Roma, RomaEuropa Festival 2024
“DEAR SON”
Coreografia Simone Repele & Sasha Riva
Danzatori Anne Jung, Sasha Riva, Simone Repele
Musiche Gino Paoli, Claudio Villa, Fabrizio de André, Ólafur Arnalds, Arvo Pärt
Disegni Gu Jiajun (con l’aiuto di Adèle Vettu)
Disegno luci Alessandro Caso
Produzione Riva & Repele, Le Voisin
Coproduzione Orsolina 28, Centre des Arts Geneve, Romaeuropa Festival, Daniele Cipriani Entertainment
Roma, Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, 10 ottobre 2024
Uno spettacolo intimo, drammatico, familiare, piuttosto distaccato dal resto degli spettacoli di danza visti quest’anno a RomaEuropa Festival, è stato ai nostri occhi Dear Son, presentato sere fa nella Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica. Ad attrarci due nomi di rilievo della coreografia contemporanea, quali Simone Repele e Sasha Riva, già danzatori del Balletto di Amburgo e del Balletto di Ginevra e fondatori nel 2020 di una propria compagnia che si è imposta all’attenzione per una particolare sensibilità poetico-teatrale fin dalla prima produzione, Lili Elbe Show. Nel loro linguaggio la danza neoclassica si fonde perfettamente con il contemporaneo, distinguendosi per una particolare energia figurativa. Mesi fa ne avevamo ammirato la levità evocativa capace di infondere una certa giocosità finanche al tema della morte per amore, trasposto dalla tradizione del balletto alla contemporanea quotidianità, nel lavoro I Died for Love presentato in febbraio nella stagione del Teatro dell’Opera di Roma in una serata dedicata ai giovani coreografi. In quell’occasione importante era stato il confronto con il corpo di ballo del teatro e con le scene di Michele Della Cioppa, nonché con i costumi di Anna Biagiotti. A RomaEuropa adesso ci confrontiamo con un trio di interpreti formato dagli stessi coreografi supportati dall’intensa presenza scenica di Anne Jung e una scena molto più spoglia e ridotta all’essenziale. Grande importanza hanno qui le luci di Alessandro Caso e la scelta delle musiche. Dei frastuoni elettronici iniziali nel buio, con i danzatori a terra echeggiano il tema della guerra. Poi un tavolino laterale in un’atmosfera illuminata da una luce soffusa, con la danzatrice di spalle che osserva una foto. È questo il pretesto per una serie di flashback, destinati a mettere insieme passato, presente e futuro. Di nuovo un rimando alla guerra, ma più ironico, grazie alle strofe di Bella ciao, che inneggiano alla Resistenza. Di origini torinesi è del resto Simone Repele, e lo spettacolo è stato ideato presso la Fondazione Orsolina 28 a Moncalvo, in Piemonte. La musica leggera italiana apporta un clima leggermente vintage e nel suo fondersi con brani più contemporanei ben si presta all’idea dei vari sfasamenti temporali. Ad infondere un particolare tocco lirico è Il cielo in una stanza di Gino Paoli, che fin dal titolo comunica l’assenza di peso nel trattamento del tema. Dear Son è difatti la lettera di una madre al figlio perduto in guerra, l’esperienza più atroce che possa capitare ad un genitore. Nello sguardo della madre però il dolore è mitigato dalla dolcezza del ricordo dei primi tempi d’amore, di quando il figlio era ancora in grembo e di quando la famiglia era stata felice. Gli interpreti si alternano in espressivi passi a due, che attraverso incisivi movimenti neoclassici alternati al contemporaneo permettono di esplorare la potenza dei sentimenti osservati dall’esterno. L’interpretazione è radicata nella performatività del corpo. I gesti e le espressioni del viso anche quando calcati servono a fissare momenti di vita che appaiono distanti. I quadri coreografici si alternano senza appesantire in alcun modo lo spettatore che forse a volte desidererebbe una maggiore corposità. Uno sbriciolare di farina richiama alla mente ancora una volta la guerra, ma anche la sopravvenuta vecchiaia e la perdita della freschezza di un tempo. Con delicatezza lo spettacolo si chiude grazie ai disegni di Gu Jiajun, che simbolizzano un legame familiare che mai si estingue, va oltre passato e presente, la vita e la morte. Spettacolo più di nicchia del solito per Romaeuropa, ma penetrante nella sua ispirata drammaticità. Foto Angelina Bertrand