Roma, Palazzo Bonaparte
BOTERO
curata da Lina Botero e Cristina Carrillo de Albornoz
Organizzata da Arthemisia
in collaborazione con la Fernando Botero Foundation e in partnership con la Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale
Fernando Botero, nato a Medellín nel 1932, ha saputo creare un universo visivo inconfondibile, segnato dalla pienezza generosa delle forme, dai colori intensi e dalla tridimensionalità che conferiscono alle sue figure una presenza unica. La sua pittura, espressione di un immaginario poetico e inventivo, affonda le radici nella cultura colombiana, dalla quale trae ispirazione per una critica sociale venata di ironia e affetto. Nel corso della sua carriera, Botero ha instaurato un dialogo incessante tra tradizione e innovazione, esplorando continuamente il volume e il colore come cifre stilistiche distintive, ottenendo riconoscimenti e apprezzamenti internazionali. L’esposizione a Palazzo Bonaparte, organizzata da Arthemisia e dalla Fondazione Terzo Pilastro per il primo anniversario della morte dell’artista, rappresenta una celebrazione della sua opera e offre un’ampia panoramica della sua produzione. La mostra mette in evidenza sia opere iconiche sia creazioni inedite, sottolineando la complessità e la profondità del linguaggio pittorico di Botero. Tra le opere esposte, “Omaggio a Mantegna” (1958) assume un ruolo centrale: mai esposta prima, è stata recentemente scoperta da Lina Botero. Questo dipinto, ispirato alla “Camera degli sposi” di Mantegna nel Palazzo Ducale di Mantova, esprime il profondo legame di Botero con il Rinascimento italiano, reinterpretando la scena della corte dei Gonzaga attraverso la sua tipica monumentalità e saturazione cromatica. La mostra si arricchisce di reinterpretazioni di capolavori della storia dell’arte, come la “Fornarina” di Raffaello, il dittico dei Montefeltro di Piero della Francesca, i ritratti di Rubens e il “Ritratto dei coniugi Arnolfini” di Van Eyck. Di particolare rilievo è anche una versione dell’Infanta di Velázquez, mai esposta al pubblico perché sempre rimasta nello studio parigino di Botero. In questi lavori, Botero non si limita a riprodurre gli originali, ma li trasforma in opere nuove, mantenendo la grandezza e la maestosità delle fonti ma esprimendo al contempo la sua personale visione artistica. Le sezioni della mostra dedicate ai temi prediletti di Botero – come l’America Latina, il circo, la religione, la mitologia, la natura morta e la corrida – rivelano l’interesse costante dell’artista per la tradizione pittorica europea e la cultura ispanoamericana. La sala riservata ai suoi acquerelli su tela di grande formato, realizzati dal 2019, riflette l’ultima fase della sua ricerca, in cui l’acquerello su grandi superfici diventa una sintesi poetica della sua carriera. Oltre ai dipinti, un elemento di grande impatto dell’esposizione sono le sculture monumentali di Botero, che si stagliano con forza tra le sale del Palazzo. Queste opere, caratterizzate da un’energia e una dirompenza straordinaria, riescono a catturare l’attenzione del visitatore in modo ancor più potente rispetto alle tele, esaltando la maestria dell’artista nel dare corpo alla sua visione del mondo. Le sculture di Botero, con le loro forme esagerate e voluminose, sembrano quasi prendere vita, occupando lo spazio con una presenza fisica imponente che amplifica il senso di meraviglia e stupore. In una sala è esposta una selezione di dipinti della serie “Abu Ghraib” creata nel 2005 per denunciare le atrocità commesse nella prigione di Irachena. Con queste opere, numerate ma volutamente senza titolo, Botero non intende documentare fedelmente gli eventi, ma suscitare indignazione e riflessione morale. Le figure possenti e voluminose, tipiche dello stile dell’artista, rappresentano prigionieri bendati, sanguinanti e sottoposti a tortura, mentre gli aguzzini sono suggeriti solo da dettagli inquietanti, come mani guantate o piedi che colpiscono, amplificando il senso di violenza latente e di disumanizzazione presente dentro ogni scena. Botero ha sempre sostenuto che il suo messaggio fosse di natura umana, non politica, volto a condannare le violazioni della dignità umana. Per questo motivo, ha scelto di non vendere le sue opere, ma di donarle a musei e istituzioni accademiche, affinché possano continuare a testimoniare contro la violenza e l’ingiustizia, mantenendo viva una memoria collettiva che ispiri riflessione critica e sensibilizzazione sul tema della crudeltà. Gli allestimenti di Palazzo Bonaparte, a cura di Arthemisia , adottano sempre la medesima metodologia espositiva di taglio funzionale, che garantisce una fruizione efficace delle opere ma non presenta particolari innovazioni dal punto di vista della progettazione spaziale, dell’illuminotecnica o della disposizione degli elementi in mostra. Questa scelta curatoriale, pur coerente e rassicurante nella sua ripetitività formale, trarrebbe beneficio da un intervento più audace, capace di rinnovare l’esperienza estetica del visitatore e di imprimere una cifra distintiva anche all’allestimento stesso. Come affermava lo stesso Botero: “Il volume è una celebrazione della vita, perché è nella pienezza delle forme che si trova la gioia e la bellezza dell’esistenza.” Questa mostra, con la sua articolata selezione di opere, riesce a restituire quel senso di meraviglia e stupore che l’artista ha sempre cercato di suscitare, invitando il pubblico a una rinnovata celebrazione della vita nelle sue infinite declinazioni.