Milano, fACTORy 32, Stagione 2024/25
“CASA DI BAMBOLA, PARTE 2”
di Lucas Hnath
Nora ALICE MISTRONI
Torvald SIMONE LEONARDI
Anne Marie ANTONIA DI FRANCESCO
Emmy ERICA SANI
Traduzione e regia Claudio Zanelli
Nuova produzione CDM
Milano, 19 ottobre 2024
FACTORy 32, probabilmente la più interessante proposta off del teatro milanese, ha inaugurato la nuova stagione con un testo inedito in Italia, recentissimo, di produzione americana, ma, per evidenti motivi, molto legato alla grande drammaturgia europea: “Casa di bambola, parte 2“, scritto dal giovane drammaturgo statunitense Lucas Hnath, che nel 2017 è stata candidata a otto Tony Award, vincendo quello per Miglior Interpretazione di un’Attrice in un Ruolo da Protagonista. È davvero raro trovare sui palcoscenici italiani testi tanto recenti, che ci aiutano a comprendere la temperie culturale della drammaturgia globale, e ad uscire dal nostro orticello, talvolta decisamente provinciale; inoltre, l’idea di un sequel del celeberrimo dramma di Ibsen “Casa di Bambola“, è stimolante, vuoi per il valore ideologico che questo dramma ha incarnato da sempre, vuoi per il fatto che, in effetti, il suo è un finale aperto, con Nora che lascia la casa di suo marito e dei suoi figli per un futuro nebuloso, ma nel quale potrà sentirsi libera. L’idea di Hnath riparte proprio da qui: dopo quindici anni, Nora bussa di nuovo a quella porta, perché ha da chiedere un favore al suo ex marito Torvald, che, dal canto suo, non ha mai depositato i documenti del divorzio; Nora, per questo, potrebbe essere perseguita per vari capi d’accusa, ma, soprattutto, questo potrebbe minare la sua nuova credibilità di autrice femminista apertamente contro l’istituzione matrimoniale. Il testo, da un punto di vista drammaturgico, funziona alla perfezione: nell’arco di un pomeriggio, Nora dovrà confrontarsi con la sua vecchia governante, rimasta al servizio degli Elmer, con suo marito, e, inaspettatamente, con la sua figlia diciottenne, Emmy, che nemmeno la ricorda – ne seguiranno, come previsto, molte scene ad alta tensione, ma anche altre cariche di sarcasmo, che strappano più di una risata – fino al dialogo finale, che, vivaddio, trova una nuova Nora, più consapevole, meno legata a certi dogmi femministi, ma comunque pronta ad uscire di nuovo da quella porta. La produzione italiana di questo testo è affidata alla Compagnia del Musical, ossia la compagnia di attori che è uscita dalla Scuola del Musical di Milano, sebbene questo testo non possegga nemmeno una musica: questa ai nostri occhi è un’anomalia, giacché un testo simile, che si rifà a un tale capolavoro, avrebbe dovuto essere attenzionato da compagnie ben più importanti, con risorse maggiori, e, detto francamente, anche con un novero di talenti maggiormente accreditati. In ogni caso, sebbene la produzione sia davvero low budget, quasi tutto il cast ha saputo essere pienamente all’altezza: Alice Mistroni è una Nora molto convincente, dotata di una fisicità e una vocalità piacevolissime, ma soprattutto consapevole di tutti i colori che il suo personaggio deve mostrare, da quelli più cupi, rabbiosi, introspettivi, a quelli più leggeri, scherzosi, quasi frivoli; la sensazione che si ha è che Mistroni sia più a suo agio proprio con questi momenti di leggerezza che con quelli di profonda amarezza, ma in generale ci offre una performance davvero ad alto livello; anche la prova di Antonia Di Francesco nei panni della governante Anne Marie è convincente, forse soltanto un filo troppo versata sul lato buffo: a un certo punto la governante si rivolta contro il pensiero rivoluzionario di Nora, con un’imprecazione volgare molto forte, e il pubblico ride, non capendo davvero cosa implica per il personaggio una simile parolaccia rivolta a quella che era non solo la sua padrona, ma anche la sua bambina; in ogni caso anche Di Francesco è perfettamente a suo agio nel ruolo, sia sul piano vocale che su quello scenico, ed è chiaro che si tratti di un’interprete con molte esperienze scenice di estrazione molto variegata. Tuttavia, è la performance di Simone Leonardi, nei panni di Torvald, quella più impressionante: la voce baritonale, lievemente graffiata, la naturale eleganza del gesto, lo sguardo profondo dell’interprete, sanno rendere un Torvald per niente antipatico o ottuso, ma ci offrono un uomo spezzato, ancora dopo quindici anni, un marito che apparentemente non ha saputo andare avanti, un padre approssimativo, un essere umano svuotato dalla dipartita dell’adorata moglie; eppure, durante lo spettacolo, è proprio questo il personaggio che sa evolvere di più, e Leonardi ci accompagna passo passo sul percorso di redenzione, questa volta del marito, e non della moglie. L’interprete meno convincente della produzione, invece, è senza dubbio Erica Sani, nei panni della figlia Emmy, a causa in primis di una vocalità non piacevole, oltre che di un lavoro sul personaggio che si mantiene sempre superficiale: non ci convince una parola di quello che dice, capiamo da subito come si evolverà la scena con la madre; Sani forse non ha avuto modo di costruire a tutto tondo questo personaggio, che, a sua volta, gode di un’unica scena di confronto. Claudio Zanelli, regista e traduttore, ha fatto senz’altro un buon lavoro, con alcuni limiti: la regia è molto tradizionale, ma funziona bene, pur mancando di qualche guizzo più perturbante; sulla traduzione, invece, abbiamo alcuni dubbi: il linguaggio della recita è molto contemporaneo, e questo porta a una recitazione altrettanto contemporanea; non che ciò sia di per sé un male, ma, considerata la ricostruzione storica delle scene e dei costumi, e anche il precedente letterario, ci saremmo aspettati una lingua più ricercata, una recitazione giusto un filo più manierata, tradizionale, insomma, più “teatrale“ e meno da serie TV. Tuttavia, non avendo noi avuto il piacere di leggere il testo originale, può anche essere che Lucas Hnath abbia pensato a questo tipo di registro linguistico, in contrasto con la messa in scena, e che quindi Zanelli si sia giustamente limitato a rispettare l’intenzione del drammaturgo – cosa che, trattandosi di una prima nazionale, è sempre consigliabile: tanto, considerata la grande qualità di questo testo, di sicuro presto vedremo regie anche più “sperimentali” applicarsi ad esso. Foto Riccardo Italiano