Cagliari, Teatro Lirico – Stagione lirica e di balletto 2024
“THE TOKYO BALLET”
“La Bayadère”: Il regno delle ombre
Coreografia Natalia Makarova da Marius Petipa
Musica Ludwig Minkus
Scene Pier Luigi Samaritani
Costumi Yolanda Sonnabend
“Petite Mort”
Coreografia e scene Jirí Kylián
Musica Wolfgang Amadeus Mozart
Costumi Joke Visser
Luci Jirí Kylián realizzate da Joop Caboort
“Le Sacre du Printemps”
Coreografia Maurice Béjart
Musica Igor Stravinskij
Prime ballerine KANAKO OKI, AKIRA AKIYAMA
Primi ballerini DAN TSUKAMOTO, ARATA MIYAGAWA, SHOMA IKEMOTO
Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari
Direttore d’orchestra Paul Murphy
Cagliari, 17 novembre 2024
Grande successo per la tappa cagliaritana del Tokyo Ballet: difficile al giorno d’oggi vedere il teatro pieno di pubblico entusiasta alla quinta replica di qualunque produzione. Ma era importante la possibilità di ammirare dal vivo uno dei corpi di ballo più celebrati al mondo in un repertorio di grande interesse, con l’evento principe de Le Sacre du Printemps di Stravinskij nella storica coreografia di Béjart. Le aspettative non sono state tradite, con uno spettacolo straordinario per tecnica, sobria eleganza ed espressione. Si può discutere l’evidente intenzione di dare esempi di versatilità della compagnia accontentando i vari gusti del pubblico, ma lo storico estratto ripreso da Petipa de La Bayadère, pur un po’ distante dal resto, ha dato comunque un magistrale esempio di atto bianco romantico. Solo una semplice quinta, vagamente ispirata allo stile ukiyo-e, taglia lo spazio scenico per l’entrata delle ombre, senza gli esotismi che spesso appesantiscono le scenografie di genere: tutto è ridotto alle geometrie essenziali e a un’espressione minimale sia nella gestualità che nella compostezza degli atteggiamenti. Una lettura dove è facile vedere il collegamento con la contemporaneità, in cui l’etereo mondo notturno e la levigatezza dell’atto bianco diventano un medium ideale per espressioni coreografiche più recenti. Inutile sottolineare la perfezione tecnica nei vari Pas, l’impressionante sincronia ed eleganza delle file, la bellezza e facilità di ogni variazione: puro godimento visivo. Dalla funzionale ma modesta musica di Minkus a Mozart il salto è grande: Petite Mort di Jirí Kylián, sul secondo tempo dei concerti K 488 e K 467, sublima fin dalla musica l’aspetto di diafana e notturna bellezza anticipato dalla coreografia precedente. La “petite mort” in francese indica l’orgasmo, il momento in cui il culmine del piacere sembra fondersi col presagio della morte: sei uomini entrano in silenzio e accompagnano i primi movimenti con delle spade il cui rumore nell’aria è l’unico elemento sonoro. L’allusione palesemente sessuale è mitigata dall’incontro con sei donne la cui unione è sempre solo suggerita, all’insegna di una sobrietà che è la cifra stilistica di tutto lo spettacolo. Il collegamento col mondo classico appare citato apertamente nel secondo numero musicale, con le donne che scivolano con leggerezza incredibile dentro degli stilizzati costumi-sagome settecenteschi, da cui si distaccano e uniscono in una serie di effetti in chiaroscuro di rara efficacia. Ma l’attesa era chiaramente per il pezzo forte della serata: il capolavoro di Stravinskij non ha segnato solo musicalmente il ‘900 ma anche l’allora criticata coreografia di Nijinsky ruppe definitivamente con il secolo passato introducendo una serie di novità con cui le numerose riprese dovettero fare sempre i conti. Di tutte le più importanti creazioni de Le Sacre du Printemps sicuramente quella di Béjart è una delle più belle e celebrate: cavallo di battaglia da sempre del Tokyo Ballet, che ne ebbe per anni l’esclusiva, è stata quindi imperdibile l’occasione di poterla ammirare in questa performance con la complessità dell’esecuzione orchestrale dal vivo, opportunità tutt’altro che comune per quest’opera. L’attrazione e la seduzione prima sublimate ora diventano palesi, lotta e sfida maschile, contatto, tensione animale, generi in incontro-scontro nell’eterno rito della fecondità primaverile, con la novità, per questa versione, del sacrificio finale proiettato non sull’eletta ma su una coppia uomo-donna. Difficile descrivere il perfetto equilibrio dei gruppi, il coordinamento delle figurazioni, la potenza dei salti, il contrappunto impeccabile dei movimenti coordinati con le continue varianti metriche, le simmetrie e il riempimento armonico degli spazi sgombri di qualunque orpello scenografico: un grande spettacolo, con momenti veramente emozionanti come il finale della prima parte, illuminato da un efficacissimo taglio laterale a guidare l’uscita degli uomini. Straordinarie le prime parti, ma ha impressionato soprattutto l’uguaglianza e il livello del corpo di ballo, specialmente nella componente femminile, frutto sicuramente di una profonda cultura d’assieme. Completa il quadro l’ottima prestazione dell’orchestra del Teatro Lirico che, sotto la guida di un esperto specialista come Paul Murphy, ha dato un eccellente esempio da ogni punto di vista. Se si possono liquidare Minkus come routine e Mozart come repertorio, un discorso a parte merita Le Sacre, proverbialmente pietra di paragone per il virtuosismo di qualunque orchestra: l’ensemble di Cagliari è stato protagonista di un’interpretazione precisa e scintillante in tutte le sezioni, brillante nei colori e nelle dinamiche, solida nell’infernale articolazione metrica e ritmica della celebre partitura. Una scommessa produttiva vincente, impreziosita dalla prestigiosa proposta coreografica, che merita sicuramente degli approfondimenti futuri.