Milano, Teatro alla Scala: “Der rosenkavalier”

Milano, Teatro alla Scala, Stagione Lirica 2023/2024
DER ROSENKAVALIER”
Commedia per musica in tre atti su libretto di Hugo von Hofmannsthal
Musica di Richard Strauss
Die Feldmarschallin KRASSIMIRA STOYANOVA
Der Baron Ochs GÜNTER GROISSBÖCK
Octavian KATE LINDSEY
Herr von Faninal MICHAEL KRAUS
Sophie SABINE DEVIEILHE
Jungfer Marianne Leitmetzerin CAROLINE WENBORNE
Valzacchi GERHARD SIEGEL
Annina TANJA ARIAN BAUMBARTNER
Ein Polizeikommissär/ Ein Notar BASTIAN THOMAS KOHL
Der Haushofmeister bei der Feldmarschallin HAIYANG GUO
Der Haushofmeister bei Faninal/ Ein Wirt/ Ein Tierhändler JÖRG SCHNEIDER
Ein Sänger PIERO PRETTI
Eine Modistin LAURA LOLITA PEREŠIVANA
Drei Adelige Waisen GABRIELLA LOCATELLI, DANIELA DE PREZ, ELONORA ARDIGÒ
Vier Lakaien der Marschallin/ Vier Kellner LUIGI ALBANI, GUILLERMO ESTEBAN BUSSOLINI, ANDRZEJ GLOWIENKA, EMIDIO GUIDOTTI
Hausknetcht GIORGIO VALERIO
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Voci bianche dell’Accademia Teatro alla Scala
Direttore Kirill Petrenko
Maestro del Coro Bruno Malazzi
Maestro del Coro di Voci Bianche Marco de Gaspari
Regia Harry Kupfer
Scene Hans Schavernoch
Costumi Yan Tax
Luci Jürgen Hoffman
Video Thomas Reimer
Milano, 15 ottobre 2024
La ripresa del Teatro alla Scala della produzione di “Der Rosenkavalier” curata da Henry Kupfer è decisamente apprezzabile, sebbene non presenti grandi novità nemmeno dal punto di vista vocale: gode, infatti, ancora dei magnifici talenti di Krassimira Stoyanova e Günter Groissböck, Marescialla e Barone, due interpreti ormai di riferimento per questi ruoli, che mettono in luce tutte le loro doti (sceniche e musicali) con la disinvoltura che ci aspetteremmo. La Stoyanova rimane soprano di granitica presenza vocale, centri poderosi e acuti svettanti, ancora padrona della linea di canto e di un fraseggio forse perfettibile, ma senza dubbio navigato; Groissböck, da parte sua, è rutilante, instancabile, capace di mascherare perfettamente il naturale fascino con lo stolido e detestabile viscidume che il barone Ochs non cessa mai dimostrare; la prova canora è sontuosa, di livello altissimo, perfettamente consapevole lungo tutta la tessitura e caratterizzata da suoni naturalmente smaltati. Accanto a questa coppia veramente formidabile, il nuovo cast pone perlomeno due apprezzatissimi artisti, a partire dalla giustamente celebrata Sabine Devieilhe, ormai soprano di riferimento della sua generazione, il cui suono argentino sembra nato per cantare Sophie, perfettamente a proprio agio sia negli abbandoni più lirici che nei momenti più rapidi della pochade, oltre che ben incarnati scenicamente nella splendida grazia della cantante francese; queste recite sono altrettanto benedette dalla presenza di Michael Kraus nei panni di Faninal: la sua voce potente e vellutata allo stesso tempo, percorsa da venature calde, si piega con nobiltà su un fraseggio accuratissimo. L’Octavian di Kate Lindsey, invece, pur muovendosi nell’alveo della correttezza, non sa brillare in mezzo a questi quattro maestosi interpreti, e se trova apprezzatissimi slanci nei momenti più languidi, appare più impersonale in quelli d’azione, quando non lievemente a disagio nei panni di Mariandel; dispiace, invece, constatare come la zitella Marianne Leitmetzerin di Caroline Wenborne non fosse del tutto a fuoco, né per intonazione, né per emissione. Fra i molti ruoli di lato, di sicuro si è fatta notare Tanja Ariane Baumgartner, contralto sonoro e splendidamente proiettato, cui non mancano accenti di mezzo carattere che il personaggio di Annina giustamente richiede; molto apprezata pure la piccola ma incisiva performance di Piero Pretti, nel ruolo del cantore italiano. Senz’altro il vero protagonista di queste nuove recite, è, tuttavia, il direttore Kirill Petrenko, per la prima volta sul podio del tempio scaligero: senza abbandonarci a sperticati encomi dalla delirante deriva, come è avvenuto ad alcuni colleghi di altre testate, constatiamo che tanto entusiasmo sia giustamente ripagato dall’elegantissimo gesto e dalla grande coesione che Petrenko ottiene dall’orchestra, che padroneggia perfettamente, conducendola fra i diversi momenti sinfonici dell’opera così come al pieno servizio di una scena dal quale non si distacca mai; probabilmente il maestro russo, abituato ai Berliner Philarmoniker, ha trovato la formazione nostrana singolarmente compiacente al suo stile, e questo lo capiamo anche dai pubblici riconoscimenti che artisti di scena e di cavea gli hanno tributato anche in occasione della nostra recita. Infine, pure questa volta non ci è possibile fare una precisa disamina dell’apparato creativo scenico, ma, considerato il successo che ebbe otto anni fa, possiamo facilmente rifarci ad una recensione dell’epoca (qui). Foto Brescia & Amisano