Gioacchino Rossini (1792 – 1868): “Ermione” (1819)

Azione tragica in due su libretto di Leone Tottola. Serena Farnocchia (Ermione), Aurora Faggioli (Andromaca), Moisés Marín (Pirro), Patrick Kabongo (Oreste), Chuan Wang (Pilade), Junsung Gabriel Park (Fenicio), Mariana Poltorak (Cleone), Katarzyna Guran (Cefisa), Bartosz Jankowski (Attalo). Kraków Philharmonic Chorus, Marcin Wróbel (maestro del coro), Kraków Philharmonic Orchestra, Antonino Fogliani (direttore). Registrazione. Bad Wildbad. Trinkhalle, 16 e 23 giugno 2023. 2 CD NAXOS
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a collaborazione tra la casa editrice Naxos e il festival di Bad Wildbad è ormai rodata e ha fornito anche ottime registrazioni. Questa volta oggetto di pubblicazione è “Ermione” , l’opera seria di Rosini allestita per l’edizione 2022 del festival. “Ermione” è uno dei lavori più originali e al contempo più complessi del pesarese. Quintessenza della tragedia neoclassica da un lato si arricchisce di una cura orchestrale in cui è evidente la conoscenza delle esperienze viennesi e più ampliamente mitteleuropee – qui Rossini comincia a essere quel “tedeschino” che sarà pienamente in “Zelmira”, opera che per molti versi è il compimento di quanto seminato con “Ermione” – dall’altro è il cimento della più estrema vocalità belcantista chiamata a esaltare le doti di una compagnia di fuoriclasse – Colbran, David, Nozzari – spinti fino al limite delle loro possibilità.
Un piccolo festival con possibilità ridotte come quello tedesco compie sicuramente un azzardo non da poco ad allestire un titolo così impegnativa ma bisogna riconoscere che il risultato finale risulta migliore di quanto le premesse lasciassero presagire.
Direttore di lunga esperienza rossiniana e presenta abituale sul podio del festival Antonino Fogliani fornisce una prestazione altalenante. Sicuramente il direttore ha mestiere e riesce a far rendere al meglio e con buon rigore stilistico complessi dignitosi ma di certo non di primissimo livello come quelli della Filarmonica di Cracovia. Non aiuta a riguardo la registrazione che se concede una bella presenza alle voci risulta un poco sorda per quanto riguarda l’orchestra. Lasciamo invece qualche perplessità le scelte agogiche non nei momenti più lirici e distesi, colti nel giusto clima e con belle sonorità, ma in quelli più concitati dove il direttore sembra dominato da una smania di forzare i ritmi rischiando più volte di far scivolare la concitazione drammatica di molti momenti in toni da opera buffa. Si ascoltino le strette così rapide e caricate da perdere di coerenza drammatica sostituita da eccessi sonori e dinamici poco in linea con l’atmosfera generale.
Il cast non può contare su autentiche stelle come quelle per cui vennero pensati i singoli ruoli ma può contare su professionisti volenterosi e attenti che riescono a portare in porto i loro cimenti quasi oltre le loro possibilità. Unica veterana del cast Serena Farnocchia affronta il ruolo della protagonista con una voce solida e sicura, capace di reggere con professionalità una tessitura ampia e non certo agevole. Il timbro non manca di asprezza ma per fortuna il ruolo concede non poco al riguardo specie quando l’interprete può far valere un temperamento ardente e un accento drammatico e intenso. Sul piano prettamente vocale si nota qualche durezza mentre su quello interpretativo la Farnocchia, cantante dal repertorio ecclettico in cui il bel canto non gioco un ruolo centrale, manca un po’ di aplomb stilistica virando il personaggio verso moduli espressivi che saranno dei repertori a venire.
Il congolese Patrick Kabongo ci era parso fuori ruolo nella “Lucie de Lammermoor” bergamasca, qui ci appare più in parte e regge con sicurezza la tessitura acutissima della parte di Oreste. La voce non è grande ma la buona ripresa sonora lo favorisce al riguardo, il timbro piacevole, gli acuti falici e squillanti. La cavatina “Reggia abborrita” è cantata con gusto e in modo più che convincente anche nei passaggi di coloratura in zone acute e nei duetti con Ermione trova anche un interessante accento drammatico. Non può competere con i mostri sacri che hanno in passato affrontato il ruolo ma gli va riconosciuto di uscirne con onore.
La parte di Pirro con la sue tessitura amplissima da autentico baritenore è forse ancor più impegnativa. Il giovane tenore spagnolo Moisés Marin l’affronta con slancio e facendo affidamento su una voce robusta nei centri e timbricamente ben distinta da quella di Kabongo. Gli acuti sono ricchi e svettanti mentre il settore grave non ha sempre la ricchezza di suono che si vorrebbe. La prestazione risulta però più che sufficiente anche sul piano interpretativo dove riesce a trasmettere l’autorità regale del personaggio.
Andromaca è Aurora Faggioli giovane mezzosoprano dal timbro morbido e scuro, assai interessante. Ancora un po’ acerba sul versante espressivo – il ruolo nella sua passivita tende naturalmente a ridursi alla sola dimensione musicale – è però molto musicale e risolve con precisione tutte le difficoltà delle parte.
Tra i ruoli di contorno spicca lo squillante Pilade di Chuan Wang, giovane tenore cinese che avevamo già apprezzato nelle sue esibizioni rossiniane a Novara. Solido ed efficacie il Fenicio di Jungsung Gabriel Park, nel complesso funzionali il Cleone di Mariana Potronak e la Cefisa di Katarzyna Guran, abbastanza sgraziato Bartosz Jakowski come Attalo.