Parma, Teatro Regio, Festival Verdi 2024
Filarmonica “Arturo Toscanini”
Coro del Teatro Regio di Parma
Direttore James Conlon
Maestro del Coro Martino Faggiani
Solisti: Roberta Mantegna, Szilvia Vörös, Fabio Sartori, Alexander Vinogradov
Giuseppe Verdi: “Messa da Requiem” per soli, coro e orchestra
Parma, 19 ottobre 2024
Tradizionale appuntamento del Festival è la Messa da Requiem: quest’anno diretta da James Conlon. La cui lettura rifugge l’enfasi, la retorica, l’effetto; alla ricerca invece di un raccoglimento, di un’intimità che sono garantiti dall’eleganza, dalla sobrietà. Benché il ventaglio delle dinamiche sia alla sua massima apertura, com’è naturale e necessario, non si avvertono forzature, contrasti violenti, in una parola: eccessi. La Filarmonica Arturo Toscanini suona davvero bene, con una mirabile trasparenza, figlia del reciproco ascolto fra le sezioni, garantendo sempre un perfetto equilibrio fra i diversi piani sonori. Anche nei pianissimi più smaterializzati i tremoli degli archi restano fittissimi e nitidi; anche nel disorientante inizio del Tuba Mirum gli ottoni assicurano esattezza ritmica e d’intonazione. Quando piccole sbavature, qui, sono cose che capitano anche nelle migliori orchestre. Anche il Coro del Teatro Regio si distingue per intelligibilità del testo latino, scansione ritmica e equilibrio fra le voci più che per corposità o colore del suono. In generale, ne risulta un Requiem tutto etereo, tutto celeste, un Requiem che è un fatto intellettuale, interiore, che trova il suo svolgimento nella coscienza dell’individuo, un Requiem autenticamente ed esclusivamente sacro. Non con questo si vuol sostenere che sia questa musica sacra e niente abbia di teatrale (inutile qui ritornare sui vasi comunicanti, sui ricicli dalla prima versione dell’incipit dell’atto del Nilo e dal compianto su Posa morto di Philippe Deux): la musica è musica, è l’interpretazione a doverle restituire il giusto carattere. Storicamente, essendo il nome di Verdi così strettamente legato al teatro, si è troppo spesso guardato al suo Requiem come una sorta di sacra rappresentazione con effetti speciali. Nel ricondurne la musica alla sua dimensione più spirituale, Conlon ne raffredda forse la materia, ma non le fa certo torto: anzi rifulge di un’inedita, spigliata, agile, leggera, vibrante modernità. Fra i solisti spicca la voce invero di rara bellezza di Roberta Mantegna: limpida e chiara, eppure piena, sostanziosa, ricca di armonici, voluminosa, è un incanto. Szilvia Vörös fa assai bene con un timbro ambrato e snello, senza inutili rigonfiamenti, e dunque la voce è ben proiettata. Fabio Sartori canta da par suo, con un serbatoio di accortezze, intenzioni, sfumature espressive che si può mettere insieme solo con una lunga esperienza; e se il volume e la solidità della voce non conoscono vacillamenti, lo smalto conosce invece qualche crepa. Alexander Vinogradov è un basso piuttosto luminoso, che canta con un’ottima pronuncia e corretta posizione nei risuonatori cerebrali (se vi piace “in maschera”, o comunque à la Christoff per capirci subito): il punto critico che sembra un po’ preoccuparlo è il volume non immenso della voce, cui però la corretta proiezione può porre rimedio. Il concerto si è concluso con trentasette secondi di religioso silenzio, tale da lasciar trasparire in lontananza gli scrosci che fuori si stavano abbattendo sulla città; silenzio finalmente interrotto dall’entusiasmo di un pubblico pago e riconoscente.