Savona, Teatro Chiabrera: “Madama Butterfly”

Savona, Teatro Chiabrera – Opera Giocosa, Stagione Lirica 2024
“MADAMA BUTTERFLY”
Opera in tre atti su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
Musica di Giacomo Puccini
Cio-Cio-San CLARISSA COSTANZO
Pinkerton DAVID ESTEBAN
Sharpless PAOLO INGRASCIOTTA
Goro RAFFAELE FEO
Suzuki CARLOTTA VICHI
Lo zio Bonzo YONGHENG DONG
Il principe Yamadori WOOSEOK CHOI
Kate Pinkerton VALENTINA DELL’AVERSANA
Il Commissario Imperiale RZA KHOSROVZADE
L’Ufficiale del Registro RICCARDO MONTEMEZZI
Orchestra Sinfonica di Savona
Coro del Teatro dell’Opera Giocosa
Direttore Cesare Della Sciucca
Maestro del coro Gianluca Ascheri
Regia Renata Scotto ripresa da Renato Bonajuto
Scene Laura Marocchino
Costumi Artemio Cabassi
Luci Andrea Tocchio
Coproduzione con la Fondazione Teatro delle Muse di Ancona e con la Fondazione Rete Lirica delle Marche
Savona, 18 ottobre 2024
Molto saggiamente l’Opera Giocosa di Savona ripropone nel centenario pucciniano la messa in scena che Renata Scotto aveva realizzato nel 2017, con l’assistenza di Renato Bonajuto: si tratta infatti di una produzione piuttosto tradizionale, ma che nelle sue linee pulite, nella sua semplicità funziona sempre e non sembra avvertire i segni del tempo. Le scene di Laura Marocchino ricreano davvero una casa dalle pareti di carta di riso, ove pochi mobili semplicissimi rimangono ai margini di uno spazio vuoto, in cui la dimensione decorativa è più importante di quella d’uso; i costumi di Artemio Cabassi, per quanto tradizionali, non soggiacciono al peso di una ricostruzione filologica, ma trovano le linee sinuose e tinte unite di un oriente forse immaginario, trasognato; le luci sono saggiamente governate da Andrea Tocchio, che gioca con elementi interni (la luna, la luce del cielo, la cornice decorata che inquadra il boccascena) e illuminazione esterna, ricreando atmosfere rarefatte spesso cariche di sentimento. La regia in quanto tale è molto rispettosa del libretto, e si prende solo qualche piccola, innocente libertà: nessun dramaturg vi ha messo mano, ed è così tranquillizzante sapere che nessuna trovata dell’ultimo minuto interferirà nella parabola di amore, abbandono e morte di Cho-Cho-San; una regia che è evidentemente frutto della mente di una cantante, ma che non per questo si rivela noiosa, anzi: è quasi consolatorio riscoprire il leggero brivido di sapere già cosa avverrà e come. Sul piano musicale, invece, le sorprese non mancano, a partire dalla direzione del giovane Cesare della Sciucca: dotato di un gesto morigerato e di una singolare visione d’insieme, mette in luce soprattutto i momenti più patetici, senza per questo sottrarre energia e slanci epici all’orchestra. Altra piacevole sorpresa è David Esteban (Pinkerton): sebbene forse più adatto a ruoli meno drammatici, il tenore ha sfoggiato acuti efficaci e buona tecnica anche nel sostegno dei centri; belli anche il fraseggio, ben cesellato, e la padronanza della linea di canto. Decisamente riuscito anche il Goro di Raffaele Feo, che sorprende per la naturalezza del suo canto ma anche la resa scenica è attenta e partecipe, distante da certi Goro macchiettistici. Carlotta Vichi è una navigata Suzuki, e fa proprio della consapevolezza del ruolo la sua cifra interpretativa, ponderata, ben sonora senza essere esagerata: una prova, la sua, ricca di dignità e nobiltà nel porgere. Complimenti anche a Paolo Ingrasciotta, che debutta qui uno Sharpless elegantissimo, intenso, in cui sfoggia tutte le mezzetinte del suo importante mezzo vocale – sua, senza dubbio, la performance migliore. Abbiamo lasciato per ultima la protagonista perchè ci ha lasciati un po’ perplessi. Clarissa Costanzo, infatti, è una Cio-Cio-San per lo meno opinabile: il primo atto è del tutto frainteso nell’emissione e nel fraseggio, e talvolta anche nell’intonazione; dal secondo si profila una Butterfly certamente pregevole, ma spesso più voluminosa che piacevole; “Un bel dì” è interpretato con qualche impaccio, molto meglio “Tu piccolo iddio” e il duetto con Suzuki, ove il fraseggio si plasma sulla linea di canto con l’abilità che la Costanzo ha saputo mostrare in altri ruoli; la sensazione è che il soprano napoletano sia un po’ troppo “spinto” per questo ruolo, considerata anche la natura spiccatamente “Falcon” del suo registro vocale. Infine non possiamo non citare la puntuale prova del coro del Teatro dell’Opera Giocosa, diretto da Gianluca Ascheri, che sia dalla scena (nel primo atto), che dalle quinte (nel celebre “A bocca chiusa” fra secondo e terzo) ha saputo creare una sensibile cornice alla vicenda, contribuendo in modo determinante alla riuscita della serata. Foto Luigi Cerati