Taranto, Teatro Fusco, Giovanni Paisiello Festival 2024
“LO SPETTRO ERRANTE”
Azione comica in due atti su libretto di Mattia Verazi
Musica di Giovanni Paisiello
Donna Costanza MARTINA TRAGNI
Donna Leonora, SARA INTAGLIATA
Don Gonzalo MANUEL CAPUTO
Don Alonso GIANPIERO DELLE GRAZIE
Diego MARCO SACCARDIN
Orchestra del Conservatorio Paisiello di Taranto
Direttore Domenico Virgili
Regia e scene Piero Mastronardi
Costumi Flavia Tomassi
Disegno luci Lucio Stramaglia
Taranto, 17 ottobre 2024
Il Giovanni Paisiello Festival di Taranto, dopo aver proposto due oratori (Faraone sommerso di Nicola Fago e La fede trionfante di Donato Ricchezza) chiude la XXII edizione con l’allestimento dell’azione comica in due atti e cinque voci Lo spettro errante di Paisiello (1776), un pasticcio su musiche della Frascatana (1774) e delle Due contesse (1776) scritto ex novo dal librettista Mattia Verazi per la corte bavarese di Carl Theodor (fu l’unica occasione in cui risuonarono le musiche paisielliane in quella Mannheim resa celebre dalla compagine orchestrale cui si deve la nascita della sinfonia moderna). La trama di quest’opera buffa mista di elementi sentimentali e orrifici è presto detta: Don Alonso è invaghito della giovane Costanza e vorrebbe impalmarla contravvenendo alla promessa di sposare Leonora fatta alla defunta moglie, Matilde, in punto di morte. Il factotum Diego (una sorta di Figaro) insieme a Gonzalo (innamorato, ricambiato, di Costanza) architetta l’apparizione del finto spettro di Matilde (a travestirsi sarà una cameriera) e il terrore spingerà Alonso a unirsi a Leonora, concedendo poi le nozze di Costanza con Gonzalo. La linearità della trama e la qualità del nuovo libretto di Verazi aiutano ancora oggi il pubblico a seguire una storia che le splendide musiche di Paisiello rendono spassosa e patetica al tempo stesso in virtù di una mescolanza di stili che era il punto forte della melodrammaturgia del maestro tarantino. Non facile per il regista Piero Mastronardi rendere questo continuo trascolorare sentimentale ma la piena riuscita è stata assicurata da una raffinata rarefazione degli elementi scenici (della casa di Alonso restano le sagome bianche di finestre, tetto e pareti) che hanno permesso un movimento degli attori sempre dinamico (per le scene all’aperto lo spazio scenico si è esteso alla platea dove i cantanti si muovevano con torce in pieno stile X-Files). La regia di Mastronardi (curatore anche delle scene) ha saputo accelerare e dilatare il ritmo dell’azione assecondando i tempi della musica con rara sintonia rimarcando con l’uso del fumo di scena e di LED i momenti orrifici delle apparizioni dei finti fantasmi e dello spettro (omaggiando l’immaginario visivo di Tim Burton senza però scadere in facili citazionismi). A dir poco virtuoso il continuo gioco di luci curato da Lucio Stramaglia, perfettamente coordinato con i cambi di tempo musicali e in rapporto dialettico con i colori sgargianti dei costumi, davvero splendidi nella loro reinvenzione di singoli elementi barocchi (dalle parrucche alle gorgiere) e curati nei minimi dettagli sartoriali da Flavia Tomassi. Ottimo il cast a partire dal Don Alonso di Gianpiero Delle Grazie, un bass-baryton di grana pastosa e colore brunito, perfetta dizione recitativa e presenza scenica ineccepibile. Martina Tragni ha interpretato la parte di Costanza (nel 1776 affidata a Franziska Danzi LeBrun) svettando con preziosi filati e agilità, dominando con ottima proiezione tutte le gamme del registro richieste dalla linea vocale. Uguale bravura si è ritrovata nella Leonora di Sara Intagliata, distintasi per pregnanza scenica e intensità attoriale. Limpido lo squillo del tenore Manuel Caputo (Don Gonzalo) capace di dar vita a un personaggio sfaccettato, languido e smargiasso al tempo stesso e quindi alla prova con agilità e pezzi di grande vivacità ritmica. Raffinato il Diego di Marco Saccardin, un baritono dal timbro penetrante e scuro, che è anche continuista e liutista (e infatti ha improvvisato una serenata sul liuto dedicata alla servetta destinata a travestirsi da spettro). La giovanissima orchestra del conservatorio Paisiello di Taranto guidata dal suo docente Domenico Virgili (sua la fuga a tre parti, nello stile del Pulcinella di Stravinskij, scritta per coprire i tempi di un cambio di scena) è riuscita a vivere una prima esperienza di collaborazione con il mondo del melodramma con grande entusiasmo e freschezza, supportata dall’ottimo sostegno al cembalo di Fabio Anti. Felice il numeroso pubblico tarantino di aver assistito a questa chicca settecentesca in prima assoluta.