Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino: “Madama Butterfly”

Firenze, Teatro del Maggio Musicale FiorentinoStagione lirica “Autunno 2024”
MADAMA BUTTERFLY
Tragedia giapponese in tre atti su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, da “Madam Butterfly” di John L. Long e “Madame Butterfly” di David Belasco.
Musica di Giacomo Puccini
Cio-Cio-San CAROLINA LÓPEZ MORENO
Suzuki MARVIC MONREAL
Kate Pinkerton ELIZAVETA SHUVALOVA
F. B. Pinkerton PIERO PRETTI
Sharpless NICOLA ALAIMO
Goro ORONZO D’URSO
Il principe Yamadori MIN KIM
Lo zio Bonzo BOZHIDAR BOZHKILOV
Yakusidé GIOVANNI MAZZEI
Il commissario imperiale DAVIDE SODINI
L’ufficiale del registro EGIDIO MASSIMO NACCARATO
La madre NADIA PIRAZZINI
La zia THALIDA MARINA FOGASARI
La cugina PAOLA LEGGERI
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Daniele Gatti
Maestro del coro Lorenzo Fratini
Regia Lorenzo Mariani
Scene Alessandro Camera
Costumi Silvia Aymonino
Luci Marco Filibeck
Nuovo allestimento del Maggio Musicale Fiorentino
Firenze, 27 ottobre 2024
Il ciclo di opere autunnali prosegue con “Madama Butterfly” di Puccini, ultimo impegno ufficiale del maestro Daniele Gatti come direttore principale del Maggio. La regia di Lorenzo Mariani e le scene di Alessandro Camera evocano un Oriente sospeso, circoscritto da leggiadri veli ricadenti che plasmano il nido d’amore dei protagonisti, in una vicenda dove l’immedesimazione è garantita dagli attuali costumi di Silvia Aymonino. L’intera produzione sembra esaltare l’immacolata purezza di Cio-Cio-San e il suo contrasto con le consuete dinamiche di ciò che oggi definiremmo “turismo sessuale”, come testimonia il suo isolamento dal resto della famiglia e l’ingresso in scena mediante un’apposita pedana discendente. In particolare, l’impianto registico trova appiglio nelle parole di Pinkerton “che di rincorrerla furor m’assale, se pure infrangerne dovessi l’ale”, a sottolineare l’ineluttabilità della catastrofe e quella fragilità lacerata che tanto strugge in questo dramma. Così, i veli del letto nuziale iniziano a strapparsi nel secondo atto e, grazie a un ingegnoso effetto di luci di Marco Filibeck, si tingono di rosso non appena si paventerà la possibilità del suicidio. Di pari passo, il pavimento della “casa a soffietto” s’inclina progressivamente come fosse il ponte di una nave, fino a squarciarsi in due nell’atto finale. Pochi tratti, dunque, ma significativi, a riprova di come sia possibile godere di riletture in chiave moderna con economia di risorse. Nel corso della rappresentazione non sono mancati momenti più stereotipati, di esasperata passione o d’ironico sarcasmo, e un’ultima sorpresa era riservata al finale, quando le “due” mogli si fronteggiano con abiti gemelli, in un pericoloso gioco di riflessi. Dalla buca dell’orchestra, la direzione evidenzia l’instabilità dell’apparente equilibrio d’amore del primo atto con un’agogica molto varia, a tratti decisamente scorrevole, ma non priva di momenti di grande indugio, volti a saggiare le scale difettive e gli effetti cromatici dell’esotismo d’Oriente. A Daniele Gatti non sfugge la caratterizzazione musicale di uno sviluppo di tipo leitmotivico, con particolare sensibilità sulle poche note del tema identificativo del soprano, che contrastano con le invasive sonorità dell’inno americano (ai tempi inno della marina), sottolineando la morsa del tempo che passa e l’angoscia dell’attesa con moduli cromatici ricorrenti. Di grande intimismo (forse anche troppo) la delicata grana orchestrale che accompagna la celebra aria di Butterfly, ancor più velata sul “coro a bocca chiusa” di Lorenzo Fratini, mentre per gli effetti più vibranti si dovrà attendere l’intermezzo musicale introduttivo al terzo atto e la folgorante restituzione dell’emblematico accordo sospensivo della chiusa. Di buon livello anche il cast vocale, capeggiato dall’interessante prova di Carolina López Moreno. Il giovane soprano si presenta in scena con un timbro diamantino, tanto suadente quanto soffice nell’emissione, inserito in un fraseggio scelto e coadiuvato da spiccate doti attoriali. A fronte di uno strumento vocale non corposissimo, il soprano si concentra sulla caratterizzazione della delicata linea di canto di Cio-Cio-San, modulandola con filati in piano di singolare finezza, in cui non mancano diminuendi ad hoc, tesi a figurare le aspettative e le paure del personaggio. La cantante ben si districa col derisorio atteggiamento verso Yamadori e tratteggia con credibilità la progressiva corsa verso l’autodistruzione, che culminerà nella pregnante interpretazione del finale. Una performance degna di nota, che lascia qualche punto interrogativo su alcuni affondi sui gravi e sugli sbalzi sopra il rigo, in cui il soprano sembra essere meno a suo agio. Le faceva da spalla l’accorata Marvic Monreal, per estensione e timbro piuttosto adatta alla tormentata parte di Suzuki, forse non sempre iper penetrante, ma in grado di bilanciare qualche punto dall’emissione più ingolata con un notevole impegno interpretativo. Piero Pretti torna al Maggio nel superficiale ruolo di F. B. Pinkerton, confermando l’usuale squillo di una voce che soffre la mancanza di una tessitura più acuta, ma che comunque riesce a trovare un equilibrio in mezzo forte nelle insistenti frasi di centro, su cui l’inventiva diminuisce rispetto ai moti di rimorso o d’amore. Un ritorno anche per Nicola Alaimo, baritono dalla grande esperienza nell’opera buffa, che garantisce grande disinvoltura nella scena della lettura della lettera, dove la messa a punto del fraseggio, dell’emissione e delle soluzioni dinamiche traspira tutta la complessità di uno Sharpless di sentita umanità e lontano dall’emissione leggermente più fumosa della sortita. Intorno alla cerchia dei protagonisti si segnala l’efficace apporto del Goro di Oronzo D’Urso, tenore leggero pronto a fraseggiare con gusto e determinazione, mentre non proprio tonante è stata l’irruzione dello zio Bonzo di Bozhidar Bozhkilov, così come l’emissione di Davide Sodini (commissario imperiale) è risultata un po’ impastata nel dare lettura dell’atto di matrimonio. Completavano il quadro i convincenti e partecipativi interventi di Min Kim (contrito Yamadori) e Elizaveta Shuvalova (rattristata Kate Pinkerton), di Egidio Massimo Naccarato (ufficiale del registro), Giovanni Mazzei (Yakusidé) e gli schietti giudizi di Nadia Pirazzini, Thalida Marina Fogasari e Paola Leggeri, rispettivamente come madre, zia e cugina di Cio-Cio-San. Deciso il consenso di pubblico al termine della rappresentazione, in cui non è mancata una timida ovazione per la protagonista. Foto Michele Monasta