Napoli, Teatro di San Carlo: “La danza francese da Serge Lifar a Roland Petit”

Napoli, Teatro di San Carlo, stagione di Opera e Danza 2023/2024
“LA DANZA FRANCESE DA SERGE LIFAR A ROLAND PETIT”
“Suite en blanc”
Musica Édouard Lalo (Extrait de Namouna)
Coreografia Serge Lifar ripresa da Charles Jude, Stephanie Roublot
Scene e costumi Maurice Moulène
Luci Charles Jude
“Le Jeune Homme et la Mort”
Libretto Jean Cocteau
Musica Johann Sebastian Bach
Coreografia Roland Petit ripresa da Luigi Bonino
Scene Georges Wakhévitch
Costumi Barbara Karinska
Luci Jean-Michel Désiré
Le Jeune Homme ALESSANDRO STAIANO
La Mort CHIARA AMAZIO
“L’Arlesienne”
Musica Georges Bizet
Coreografia Roland Petit ripresa da Luigi Bonino, Gillian Whittingham
Scene René Allio
Costumi Christine Laurent
Luci Jean-Michel Désiré
Orchestra, Étoiles, Solisti, Corpo di ballo del Teatro di San Carlo
Direttore Jonathan Darlington
Direttore del Balletto Clotilde Vayer
Produzione del Teatro dell’Opera di Roma
Napoli, 7 settembre 2024


In scena al San Carlo di Napoli il trittico dal titolo La danza francese. Da Serge Lifar a Roland Petit, pensato dalla Direttrice Clotilde Vayer: «tre splendide coreografie», come lei stessa dichiara nelle note di sala, ossia Suite en blanc di Serge Lifar, Le jeune homme et la Mort e L’Arlésienne di Roland Petit. Un cartellone da lei costruito secondo una «progressione nei balletti e nei coreografi da affrontare», facendo riferimento ai più grandi coreografi del Novecento, tra cui Serge Lifar e Roland Petit. Ma aggiunge una considerazione importante, ossia quella di non aver abbastanza spettacoli per poter mettere in scena tutto ciò che vorrebbe. A buon intenditor poche parole: la danza sempre Cenerentola delle arti al San Carlo, a partire dall’allestimento, che non ha per nulla aiutato. Non solo un palcoscenico che non permetteva di vedere la parte inferiore delle gambe dei danzatori, ma una palese sciatteria da parte dei tecnici delle luci – e lo diciamo subito– mai attenti nei momenti più importanti con l’accensione e lo spegnimento dei riflettori. Distrazioni imperdonabili.

Ma veniamo allo spettacolo. Suite en blanc, su musica di Édouard Lalo, con la sua successione di virtuosismi astratti di grande difficoltà tecnica, fu danzato la prima volta all’Opéra di Parigi il 23 luglio del 1943. Come lo stesso Lifar scriveva su «Le Matin» del 21 luglio del 1943, in questa coreografia si era «preoccupato soltanto della pura danza» al fine di «creare belle immagini, immagini che non avessero nulla di cerebrale». Una «testimonianza per le generazioni future, alle quali trasmetteremo l’eterna fiaccola delle tradizioni accademiche». Il Corpo di ballo del Massimo napoletano ha portato in scena la coreografia con impegno e risultati in parte apprezzabili, anche se è molto lontano dallo stile richiesto. In difficoltà soprattutto alcune soliste, tanto che anche il pubblico ha iniziato ad applaudire in sordina. Il lavoro fatto sulla Compagnia è comunque chiaro, ma la disomogeneità dei tipi umani e la mancanza di una espressività univoca e concentrata da parte del corpo di ballo sono quei particolari che, ad alto livello, fanno la differenza. Si cambia scena con Le Jeune Homme et la Mort, «mimodramma» –  come lo definì lo stesso Roland Petit – sulla solenne Passacaglia in do minore di Johann Sebastian Bach quale contrasto sonoro rispetto all’intimismo del dramma (tra l’altro scelta all’improvviso a tre giorni dalla prima,  a sostituire una composizione jazz inisiale), nell’orchestrazione di Ottorino Respighi, libretto di Jean Cocteau e scenografia di Georges Wakhevitch (prima rappresentazione al Théâtre des Champs-Élysées di Parigi nel 1946). Un dramma esistenzialista che vede protagonista ideale una donna (come ne L’Arlesienne), ma di fatto l’azione danzata principale è a carico dell’uomo, in un vortice di grande tecnica completamente asservita al vigore interpretativo del protagonista, cui fa da contraltare la cinica freddezza della donna provocatrice, che lo istiga al suicidio, rivelandosi infine come l’incarnazione della morte. Ottima l’interpretazione dell’étoile Alessandro Staiano, che con questo ruolo non semplice (visti i mostri sacri che lo hanno portato in scena in passato) conferma la propria crescita artistica, ormai nella sua piena maturità. Chiara Amazio nel suolo della Morte, tagliente e algida come da occorrenza, ha dato il giusto spessore al personaggio. Grande ovazione da parte del pubblico.
In conclusione, ottima prestazione anche per i protagonisti de L’Arlesienne, altro balletto ispirato a una figura femminile che esiste solo nei ricordi che affliggono la mente di Frédéri, il quale abbandona la sua sposa Vivette nel giorno delle nozze, a memoria perpetua della ricerca di ciò che non si ha. Per questa creazione Petit è folgorato dalla musica di Bizet, fonte di ispirazione. Questo avveniva il 23 maggio del 1973 e nel 1974 andava per la prima volta in scena. La gioviale articolazione delle masse attribuisce alla coreografia la caratteristica estetica petitiana, mentre il delicato ‘confronto’ tra i due sposi, in cui l’interlocutore maschile è sordo ai tentativi di lei di destare la sua attenzione, sono stati affidati alle due étoiles Claudia D’Antonio e Danilo Notaro. Delicata e precisa lei, dipinta come in un quadro verista, convincente e sicuro lui, benché in alcuni passaggi forse non al suo massimo, a causa di linee delle braccia troppo morbide laddove ci si sarebbe aspettato più vigore, ma bravissimo a reggere un assolo ancora una volta tecnico e drammatico di grande trasporto emotivo.
Si tratta, per le étoiles sancarliane, di danzatori ormai maturi che provengono tutti dalla Scuola di Anna Razzi, dove oltre alla tecnica era possibile accogliere un testimone artistico di cui questi ragazzi hanno saputo fare tesoro. Poi, è chiaro, la danza si trasforma e le stesse coreografie, riprese rispettivamente da Charles Jude (Suite) e da Luigi Bonino (Petit), non sono pezzi da museo; gli stessi Autori le avrebbero modificate a seconda degli interpreti, come è sempre stato e come sarà sempre nella storia della danza, in quando i danzatori partecipano necessariamente al processo di creazione /riprese.
L’orchestra del Teatro di San Carlo è stata diretta con partecipazione dal Maestro Jonathan Darlington, in brani di indiscutibile valore che, come tali, hanno contribuito alla completezza dello spettacolo.
Sonori applausi a fine spettacolo, a ripagare le fatiche di tutti gli artisti.(foto Luciano Romano)