Milano, Teatro alla Scala: “La Dame aux camélias” (cast alternativo)

Milano, Teatro alla Scala, Stagione 2023/24
“LA DAME AUX CAMÉLIAS”
Balletto in tre atti dal romanzo di Alexandre Dumas figlio
Coreografia e Regia John Neumeier
Musica Fryderyk Chopin
Marguerite Gautier ALINA COJOCARU
Armand Duval CLAUDIO COVIELLO
Monsieur Duval EDOARDO CAPORALETTI
Nanine CHIARA FIANDRA
Le Duc MASSIMO GARON
Prudence CAMILLA CERULLI
Le Comte de N. SAÏD RAMOS PONCE
Manon MARTINA ARDUINO
Des Grieux NICOLA DEL FREO
Olympia AGNESE DI CLEMENTE
Gaston Rieux GIOACCHINO STARACE
Un pianista MARCELO SPACCAROTELLA
Corpo di ballo e Orchestra del Teatro alla Scala di Milano
Direttore Simon Hewett
Scene e Costumi Jürgen Rose
Milano, 14 ottobre 2024
Come avevamo anticipato, siamo tornati al Teatro alla Scala per la replica del 14 ottobre de La dame aux camélias. Ci siamo già dilungati sulla coreografia la scorsa volta (qui la recensione della serata dell’8 ottobre). Aggiungiamo soltanto qualche considerazione legata ai commenti che siamo riusciti a captare in sala tra chi chiacchierava con il vicino nelle pause. Qualcuno ha notato una difficoltà a seguire la trama senza la lettura preventiva del soggetto. Pur essendo consci che ciò ha la significatività di tutte le cose che casualmente capitano, e quindi non si tratta di un’indagine strutturata, questa osservazione ci ha fatto ragionare sul fatto che noi non abbiamo colto questa difficoltà pur non avendo letto il soggetto. O meglio, una volta letto abbiamo notato che non tutto quello che il soggetto voleva comunicare ci è arrivato, ma ogni momento dello spettacolo ci appariva parlante. Non avremmo letto il soggetto se in sala non avessimo colto questa osservazione, e ci siamo chiesti il perché. Forse per la conoscenza del romanzo, com’è ad esempio per il rapporto della protagonista con Manon, che è colonna portante della drammaturgia di questa coreografia? O forse perché siamo riusciti a cogliere dei dettagli e sfumature che altri non sono riusciti a cogliere per una disattenzione, minore sensibilità o semplicemente a causa della posizione in cui si era seduti? Ci siamo effettivamente accorti che questa coreografia fonda molto sui particolari: un’espressione, un cartello (quello che annuncia il balletto di Manon effettivamente è scritto con una dimensione tale che non da tutte le posizioni è chiaramente leggibile: se non si riesce a leggere il cartello non si riesce a capire a quale balletto i protagonisti stanno assistendo, e quindi il riferimento al rapporto Margherita-Manon, ammesso che uno spettatore lo conosca…), oppure la coesistenza sul palco di due piani temporali che si sovrappongono e sono legati da un dettaglio, com’è per il finale: Margherita sta scrivendo in secondo piano sul palco il diario che Armand sta leggendo in primo piano, in un momento in cui lei è già morta nel “deserto del cuore” (o, se vogliamo, nel “popoloso deserto che appellano Parigi”, seguendo una celebre citazione de La Traviata). Tutto ciò è forse legato alle evoluzioni estetiche che il repertorio ha visto nel corso del tempo. Semplificando molto, bisogna sicuramente considerare che il rapporto controverso che la danza ha con il libretto dello spettacolo è cosa nota già alla settecentesca disputa Angiolini-Noverre. Inoltre, se il balletto romantico è passato da Giselle al grand ballet à la Marius Petipa, dove la trama era sostanzialmente in funzione della danza e delle sue abilità e i personaggi erano innanzitutto danzatori, con questi nuovi balletti narrativi successivi a Cranko nasce una nuova attenzione alla rappresentazione della vicenda, che a volte dà l’impressione di essere quasi cinematografica. Ma il cinema non è il teatro. Sta qui il nodo? Ma lasciamo qui la questione aperta. Non abbiamo soluzione. Passando ai protagonisti di questa serata, l’interpretazione di Margherita da parte di Alina Cojocaru ci è apparsa molto intima, fatta di pochi nervosismi tout court, ma piuttosto aleggiava una sorta di disagio perenne, una psicologia molto minuta e fatta di sguardi che lasciano solo intuire quel che sta dietro. Claudio Coviello è stato un Armand appassionato, ma anche con la capacità di essere cattivo nel momento necessario: per chi lo conosce, le sue capacità interpretative oltre a quelle di danzatore non sono una sorpresa, e maturano sempre, non vengono lasciate poi ai manierismi che si sono in passato rivelati efficaci. Lo spettacolo si chiude sul sipario che cala nel buio e nei suoi occhi lucidi. L’intero cast è stato all’altezza, e segnaliamo in special modo: Martina Arduino e Nicola Del Freo, nei ruoli di Manon e Des Grieux; Agnese Di Clemente, un’Olympia ricca di mossette e sfumature che ci confermano le capacità emerse durante il suo debutto nel ruolo di Giulietta tempo fa; Gioacchino Starace, che con la sua allure da divo dl cinema era molto azzeccato nel ruolo di Gaston (seppure con qualche sbavatura tecnica). Approfittiamo di questo spazio per commentare velocemente la musica, tutta di Chopin, musicista scelto da Neumeier per affinità biografiche con la donna a cui il romanzo è ispirato, e diretta da Simon Hewett. Anche se la principale protagonista è la pianista Vanessa Benelli Mosell, che ha suonato da protagonista durante tutto lo spettacolo, e da sola per tutto il secondo atto con grande sensibilità ma anche attenzione alla danza senza sminuire l’esecuzione musicale. Ultima replica il 16 ottobre con lo stesso cast, non perdetela! Foto Brescia & Amisano