Roma, Teatro Parioli Maurizio Costanzo
CONVERSAZIONI DOPO UN FUNERALE
di Yasmina Reza
con Simone Guarany, Andrea Ottavi, Andrea Venditti, Francesca Antonucci, Valeria Zazzaretta, Lucia Rossi
regia Filippo Gentile
Roma, 16 Ottobre 2024
Il Teatro Parioli ha alzato il sipario su “Conversazioni dopo un funerale” di Yasmina Reza, ma ciò che avrebbe potuto rappresentare un viaggio emotivo intenso e profondamente introspettivo si è rivelato un esperimento scenico deludente, privo di quella necessaria incisività. La produzione non riesce a trasportare il pubblico nell’universo teso e vibrante che il testo richiederebbe, sostituendo l’atmosfera di profondità e sottigliezza con scelte approssimative e poco incisive. La trama dell’opera, imperniata sulle complesse dinamiche familiari nel giorno del funerale del patriarca, è intrisa di tensioni latenti e conflitti inespressi che, in potenza, potrebbero esplodere in un crescendo di rivelazioni e scontri emotivi. La casa di famiglia, con le sue stanze impregnate di ricordi e i corridoi che sembrano soffocare i protagonisti, diventa il teatro fisico e simbolico in cui vecchi rancori, gelosie e incomprensioni mai risolte si manifestano, trasformando il lutto in una resa dei conti inevitabile. Tuttavia, questa dimensione drammatica, carica di potenzialità narrative, viene tradita da una messa in scena priva di reale intensità. La regia di Filippo Gentile, che avrebbe dovuto essere sensibile e puntuale nel dare forma alla complessità del testo, si rivela inconsistente e priva di una visione organica. Gli attori sembrano abbandonati a loro stessi, privi di una direzione chiara che li guidi verso un’espressione autentica e stratificata delle emozioni dei loro personaggi. La recitazione, pertanto, risulta spesso piatta e monocorde, con gesti e sguardi meccanici e privi della profondità necessaria a veicolare il dramma interiore. La mancanza di un lavoro accurato sulla prossemica e sulla costruzione del gesto teatrale lascia i personaggi privi di quella tensione esistenziale che è il fulcro dell’opera di Reza. L’intensità recitativa, che avrebbe dovuto costituire il cuore pulsante dello spettacolo, non riesce a colpire nel segno. I protagonisti non incarnano in modo convincente i conflitti interiori che attraversano i loro personaggi; ogni gesto appare superficiale, privo di quella consapevolezza corporea che avrebbe dovuto tradurre in azione scenica le emozioni represse. Nel complesso, la recitazione manca di profondità emotiva e il conflitto tra rabbia e desiderio di affetto rimane inespresso, senza riuscire a coinvolgere empaticamente lo spettatore. Le interpretazioni , così, risultano prive di quella maturità e articolazione che ci si aspetterebbe da attori professionisti, lasciando un’impressione dilettantesca e di scarsa preparazione. L’ambientazione scenica, che avrebbe dovuto essere claustrofobica e capace di riflettere il tormento interiore dei personaggi, si presenta invece come un insieme di elementi scenografici poco coesi e privi di forza simbolica. La casa di famiglia, che nel testo di Reza è il contenitore di tensioni non dette e di memorie soffocate, appare anonima e incapace di sostenere la drammaticità della situazione. La scenografia non riesce a trasformarsi in un elemento vivo e pulsante della rappresentazione, e manca quella dinamica tra spazio scenico e azione drammatica che sarebbe stata fondamentale per rendere il contesto parte integrante del racconto.L’illuminotecnica, che avrebbe dovuto creare un ambiente intimo e carico di significati simbolici, appare invece provvisoria e inadeguata, incapace di sostenere l’evoluzione della narrazione. La gestione delle luci manca di coerenza e di quella capacità di modulare la tensione scenica, che sarebbe stata indispensabile per accompagnare lo spettatore attraverso le sfumature delle relazioni familiari. Questo limite nella regia tecnica incide inevitabilmente sull’impatto complessivo della rappresentazione, privando lo spettatore di quella sensazione di immersione che avrebbe potuto rendere l’esperienza teatrale profonda e coinvolgente. “Conversazioni dopo un funerale” al Teatro Parioli si rivela un’opera che non riesce a sviluppare appieno il suo potenziale, perdendo gran parte della forza emotiva e della profondità che il testo di Yasmina Reza porta in sé. L’assenza di una regia incisiva e visionaria, le interpretazioni approssimative e una scenografia poco evocativa rendono questa messa in scena un’occasione mancata. Nonostante l’intento dichiarato di affrontare temi complessi come il lutto, la solitudine e le relazioni logorate dal tempo, la produzione rimane superficiale, senza mai riuscire a toccare realmente l’animo dello spettatore. Il risultato è una rappresentazione che manca di quella tensione drammatica e di quella finezza emotiva , lasciando il pubblico con la sensazione di aver assistito a un’esperienza incompiuta e priva di vero pathos. Al termine dello spettacolo, il pubblico è rimasto in gran parte silenzioso e poco partecipe, in un’atmosfera di imbarazzo palpabile per un finale confuso e uno svolgimento che non è riuscito a coinvolgere o a comunicare con efficacia. Peccato.