Roma, Romaeuropa Festival 2024:(2024)” di Francesca Pennini

Roma, Romaeuropa Festival 2024
ColletivO CineticO – Francesca Pennini
<AGE> (2024)
Regia e coreografia Francesca Pennini
Drammaturgia Angelo Pedroni, Francesca Pennini
Azione e creazione Nicola Cipriano, Piero Cocca, Francesco Gelli, Giulio Mano, Beatrice Monesi, Alice Ada Petrini, Nicole Raisa, Sofia Russo, Adele Verri
Cura e organizzazione Matilde Buzzoni, Carmine Parise
Co-produzione ColletivO CineticO, Fondazione Romaeuropa, Centrale Fies Art Work Space, Fondazione Sipario Toscana
Prima Nazionale
Roma, Teatro India, 28 settembre 2024
La dimensione della casualità, l’unione delle arti in un concetto più vasto di teatro, l’aspetto ludico, la fusione tra arte e vita, tra il performer e lo spettatore sono ciò che lega la storica attività artistica di John Cage alla contemporaneità performativa di ColletivO CineticO di Francesca Pennini. Il gruppo fondato nel 2007 si è gradualmente imposto all’attenzione grazie alla sua forza innovativa conquistando numerosi premi, tra cui il Premio UBU 2017 come “Miglior spettacolo di danza”. A Romaeuropa aveva debuttato proprio con la versione originale di <age> nel 2012, dopo una breve incursione l’anno prima nell’ambito della sezione DNA (Danza Nazionale Autoriale). Nel 2012 il Centro Teatro Ateneo dell’Università La Sapienza di Roma aveva indetto in occasione del centenario dalla nascita di John Cage un premio speciale dedicato al ripensamento dell’eredità artistica del compositore statunitense e la coreografa di origini ferraresi Francesca Pennini aveva ideato per la prima volta questa performance giocosa. In scena vi era un gruppo di adolescenti tra i 14 e i 18 anni che rivelavano la loro condizione di “esemplari umani” attraverso i comportamenti assunti in risposta a molteplici situazioni di vita. A distanza di più di dieci anni, quando ormai i vecchi interpreti sono diventati “insegnanti, architetti, disoccupati, premi Ubu, artisti, avvocati, sposati, emigrati”, l’ideatrice dello spettacolo si pone l’intento di scoprire come e se sia cambiato lo spirito di questo materiale umano che in condizioni sempre più incerte e minate da guerre, catastrofi naturali e pandemie ha l’arduo compito di prepararsi alla vita adulta. Pochi oggetti scenici, tra cui delle panchine ai lati su cui si siedono come automi i nuovi interpreti e un gong che fa partire le domande su un display, contribuiscono a determinare un clima di straniamento e attesa, animato da entrate e uscite sceniche separate da brevi e alquanto astratte “performance” di coloro che tra gli interpreti si sentono di volta in volta chiamati in causa dalle questioni poste in essere. Solo di rado appaiono composizioni sceniche costruttive e movimenti realmente coreografici, nella loro danza teatrale i 9 interpreti esagerano, rendendoli caricaturali, gesti, smorfie, atteggiamenti della vita reale, così come principi di presenza scenica ripresi da precoci esperienze con nomi di punta quali Virgilio Sieni o la stessa Pennini. Lo spettatore non è più di tanto chiamato a godere esteticamente dell’evento teatrale, quanto a osservare e porsi domande insieme ai 9 ragazzi, magari per ridere di gusto dei loro atteggiamenti di duello, dell’insubordinazione ai genitori, dell’incertezza di fronte alle questioni religiose o del rifiuto della politica. La dimensione del racconto è pervasiva, ma osservata sotto la lente dell’indeterminatezza, dell’aleatorietà, della costante messa in gioco di sé in rapporto agli altri. Il riferimento a Cage permane nella sua istanza di fonte d’ispirazione, ma lo spettacolo nella sua chiave matematica rivela una grande potenza attuale e aperta verso il futuro. Ci si chiede soprattutto in risposta alla definizione di “esemplari” cosa sia oggi l’umanità. Sono molte le sovrastrutture con cui l’uomo è chiamato a confrontarsi sin da quando muove i primi passi del mondo, e forse per resistere, per imporre il proprio essere, la propria individualità in relazione al gruppo, l’atteggiamento giusto è quello di non prendersi mai del tutto sul serio, prendendo parte alla realtà, ma osservandola allo stesso tempo con distacco, in attesa di un momento di rivelazione e di gioia autentica. Per ora lo intravediamo nell’applauso soddisfatto finale. Foto Bruno Leggieri