Venezia, Palazzetto Bru Zane: “Violoncelli in coro”

Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “Passione violoncello”, 21 settembre-24 ottobre 2024
VIOLONCELLI IN CORO”
Violoncelli Anne Gastinel, Xavier Phillips, Lila Beauchard, Leonardo Capezzali
Marie-Joseph Erb: Trois Pièces pour quatre violoncelles, op. 63;  Jacques Offenbach: Cours méthodique de duos pour deux violoncelles, op. 53 (extraits); Quatuor pour quatre violoncelles; Auguste Franchomme: Trois Préludes de Frédéric Chopin transcrits pour quatre violoncelles; Hélène-Frédérique de Faye-Jozin: Suite sylvestre pour quatre violoncelles (extraits); Florent Schmitt: Andante religioso pour quatre violoncelles
Venezia, 22 settembre 2024
Secondo appuntamento nell’ambito del Festival “Passione violoncello”, che il Palazzetto Bru Zane dedica al nobile strumento, focalizzandosi soprattutto sul periodo storico – l’Ottocento, ma anche oltre –, in cui raggiunge il culmine della sua evoluzione, sia sul piano tecnico che su quello espressivo, divenendo, anche grazie alla sua timbrica, una delle “voci” più espressive del romanticismo musicale in Francia e non solo. Inizialmente legato alle esigenze didattiche, come testimoniano i brani per ensemble di violoncelli di Jacques Offenbach e di Auguste Franchomme, il corpus di partiture si è un po’ ampliato a cavallo del Novecento, uscendo dai confini della scuola. Non furono, peraltro, insegnanti o virtuosi dello strumento a comporre questi brani, ma artisti, come Marie-Joseph Erb, Hélène-Frédérique de Faye-Jozin o Florent Scmitt, che utilizzano un ensemble di violoncelli per esplorare nuove sonorità. A proporre i brani in programma erano quattro validi strumentisti: Anne Gastinel e Xavier Phillips – entrambi concertisti affermati a livello internazionale –, insieme a Lila Beauchard e Leonardo Capezzali – già loro rispettivi allievi –, all’inizio di un carriera decisamente promettente. Nella loro esecuzione si è apprezzato, in particolare l’affiatamento, quel guardarsi l’un l’altro, che ha loro permesso di interpretare i vari brani in prefetta sintonia, traendo dai loro strumenti sonorità armoniose e un’articolazione del discorso musicale nitida e coerente, nel loro dialogare, di volta in volta pacato o concitato, sussurrato o gridato. L’ensemble si è fatto apprezzare a partire dai Tre pezzi per quattro violoncelli di Marie-Joseph Erb (Ave Maria – Menuet – Berceuse), pubblicati nel 1903, la cui fonte d’ispirazione è l’Ave Maria di Schubert, come attesta, nella seconda battuta, una citazione delle prime note della celebre preghiera schubertiana, seguita da variazioni di stampo neopalestriniano, a parte un passaggio contrastante, che guarda al corale tedesco. I violoncellisti hanno sfoggiato le loro doti in Ave Maria come nel pomposo Minuetto, che ha una sezione costellata di pizzicati, e nella Berceuse, improntata alla semplicità di una melodia popolare. Più oltre nella serata, Anne Gastinel e Xavier Phillips hanno affrontato autorevolmente due pagine dal Cours méthodique de duos pour deux violoncelles di Jacques Offenbach che, essendo un eccellente violoncellista, fu autore di vari cicli di opere didattiche per il proprio strumento. I pezzi del Corso, che sono stai proposti – dalla lettera E: n. 2 (DuoAndanteAllegro) e n. 3 (DuoAndanteRondò) –, si segnalano per l’inesauribile flusso melodico, che già preannuncia il compositore di melodie di successo, ma anche per il trattamento equilibrato dei due strumenti, che assegna a maestro ed allievo parti di uguale difficoltà. Sempre di Offenbach è stato eseguito il Quartetto per quattro violoncelli – composto nel 1849 – formato da un movimento in tempo Moderato seguito da uno Scherzo. Una certa teatralità si è colta nel primo movimento, dove il primo violoncello ha reso da par suo il tema cantabile d’apertura, accompagnato da interventi sincopati degli altri tre strumenti. Dopo una minorizzazione, il secondo violoncello ha preso la parola, per esporre col giusto accento un tema più tormentato, sostenuto da un accompagnamento dal ritmo agitato. Poi i primi due violoncelli hanno suonato all’ottava nel registro acuto , creando un surplus di tensione. E ancora successivamente un tema cantabile è stato degnamente intonato dal terzo e dal quarto violoncello. Estroverso lo Scherzo d’ispirazione popolare, caratterizzato da agitazione ritmica, contrasti di colori armonici, pizzicati, imitazioni ravvicinate, scrittura omofonica. La giusta leggerezza, unita ad adeguate scelte di tempi, si è colta nei Tre Preludi di Chopin, trascritti per quattro violoncelli da Auguste Franchomme. Rimasti sotto forma di manoscritto non datato, gli arrangiamenti dei tre Préludes op. 28 di Chopin furono probabilmente realizzati da Auguste Franchomme dopo la morte del compositore polacco, per rendergli omaggio come peraltro fece con analoghe trascrizioni. Dei ventiquattro Preludi dell’op. 28, Franchomme ne sceglie tre relativamente lenti, da eseguire ricorrendo al rubato. Al brevissimo Preludio n. 9 seguiva il celebre n. 15, meglio conosciuto come “della goccia d’acqua” per il suo ostinato, quest’ultimo affidato al terzo violoncello. Che anche nel n. 13 ha sostenuto ritmicamente i compagni, mentre intonavano una melodia lenta e querula. Intensamente espressiva – tra “estasi” ed “esaltazione”,“sospiri e “singhiozzi” come prescrive l’autrice – è risultata l’esecuzione della Suite sylvestre per quattro violoncelli di Hélène-Frédérique de Faye-Jozin – emozionata rievocazione della foresta di Rambouillet in autunno, percorsa da un sentimento panico –, di cui si sono ascoltati il primo, il terzo e il quarto pezzo: Salut au bois, Bourrasque en forêt, Adieux au bois, che sembrano delineare un percorso, lungo il quale la musicista entra in comunione con la natura. Le quattro parti sono di pari difficoltà e solo occasionalmente il primo violoncello ha svolto un ruolo solistico. Suggestive in Bourrasque en forêt le folate del vento brillantemente imitate dai violoncelli scandendo, a turno, una serie di terzine: un effetto rafforzato da passaggi in glissando del primo strumento. La serata si è conclusa con l’Andante religioso per quattro violoncelli di Florent Schmitt. Un pezzo intriso di misticismo – risalente all’immediato dopoguerra –, che è la trascrizione, ad opera dell’autore stesso, di un movimento del suo Quartetto per tromboni e tuba op. 109, datato 1946. Encomiabile il coordinamento tra gli esecutori nell’affrontare questa partitura, in cui si concentra l’arte polifonica di Schmitt e dove l’elementare cromatismo di una sequenza discendente di tre note – come un rapido sguardo nelle profondità dell’anima – è sostenuto armonicamente dalle voci più basse, prima che il movimento segua una linea ascendente, per proseguire tra affannosi respiri. Reiterati applausi soprattutto a fine serata.