frank Sinatra e la sua “My Way”; è l’ultimo saluto di chi ha osato fare il passo più lungo della sua gamba. “And now the end is here, and so I face that final curtain…” E come Sinatra, canta al mondo la storia di un uomo che guardando in faccia la morte non rinnega nulla della sua vita, di ciò che ha fatto, poiché in fondo riconosce di essere sempre stato fedele a sé stesso, di aver fatto le cose “a modo suo”. Così, si chiude il sipario. Così, si torna al buio. Photocredit: Manuela Giusto / Redazione Gbopera