“Andrea Chénier” al Teatro Sociale di Como

Como, Teatro Sociale, Stagione d’Opera 2024/25
ANDREA CHÉNIER”
Dramma di ambiente storico in quattro quadri di Luigi Illica
Musica di Umberto Giordano
Andrea Chénier ANGELO VILLARI
Maddalena de Coigny MARIA TERESA LEVA
Carlo Gérard ANGELO VECCIA
Bersi SHAY BLOCH
Roucher ALESSANDRO ABIS
La Contessa de Coigny/ Madelon ALESSANDRA PALOMBA
Pietro Fléville/ Mathieu FERNANDO CISNEROS
Un incredibile/ L’abate MARCO MIGLIETTA
Fouquier-Tinville/ Schmidt GIANLUCA LENTINI
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Coro di OperaLombardia
Direttore Francesco Pasqualetti
Maestro del Coro Massimo Fiocchi Malaspina
Regia Andrea Cigni
Scene Dario Gessati
Coreografie Isa Traversi
Costumi Chicca Ruocco
Luci Fiammetta Baldiserri
Nuovo allestimento in coproduzione Teatri di OperaLombardia, Teatro Verdi di Pisa, Teatro del Giglio di Lucca, Teatro Sociale di Rovigo
Como, 15 novembre 2024
L’“Andrea Chénier” che abbiamo visto a Como e che nelle prossime settimane calcherà le scene degli altri teatri di OperaLombardia è una produzione piuttosto classica, senza per questo risultare noiosa o in alcun modo mediocre. Andrea Cigni fa un ottimo lavoro con la regia, attento sia alle relazioni tra personaggi che a una dimensione estetica unitaria, che pare ispirata nei primi tre quadri a tavole e incisioni del tardo Settecento, mentre nell’ultimo si stilizza in uno spazio buio, già prefigurazione dell’imminente sacrificio; in tal senso le scene di Dario Gessati aderiscono perfettamente al classicismo della regia, con tanto di riferimento all’opera di una volta nel suggestivo fondale dipinto del primo quadro. Per quanto ben assortiti e presentati sul piano coloristico, invece, i costumi di Chicca Ruocco esulano da questo rispetto formale, non sappiamo quanto coscientemente: fogge ottocentesche si mescolano a più corretti outfit Luigi XVI – se questa approssimazione si nota meno nelle vesti popolari, purtroppo le mode più aristocratiche e soprattutto le divise militari parlano chiaro. Appropriate ed evocative come sempre, invece, le luci curate da Fiammetta Baldiserri, mentre onestamente fuori contesto e anche di gusto opinabile la coreografia del primo atto (due danzatori colorati di verde e seminudi impegnati in una coreografia contemporanea) curata da Isa Traversi. La compagnia di canto presenta perlopiù artisti di specchiato talento, a partire da Angelo Villari nei panni di Chénier, che parte prudente nel primo atto per poi sfoderare tutta la vasta gamma coloristica ed espressiva del suo potente mezzo vocale, contraddistinto da un suono sano e naturale, che non teme l’acuto così come sa ben proiettarsi nei centri (anche se con qualche scivolone d’intonazione vacilla, l’intenso trasporto richiesto dal ruolo riesce a nascondere le sporadiche imperfezioni); accanto a lui un Angelo Veccia in stato di grazia è un Gérard che sa farsi ricordare: il baritono fornisce una performance di grande misura, ripulita dagli autocompiacimenti che altre volte ha dimostrato, senza per questo rinunciare al suono maestoso e ai portamenti nobili che gli sono propri – anche il colore, inoltre, è quello bellissimo  di cui Veccia è naturalmente dotato. Una prova meno muscolare dei suoi colleghi, per quanto comunque molto apprezzabile, è fornita da Maria Teresa Leva, una Maddalena di Coigny forse un po’ bidimensionale sul piano scenico, ma senz’altro cantata con cura e grazia (caratteristiche che spesso, dietro la generica etichetta di “verismo“, si perdono): la Leva è soprano lirico spinto di indiscutibile talento, solida tecnica (grazie alla quale si spende spesso in virtuosismi espressivi) e suono importante, ricco di armonici; “La mamma morta” è interpretata con grande senso della misura. Bella prova forniscono Shay Bloch (Bersi) mentre ci è parsa non in serata Alessandra Palomba, Contessa di Coigny e Madelon, pure il Roucher di Alessandro Abis ha qualche mostrato qualche problema con la gestione dei fiati, per quanto il colore resti piacevole; corrette le performance degli altri ruoli. Ottimo e particolarmente ispirato sul piano scenico l’apporto del Coro di OperaLombardia – soprattutto nel terzo quadro – e giustamente energica e trascinante la bacchetta di Francesco Pasqualetti, a suo agio col repertorio tardo romantico e verista, che ha saputo mettere in luce i momenti di tensione più alta senza mancare mai di incalzare l’azione scenica – con la quale non si è notato nessun apparente scollamento. Il pubblico comasco ha giustamente dimostrato di gradire assai, con molte chiamate del cast: si replicherà questa settimana a Brescia, la seguente a Cremona, e la prima di Dicembre a Pavia.