Giuseppe Verdi (1813 – 1901): “Un ballo in maschera” (1859)

Opera in tre atti su libretto di Antonio Sommo da “Gustave III, ou Le bal masqué” di Eugène Scribe. Freddie De Tommaso (Riccardo), Lester Lynch (Renato), Saioa Hernández (Amelia), Kevin Short (Samuel), Adam Lau (Tom), Elisabeth Kulman (Ulrica), Annika Gerhards (Oscar), Jean-Luc Ballestra (Silvano), Samy Camps (Il primo giudice, un servo d’Amelia). Transylvania State Philharmonic Choir, Cornel Graza (Maestro del coro), Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo, Marek Janowski (direttore). Registrazione: Giugno 2021 Auditorium Ranieri III – Monte Carlo e Novembre 2021 Radio Studio Cluj. 2 CD Pentatone PTC5187 048
Incidere oggi “Un ballo in maschera” è una sfida non di poco conto e mettere in programma una registrazione in studio lo è ancor meno. Quando poi le condizioni sfidano il buon senso diventa quasi una prova di coraggio. E’ quello che si può dire per la nuova registrazione PentaTone il quale è in primo luogo un miracolo tecnico compito dagli ingegneri del suono. L’opera è stata, infatti, registrato in due sezioni distinte e autonome e poi montata in post-produzione. L’orchestra e i solisti impegnati a Montecarlo mentre il coro registrava nella lontana Cluj, nella Transilvania romena, e poi i due piani sono stati ricomposti con risultati bisogna ammettere impressionanti tanto che sarebbe impossibile immaginare al solo ascolto la complessità dell’operazione.
Il prodigio è tecnico ma purtroppo non musicale. Quella che si ascolta è un’esecuzione nel complesso valida ma incapace di lasciare un segno nella ricca discografia dell’opera. Prima registrazione in studio dopo alcuni recital per Freddie De Tommaso, il tenore italo-britannico che si è rivelato con forza negli ultimi anni, non convince proprio per la scelta del titolo. La voce di De Tommaso è sicuramente ragguardevole, ampia, robusta, ricca di armonici e l’interprete ma manca di sensibilità e gusto – non si può che apprezzare la scelta di evitare inutili risate in “è scherzo od è follia” ma Riccardo non è ci pare nelle sue corde. Nonostante l’impegno manca di autentica eleganza, invano in lui si cercherebbe quella nobile eleganza che del personaggio è la cifra più autentica. De Tommaso ci pare più portato per il repertorio “verista” e forse tra quei titoli sarebbe stato opportuno scegliere per il debutto discografico.
Lester Lynch è un Renato sottotono, nonostante l’impegno giunge appena a scalfire la superficie del personaggio. La voce e anonima e mancano sia l’abbandono dolente sia lo scatto protervo sostituiti da una generica correttezza che non risulta sufficiente in questo contesto.
Le cose vanno decisamente meglio sul versante femminile. Saioa Hernández è una notevole Amelia. Forse un po’ vecchio stile nel puntare tutto sulla prestanza vocale ma è innegabile che il materiale è ragguardevolissimo e nel complesso ben controllato – qualche sbavatura solo nei gravi. Parte forse un po’ prudente ma la grande aria del II atto e ancor più quella del terzo sono di grande impatto. L’ampiezza della cavata e la ricchezza degli acuti colpiscono innegabilmente e fanno perdonare un’interpretazione un po’ superficiale.

Sorprende positivamente come Ulrica Elisabeth Kulman, ricordavamo il mezzosoprano austriaco in ruoli più leggeri mentre qui sfoggia una voce ampia e sicura con gravi ricchi e sonori – solo una piccola forzatura – e un accento pulito e rigoroso con un’apprezzabile volontà di risolvere il personaggio nel canto senza inutili effetti. Voce un po’ piccola e personalità non così evidente ma la giusta dose di brillantezza per l’Oscar di Annika Gerhards. Tutte ben centrate le parti di fianco con una nota di merito per la voce ricca e sonora di Jean-Luc Ballestra come Silvano.
Marek Janowski si dimostra invece scarsamente a suo agio con la scrittura verdiana. Non dirige male, anzi, le qualità musicali sono innegabili e i suoni orchestrali spesso molto belli ma non riesce mai a essere autenticamente espressivo, a cogliere la giusta atmosfera dei singoli momenti. Nel complesso ci è parso più a suo agio nei momenti brillanti, di un gusto spumeggiante quasi francese rispetto a quelli più drammatici in cui più palese è apparsa una certa superficialità espressiva. Buona la prestazione dell’Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo compagine di sicura affidabilità e da sottolineare la qualità e la perfetta idiomaticità del Transylvania State Philharmonic Choir.