Roma, Nuovo Teatro Ateneo: “Matrimonio con Dio. Vaclav Nižinskij e la trasfigurazione della danza in luce”

Roma, Nuovo Teatro Ateneo, Stagione Sperimentale 2024
“MATRIMONIO CON DIO. VACLAV NIŽINSKIJ E LA TRASFIGURAZIONE DELLA DANZA IN LUCE”
Racconto teatrale di e con Vito Di Bernardi
Immagini in movimento Ilaria D’Agostino
Roma, 17 ottobre 2024
All’incrocio tra lezione universitaria e spettacolo teatrale si colloca la lecture-performance su Vaclav Nižinskij ideata e messa in scena da Vito Di Bernardi, Professore Ordinario di Storia della Danza all’Università La Sapienza di Roma. La forma spettacolare nata negli anni Sessanta come nuovo genere delle arti performative rende visibile il rapporto singolare che lega l’arte alla sua conoscenza, la ricerca intellettuale all’esperienza pratica, l’oggettività della scienza alla singolarità di approcci radicati però nell’unicità del fenomeno in esame. In questo senso la performance vista nel contesto della prima stagione sperimentale del Nuovo Teatro Ateneo è particolarmente esemplare. Nel suo libro edito nel 2012 da Bulzoni dal titolo Cosa può la danza. Saggio sul corpo, lo studioso Di Bernardi nel riflettere sulla presenza e sulla creazione scenica del grande danzatore russo, messa in relazione con la scrittura dei famosi Diari, affermava il corpo era energia e forza prima di essere significato: era desiderio, era libido nell’Après-midi d’un Faune, era violenza, era crudeltà nel Sacre du Printemps”. Nižinskij per Di Bernardi è “voce, è gesto che si nega come linguaggio pur parlando, pur agendo”, è “un essere sensibile, aperto e mai definibile in un’immagine chiusa”, è “corporeità che si sperimenta nella processualità, nell’incontro con gli altri e con il mondo. Riflessioni queste dettate da una lunga carriera scientifica che ha coniugato lo studio della danza contemporanea all’antropologia in una prospettiva non eurocentrica, ma aperta al confronto, soprattutto con le tradizioni teatrali asiatiche, nonché al rapporto tra diversi generi spettacolari. Tuttavia, riflessioni non facilissime da afferrare per chi non sia abituato a confrontarsi con una scrittura scientifica di profondo spessore filosofico. Ecco che la forma della lecture-performance offre dunque una possibilità in più allo studioso e al pubblico per interagire con la geniale figura di Nižinskij. L’eletto di Diaghilev, colui che seppe far combaciare la curiosità europea per il folklore russo con gli intenti di rottura delle Avanguardie, segnando il punto di svolta dei Ballets Russes, fu anche amato da uno dei più noti esponenti della danza indiana, Ram Gopal, definito dal critico polacco Tadeusz Zelenski “il Nižinskij indiano”. Nižinskij, a sua volta, incarnò il dio indiano Krishna in Le Dieu bleu al Théatre du Châtelet di Parigi il 13 maggio 1912. La spiritualità di Nijinskij era però ben diversa da quella indiana, e anche se affine alla cultura religiosa russa dell’esicasmo e del tolstoismo, era radicata nella personale sensibilità del danzatore, nelle sue aspirazioni artistiche e nei suoi conflitti interiori, espressi successivamente nei Diari quando l’artista aveva cominciato a soffrire di schizofrenia. Attraverso il movimento delle immagini realizzate da Ilaria D’Agostino, artista visiva diplomata all’Accademia di Brera, essenziali e significativi oggetti scenici, la tenuta del palcoscenico, il ritmo e il tono della voce, il racconto senza perdere di scientificità diventa una lettura performata che aiuta lo spettatore a entrare nel mondo intimo del grande Vaclav, svelandone particolari momenti di vita ed esaltando la dimensione immateriale della sua arte. Uno spettacolo di buon auspicio per la rinascita del Nuovo Teatro Ateneo, che fino al 19 dicembre ospiterà spettacoli di prosa e danza, artisti di rilievo nazionale e internazionale, laboratori didattici e progetti di Terza Missione. Per coniugare la riflessione teorica alla necessaria visione e sperimentazione.