Roma, Nuovo Teatro Ateneo
LA TEMPESTA CONTINUA
regia di Claudio Puglisi
tratto dal romanzo “Immer Noch Sturm” di Peter Hamdke
con Chiara Catalano, Giuseppe Savio, Tiziana Di Nunno, Flavia Giovannelli, Valeria Almerighi, Marco Conti, Giuseppe Mortelliti, Marzia Di Giulio, Alessandro Teodori
Roma, 10 Ottobre 2024
Il 10 ottobre, il Nuovo Teatro Ateneo è stato il palcoscenico di una delle più intense e raffinate espressioni del teatro contemporaneo: “La Tempesta Continua”, per la regia di Claudio Puglisi. Ispirato all’opera densa e onirica di Peter Handke, “Immer noch Sturm”, lo spettacolo ha rappresentato non solo un’esplorazione della memoria individuale e collettiva, ma un vero e proprio atto di creazione continua, capace di elevare il linguaggio scenico a una dimensione quasi rituale. Puglisi ha plasmato uno spazio di indagine interiore attraverso un uso magistrale dell’improvvisazione, facendo del palcoscenico un luogo fluido, in cui passato e presente si sono sovrapposti in una sinfonia di emozioni e significati sempre nuovi. L’opera originale di Handke, pubblicata nel 2010, si erge come una meditazione poetica e storica sulle radici culturali dell’autore, intrecciando la narrazione autobiografica con la ricostruzione mitica delle sue origini slovene in Carinzia. In “Immer noch Sturm”, il protagonista intraprende un viaggio onirico alla ricerca di un dialogo con i suoi avi, portatori di una memoria che si è dispersa nella violenza della Seconda Guerra Mondiale e nella cancellazione di un’identità comunitaria. Handke esplora il delicato equilibrio tra la necessità di ricordare e il rischio di perdersi in un passato che sembra sfuggente e inafferrabile. Questa tensione tra il ricordo e l’oblio, tra la persistenza della memoria e la sua inesorabile dissoluzione, ha trovato una rappresentazione viscerale e complessa nella regia di Puglisi. Attraverso l’uso dell’improvvisazione, Puglisi ha saputo restituire la dimensione caleidoscopica e frammentata del romanzo, consentendo agli attori di interagire con il testo in modo organico e dinamico. Ogni rappresentazione ha assunto forme nuove, come un palinsesto su cui scrivere e riscrivere le emozioni del momento. In questo, lo spettacolo si è posto come un’opera mai fissa, ma in continuo mutamento, alimentata dall’energia stessa degli attori e del pubblico. L’improvvisazione, lungi dall’essere un mero strumento performativo, è diventata il veicolo principale per attraversare le profondità dell’opera di Handke, offrendo un linguaggio scenico capace di dare forma tangibile al flusso della coscienza e del sogno. Il lavoro di Claudio Puglisi è stato profondamente influenzato dagli insegnamenti di Paolo Giuranna, maestro di recitazione poetica, il cui lascito si riflette in una visione del teatro come luogo in cui parola e corpo si fondono in un’espressione unitaria e potente. La poetica del linguaggio è stata arricchita dalla formazione in Sprachgestaltung, l’arte drammatica del linguaggio, appresa da Marialucia Carones, che ha trasmesso agli attori un approccio metodologico capace di esplorare le sonorità e le risonanze della parola, trasformandola in un’esperienza sensoriale e fisica. Questa pratica si è intrecciata con l’ispirazione proveniente dal pentathlon antico, una disciplina che unisce movimento, armonia e forza, contribuendo a creare un’unità tra gesto e parola, tra corpo e spirito. In questo contesto, l’improvvisazione ha assunto una funzione non solo creativa, ma spirituale, richiamando le teorie di Rudolf Steiner sulla natura vivente dell’arte teatrale. Steiner vedeva nel teatro un luogo sacro, in cui l’attore diventa il veicolo di forze spirituali più profonde, capaci di attraversare la dimensione materiale per connettere il pubblico a una verità superiore. Puglisi, con grande sensibilità, ha accolto questa visione, creando uno spazio scenico che trascendeva la mera rappresentazione per trasformarsi in un atto di creazione collettiva e condivisa. Ogni gesto, ogni parola pronunciata dagli attori sembrava essere sospinta da una forza invisibile, quasi mistica, che coinvolgeva lo spettatore in un processo di risveglio interiore. Il mito, in particolare il mito di Orfeo, ha giocato un ruolo fondamentale all’interno della narrazione scenica. Handke ha reinterpretato questa figura archetipica, invertendone il significato: nel mito classico, Orfeo perde Euridice voltandosi indietro; in “Immer noch Sturm”, è chi si volta indietro a scomparire, una riflessione sulla perdita inevitabile che deriva dal tentativo di riavvicinarsi a un passato che si dissolve. Puglisi ha saputo cogliere questa sottigliezza mitologica e l’ha tradotta in una regia capace di creare una tensione costante tra memoria e dimenticanza, tra la necessità di preservare il ricordo e la consapevolezza del suo progressivo svanire. La conclusione dello spettacolo ha raggiunto un climax emotivo e intellettuale che ha lasciato il pubblico profondamente scosso. Non si è trattato semplicemente di assistere a una rappresentazione teatrale, ma di partecipare a un vero e proprio atto di riflessione collettiva. Gli spettatori sono stati immersi in una dimensione in cui il confine tra palco e platea si è dissolto, trasformandoli in co-creatori di un’esperienza che interrogava le profondità della memoria e del sogno. In ultima istanza, “La Tempesta Continua” ha offerto al pubblico non solo una narrazione, ma un percorso di scoperta e consapevolezza. Come ha affermato lo stesso Claudio Puglisi, “il teatro è un processo vivo, in cui la creazione non si arresta mai, ma si rinnova costantemente attraverso il dialogo tra attore, testo e pubblico”. Con questa rappresentazione, Puglisi ha saputo restituire al teatro la sua funzione più alta: quella di essere uno spazio di rivelazione e trasformazione, un luogo in cui passato, presente e futuro si incontrano per creare una verità nuova, mai definitiva, ma sempre in divenire.