Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “Passione violoncello”, 21 settembre-24 ottobre 2024
“NOTE SU MISURA”
Violoncello Aurélien Pascal
Pianoforte Josquin Otal
Louis Dumas: Lamento pour violoncelle et piano; Jean Huré: Sonate pour violoncelle et piano en fa dièse mineur; Charles Lecocq: Andante appassionato et Sérénade pour violoncelle et piano; Camille Chevillard: Sonate pour violoncelle et piano en si bémol majeur
Venezia, 15 ottobre 2024
Penultimo appuntamento, al Palazzetto Bru Zane, nell’ambito del ciclo di concerti dedicati dal Centre de Musique Romantique Française all’arte del violoncello. Il programma della serata – che ha visto la partecipazione di un folto pubblico –, comprendeva quattro brani – risalenti agli anni a cavallo tra Otto e Novecento –, dai quali, oltre al peculiare linguaggio dei singoli autori, traspare anche una cifra stilistica adeguata alla modalità interpretativa degli esecutori, per cui furono rispettivamente concepiti. Del resto, tutti i compositori in questione possedevano conoscenze specifiche della tecnica violoncellistica – allora in continua evoluzione –, sicché riuscirono a sfruttare appieno le capacità dello strumento. Se Camille Chevillard era figlio di un violoncellista, gli altri si confrontarono con virtuosi dello strumento per comporre pezzi all’altezza del loro talento. Non a caso, ogni partitura è dedicata ad un famoso strumentista: il Lamento di Dumas a Raymond Marthe (suo insegnante di violoncello al Conservatorio di Parigi), l’Andante appassionato e Serenata di Lecocq a Fernand Pollain, la Sonata di Huré a Pablo Casals. Di alto livello – come sempre – i giovani interpreti, che si sono, in generale, segnalati per l’energia e la pienezza di suono, con cui hanno affrontato i pezzi programmati, alcuni dei quali erano alquanto impegnativi. Senza particolari difficoltà tecniche, ma intensamente espressivo era il brano d’apertura, il Lamento per violoncello e pianoforte di Louis Dumas, nel quale Aurélien Pascal ha saputo evocare col suo violoncello un’atmosfera carica di mestizia, segnalandosi per la notevole finezza interpretativa e il delicato lavoro sulle sfumature, con il pieno sostegno del pianoforte di Josquin Otal. Lo si è colto nell’Andante doloroso iniziale, il cui tema principale, composto da coppie di battute discendenti, sembrava imitare lunghi singhiozzi, e – dopo una parentesi dal clima agitato, fondata sul ritmo ostinato di croma puntata-semicroma-semiminima – nella successiva sezione in cui riappare il tema principale, questa volta accompagnato da un tappeto di arpeggi in quintine e poi in sestine, ripreso, più in là, dal pianoforte, prima che il violoncello intonasse un’ultima volta, solennemente, la formula tematica, ormai ridotta a due battute. Un perfetto affiatamento si è apprezzato nella Sonata per violoncello e pianoforte di Jean Huré – in un solo movimento –, dove a un’estrema sobrietà si sono contrapposti slanci estatici: impeccabili i due strumentisti nel cimentarsi con la raffinata scrittura di questo brano, dalle linee melodiche sinuose, che evoca lo stile raveliano. Più tradizionale è risultato il linguaggio nel pezzo di Charles Lecocq, Andante appassionato e Serenata, in cui il compositore – all’apice della fama come autore di operette – dà un’eccellente saggio di perizia compositiva anche nel genere cameristico. In puro edonismo sonoro si è tradotta l’esecuzione da parte del duo Pascal-Otal, che ha saputo brillantemente misurarsi con questo pezzo dal virtuosismo mai ostentato: nell’Andate appassionato – dove una grande frase lirica si è dispiegata progressivamente prima di ritornare alla sua identità di partenza e sprofondare verso il registro grave – come nella Serenata, intesa in senso proprio, ovvero come una “dichiarazione” rivolta a una persona, accompagnata da un pianoforte che ondeggiava dolcemente. Particolarmente impegnativa – anche per l’ampia estensione, che all’epoca fece un certo scalpore – si è rivelata la Sonata per violoncello e pianoforte di Camille Chevillard, in cui gli esecutori hanno affrontato con esiti eccellenti la loro rispettiva parte, che affida loro, a turno, un ruolo di primo piano o una funzione di accompagnamento, apparendo, anche in questo caso, più impegnati nella ricerca dell’espressività che nello sfoggio di un virtuosismo dimostrativo. Scroscianti applausi alla fine. Un fuoriprogramma: il frenetico Papillon di Gabriel Fauré.