Arnold Schönberg (Vienna 13 settembre 1874 – Los Angeles 13 luglio 1951)
A 150 dalla nascita del compositore – 4
Opera in tre atti, incompiuta, Moses und Aron segnò una tappa importante nel cammino musicale e spirituale di Schönberg il quale, nel 1933, ritornò alla religione ebraica. Secondo una testimonianza del compositore, il primo progetto del Moses und Aron risale al 1923, anno in cui egli concepì il dramma in prosa Der bibliche Weg (La via della Bibbia), del quale protagonista è Max Aruns, ma fu soltanto nel 1926 che Schönberg iniziò la stesura del testo, musicato, limitatamente al primo e al secondo atto, nel biennio 1930-1932.
Dal punto di vista musicale l’opera è interamente costruita su un’unica serie di difficile identificazione, almeno nelle misure iniziali, al punto tale che il musicologo tedesco Karl Heinrich Wörner, nel suo saggio Gotteswort und Magie: die Oper Moses und Aron von Arnold Schönberg (Parola divina e magia: l’opera Mosè e Aronne di Arnold Schönberg), ha ritenuto che Schönberg non abbia tratto i temi da un’unica serie, ma la serie dai temi. Tutta l’opera è, infatti, originata dai due accordi iniziali, formati dai primi tre e dagli ultimi tre suoni della serie e affidati a sei voci soliste che intonano la vocale o, quasi ad esprimere, come ha notato Wörrner, la vera essenza di Dio che si presenta dicendo «Io sono il primo e Io l’ultimo» (Isaia 44, 6).
La prima scena dell’opera, il cui argomento è tratto dal secondo e dal quarto libro del Pentateuco, l’Esodo e i Numeri, si apre con Mosè che prega davanti al Roveto ardente. Dio ordina a Mosè di liberare il popolo di Israele dalla schiavitù del Faraone e, alla sua risposta la mia lingua è tarda: / io posso pensare / ma non parlare, lo esorta ad andare nel deserto dove avrebbe incontrato il fratello Aronne che gli avrebbe prestato la sua parola. L’incontro tra Mosè e Aronne il quale, nell’apprendere che deve parlare al popolo di un Dio invisibile e non raffigurabile, , dopo aver manifestato qualche perplessità, crede nell’onnipotenza del Dio che si è manifestato a Mosè e, quindi, nella sua capacità di liberare il popolo di Israele dalla schiavitù del Faraone. Nella scena terza il popolo, in attesa di Aronne direttosi nel deserto, manifesta tutti i suoi dubbi e le sue ansie cercando di dare forma alla natura di Dio. Una Ragazza, infatti, crede che Dio sia un bel giovane come Aronne, mentre un Giovane intuisce la natura spirituale e invisibile di Dio, mentre un Uomo, infine, spera che questo Dio possa salvarli dalla schiavitù del Faraone e diventare l’Unico Dio di Israele. Finalmente, nella quarta scena, Mosè e Aronne fanno ritorno in mezzo al loro popolo che, inizialmente, non crede, anzi, deride Aronne, per ricredersi solo dopo aver assistito ai prodigi compiuti da Mosè che trasforma il suo bastone in serpente e guarisce la sua mano dalla lebbra. Nell’atto secondo ambientato nel deserto ai piedi del monte Sinai, sul quale il Profeta sale per ricevere da Dio i comandamenti, il popolo si mostra sfiduciato perché crede che Mosè sia morto, folgorato da Dio per esserglisi avvicinato troppo, e chiede ad Aronne di ripristinare i vecchi dei. Alla fine Aronne cede e fa costruire un vitello d’oro.
Il testo, con alcune modifiche, è tratto da Riccardo Viagrande, L’opera nl 900′. Trame, successi e fiaschi in Italia, Europa e Stati Uniti, Monza, Casa Musicale Eco, 2020, pp. 318-320.