Bergamo, Donizetti Opera 2024: “Roberto Devereux”

Bergamo, Donizetti Opera 2024
“ROBERTO DEVEREUX”

Tragedia lirica in tre atti di Salvatore Cammarano
Musica di Gaetano Donizetti
Elisabetta JESSICA PRATT

Il duca di Nottingham SIMONE PIAZZOLA
Sara RAFFAELLA LUPINACCI
Roberto Devereux JOHN OSBORN
Lord Cecil DAVID ASTORGA
Sir Gualtiero Raleigh IGNAS MELKINAS
Un famigliare di Nottingham e un Cavaliere FULVIO VALENTI
Orchestra Donizetti Opera
Coro dell’Accademia Teatro alla Scala
Direttore Riccardo Frizza
Maestro del coro Salvo Sgrò
Regia Stephen Langride
Scene e costumi Katie Davenport
Luci Peter Munford
Bergamo, Teatro Donizetti, 15 novembre 2024
Compie dieci il Donizetti Opera, dieci anni che hanno saputo porre questo Festival come punto importante non solo nell’ambito musicale internazionale, ma anche come appuntamento vissuto e partecipato dalla città stessa di Bergamo che vive nel segno di Donizetti. Dieci anni che segnano anche l’ultima stagione di Francesco Micheli che – al netto di qualche distinguo su alcune scelte artistiche – di questa visione aperta del Festival è stato il grande ideatore e artefice.

Decennale che si apre con uno degli estremi capolavori del maestro bergamasco quel “Roberto Devereuxin cui l’anima più oscura del romanticismo penetra nelle fibre più profonde dell’opera italiana, supera le convenzioni della stagione belcantista e apre a una visione drammatica che non solo apre a quella verdiana ma si spinge in avanti a livello d’intensità e coerenza che Verdi raggiungerà solo nella piena maturità.
Grande merito quindi quello di Riccardo Frizza di aver colto ed esaltato queste componenti. Frizza evita la trappola di quella cupezza che tende a caratterizzare l’opera e che può rischiare di schiacciarla per trovare una cifra di autentica drammaticità in cui la cupa cappa del destino che tutto domina si anima di tensione nervose profonde, scoppia di scariche elettriche vanamente represse, si apre in un lirismo che è gemito di cuori sofferenti. Una lettura di estrema coerenza ed efficacia che non solo conferma Frizza tra i massimi interpreti belcantisti del nostro tempo ma dimostra le sue qualità di uomo di teatro. Assai positive le prove dell’Orchestra Donizetti e del Coro dell’Accademia della Scala forgia di quella qualità unica che bisogna riconoscere alla tradizione corale scaligera.Roberto Devereux” è anche uno degli estremi esiti del belcanto italiano pensato per qualità vocali fuori dal comune e autentico cimento per chiunque sia chiamato a interpretarlo. Protagonista assoluta – cui solo il titolo è negato – Elisabetta trova interprete di sommo interesse in Jessica Pratt. La cantante australiana poteva sulla carta non apparire interprete ideale, virtuosa cristallina ma più portata ad ambiti più lirici che drammatici. La Pratt però ci impone di riflettere sulla vocalità di Elisabetta e su come vada percepita ricollegandosi idealmente Giuseppina Ronzi de Begnis creatrice del ruolo che le fonti ricordano somma mozartiana e più rivolta al passato classico che proiettata ai futuri turgori. Una lettura quindi che si fa recupero di una vocalità che guarda oltre alla tradizione novecentesca per tornare alle origini stesse del titolo. La voce di bellissimo colore, la purezza di una linea di canto ineccepibile, la qualità della vocalista di rango – le puntature aggiunte sono abbaglianti per fermezza e sonorità – si uniscono a un’interprete sensibile e raffinata, capace di cogliere la natura lacerata di Elisabetta, divisa tra affetti e potere e capace di trovare accenti di autentica commozione – quanta verità in quel “Non sia chi dica in terra”.
Al debutto nel ruolo ha tradito un po’ di emozione in “L’amor suo mi fe beata” ma con lo scaldarsi della voce i timori sono scomparsi in uno straordinario crescendo.
John Osborn è un Devereux ideale. La voce unisce solidità e squillo, si è fatta robusta nei centri senza perdere slancio. Anche lui parte un po’ prudente ma passato il primo duetto acquisisce sicurezza e slancio fino a una magistrale esecuzione della grande aria dove alla prestazione vocale si unisce un’autentica partecipazione emotiva. Il suo è un Roberto nobile e sincero tanto nella passione per Sara quanto nella dedizione alla regina, un personaggio vero e profondo.
Raffaella Lupinacci riesce a dare risalto da autentica protagonista a una figura non facile da centrare come Sara. Voce particolare, forse non bellissima ma molto espressiva, timbro da mezzosoprano ma giustamente chiaro e luminoso, sicurissima su una tessitura decisamene alta rende pienamente la natura vocalmente ambigua di queste parti. Interpretativamente tratteggia un personaggio di forte spessore, nobile e appassionato, vittima non passiva del fato inesorabile.
Simone Piazzolla (Nottingham) ha qualche imprecisione nell’aria di sortita ma anche lui va crescendo nel corso dell’opera. Il timbro è davvero bello e lo aiuta non poco. Ci è parso più a suo agio nei furori del marito vendicatore che nell’astratta nobiltà dell’amico generoso. Ottime le prove di David Astorga, Ignas Melkinas e Fulvio Valenti nei ruoli di contorno. Lo spettacolo non manca di suggestione visiva. L’ambientazione è tradizionale anche se non pienamente realistica. Le scene di Katie Davenport sono essenziali e stilizzate e trasmettono un senso di cupa oppressione. Il tema della morte è onnipresente. Lo spettro futuro di Elisabetta si muove tra gli spazi, simboli funerari, teschi e fiori rinsecchiti dominano l’apparato scenico animato da proiezioni di documenti autografi d’epoca. L’immaginario è quello delle Vanitas tanto care all’arte tardo rinascimentale e barocca che ben si adatta al clima dell’opera. Lo stesso tema ritorna nel costume – splendido – di Elisabetta con la grande natura morta dominata da un teschio sepolcrale che ne decora la gonna. Molto belli anche gli altri costumi sospesi tra realismo e simbolo in una sorta di Cinquecento onirico e disturbante.
Ci lascia un po’ perplessi il lavoro registico di Stephen Langridge la cui mano di solida tradizione cede ad alcune cadute di gusto fino al limite del comico involontario – le guardie che giocano all’impiccato con le spade sullo steccato che imprigiona Roberto, l’inspiegata gravidanza di Sara  – che rischiano di compromettere uno spettacolo nel complesso sobrio e funzionale.
Un successo trionfale ha accolto tutti gli interpreti, splendido viatico per il prosieguo del festival e augurio per un futuro che appare ancora nebuloso.