Roma, Teatro Argentina: “La Ferocia”

Romaeuropa Festival 2024
LA FEROCIA
dal romanzo di Nicola Lagioia

ideazione VicoQuartoMazzini
regia Michele AltamuraGabriele Paolocà
adattamento Linda Dalisi

con Michele Altamura, Leonardo Capuano, Enrico Casale, Gaetano Colella, Francesca Mazza, Marco Morellini, Gabriele Paolocà, Andrea Volpetti
Roma, 02 Ottobre 2024

L’opera teatrale La Ferocia portata in scena dalla compagnia VicoQuartoMazzini non si limita a una semplice rappresentazione, ma diventa un’indagine filosofica sui temi della verità, del potere e della decadenza morale, collocando la vicenda nella periferia di Bari come simbolo di un Sud che si erge a metafora dell’intero Occidente. Il lavoro di Michele Altamura e Gabriele Paolocà, fondatori della compagnia, si caratterizza per una capacità visionaria che li distingue nel panorama teatrale contemporaneo. In questo spettacolo, come già in Vieni su Marte, i due autori riescono a fondere diverse forme artistiche – teatro, drammaturgia, video e installazione – in un’operazione che ricorda la visione multimediale di Robert Lepage, dove la tecnologia si integra perfettamente con la narrazione per esplorare la condizione umana. La Ferocia, tratto dal romanzo di Nicola Lagioia, è un’opera densa di atmosfere gotiche e noir che, come un moderno Edipo Re, analizza la colpa ereditaria e la ciclicità del peccato all’interno di una famiglia che si trova intrappolata tra la corruzione e il potere. Il protagonista Michele Salvemini, nel tentativo di ricostruire la verità dietro la morte della sorella Clara, sembra rispecchiare il mito tragico di Oreste, richiamando quel concetto di vendetta e giustizia che attraversa l’immaginario classico e, allo stesso tempo, quello contemporaneo. L’assenza del corpo di Clara, che viene evocata ma mai mostrata, crea una tensione scenica che richiama le riflessioni di Jean Baudrillard sul simulacro e sulla presenza-assenza della realtà. Clara è contemporaneamente il centro e il vuoto attorno a cui si muove la narrazione: desiderata, posseduta, ma anche simbolicamente svanita, lasciando intorno a sé un’ombra di potere corrotto e vanità. La sua assenza diventa quindi una metafora per l’invisibilità dei rapporti di potere, proprio come nella filosofia foucaultiana, dove il potere si manifesta soprattutto attraverso l’invisibile e l’impalpabile. Altamura e Paolocà scelgono di fare della scena teatrale una rappresentazione cruda e spietata della borghesia meridionale, un microcosmo che si allarga fino a diventare sineddoche dell’intero sistema occidentale. La violenza economica, l’assenza di legami autentici, la corruzione morale si riflettono nei rapporti familiari, dove i figli sono il prodotto inevitabile delle colpe dei padri. È qui che il lavoro di VicoQuartoMazzini si avvicina a una lettura filosofica della tragedia, dove il destino diventa inesorabile e il presente non può sfuggire al peso del passato, come accade nelle opere di Thomas Bernhard, in cui il ciclo dell’autodistruzione sembra non trovare mai fine. Le scene sono curate da Daniele Spanò, il cui lavoro si distingue per un approccio visivo e concettuale che amplifica l’impatto drammatico dell’assenza fisica di Clara, uno dei temi centrali dello spettacolo. La scenografia crea un ambiente opprimente, quasi astratto, che richiama atmosfere noir e gotiche, riflettendo la decadenza morale della famiglia Salvemini e il contesto di potere corrotto in cui sono immersi. Le musiche originali, composte da Pino Basile, accompagnano lo spettacolo con un senso di inquietudine e profondità emotiva. Basile, noto per l’uso di strumenti tradizionali del Sud Italia, arricchisce la messa in scena con sonorità che sembrano risuonare dalle viscere della terra, creando un legame animico e vibrante tra il pubblico e la tragedia che si svolge sul palco. Questa scelta musicale supporta perfettamente la tensione drammatica del testo e amplifica i silenzi, che, come la figura di Clara, sono carichi di significato. Il disegno luci di Giulia Pastore gioca un ruolo fondamentale nel creare l’atmosfera del racconto. Attraverso l’uso sapiente di luci e ombre, la scena si trasforma in un paesaggio emotivo, in cui l’oscurità sottolinea la desolazione interiore dei personaggi e la luce diventa simbolo di verità scomode che emergono a fatica. La coesione tra scenografia, musiche e luci contribuisce a rendere La Ferocia un’esperienza teatrale di grande impatto, capace di trasportare lo spettatore in un mondo dove la bellezza formale si scontra con le brutture morali, in una continua tensione tra apparenza e sostanza. Le interpretazioni degli attori sono tecnicamente impeccabili, ma ciò che colpisce è la loro capacità di entrare in risonanza con l’anima filosofica del testo. Gabriele Paolocà, nel ruolo di Michele Salvemini, incarna una figura tormentata, che si muove tra il silenzio del dolore e la furia vendicativa, in una performance che richiama la profondità emotiva degli attori del teatro di Jerzy Grotowski, dove ogni gesto, ogni parola sembra emergere da un luogo di verità interiore. Gaetano Colella, nel ruolo del giornalista, offre una rappresentazione altrettanto potente, il suo personaggio diventa la voce della coscienza critica, ricordando le figure dei cronisti o degli intellettuali che cercano la verità pur sapendo che essa è sempre sfuggente, come nelle opere di Arthur Miller. Straordinario il resto del cast. L’adattamento di La Ferocia da parte di VicoQuartoMazzini non è solo una traduzione teatrale di un romanzo complesso, ma una vera e propria riflessione sulla condizione dell’essere umano nel mondo contemporaneo. I temi del potere, della corruzione e della disumanizzazione si fondono in una narrazione che, come nel teatro di Bertolt Brecht, non si limita a intrattenere ma mira a far riflettere lo spettatore, a scuoterlo e a metterlo di fronte alle contraddizioni del suo stesso tempo. Il degrado morale, la decadenza economica e l’incapacità di comprendere e affrontare il cambiamento si manifestano sul palco come i segni di una società in declino. VicoQuartoMazzini, con la loro straordinaria visione artistica, ci invita a riflettere sul nostro presente, offrendoci uno sguardo che è al contempo lucido, tagliente e filosoficamente stimolante.