Pesaro, 45° Rossini Opera Festival: “Il viaggio a Reims”

Pesaro, Rossini Opera Festival, XLV Edizione
“IL VIAGGIO A REIMS”
Dramma giocoso in un atto di Luigi Balocchi
Musica di Gioachino Rossini
Edizione critica della Fondazione Rossini, in collaborazione con Casa Ricordi, a cura di Janet Johnson
Corinna VASILISA BERZHANSKAYA
Marchesa Melibea MARIA BARAKOVA
Contessa di Folleville JESSICA PRATT
Madama Cortese KARINE DESHAYES
Cavalier Belfiore JACK SWANSON
Conte di Libenskof DMITRY KORCHAK
Lord Sidney MICHAEL MOFIDIAN
Don Profondo ERWIN SCHROTT
Barone di Trombonok NICOLA ALAIMO
Don Alvaro VITO PRIANTE
Don Prudenzio ALEJANDRO BALIÑAS
Don Luigino TIANXUEFEI SUN
Delia PAOLA LEGUIZAMÓN
Maddalena MARTINIANA ANTONIE
Modestina VITTORIANA DE AMICIS
Zefirino / Gelsomino JORGE JUAN MORATA
Antonio NICOLÒ DONINI
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Coro del Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno
Direttore Diego Matheuz
Maestro del Coro Giovanni Farina
Esecuzione in forma di concerto a 40 anni dal primo Viaggio a Reims diretto da Claudio Abbado
Pesaro, 23 agosto 2024

Nella parte finale dei ballabili del riscoperto Viaggio a Reims si eclissava il teatrino aereo che le conteneva, e le marionette dei Colla restavano a volteggiare nel vuoto della sala, dando forma plastica a una musica sconosciuta e incantevole, come un grande abbraccio per il pubblico estasiato: era forse il momento più suggestivo dello spettacolo con cui Luca Ronconi, insieme a Claudio Abbado, aveva ridato vita alla fantomatica partitura perduta. Il ROF 2024 si conclude con un omaggio a quell’irripetibile esperienza, con un’esecuzione in forma di concerto (forse anche perché qualunque nuovo allestimento scenico del Viaggio sarebbe impari all’ambizione di ricordare degnamente l’impresa che consacrò definitivamente la missione del ROF). Il risultato è più che positivo: dopo aver assistito a quattro spettacoli di impianto e stile completamente diversi, il pubblico di Pesaro può infatti concentrarsi sulla musica di Rossini nella sua dimensione più pura. Ma questo vale anche per gli artisti, e si sente: a cominciare dall’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI guidata da Diego Matheuz, per esempio, che fornisce la sua migliore prestazione in questa edizione, dopo Bianca e Falliero ed Ermione. Pur con una compagine sinfonica, il direttore riesce a mantenere una certa leggerezza nei volumi sonori, animati da un brio e da una vivacità di grande effetto teatrale (addirittura indiavolato nel concertato «Partiamo – Ah! Sì, il desio» della scena 20). Fra le prestazioni vocali più riuscite occorre ricordare quella del mezzosoprano Vasilisa Berzhanskaya (che debuttò al ROF appunto nel Viaggio a Reims dell’Accademia del 2016, come Marchesa Melibea) nella parte di Corinna: l’aria dell’arpa, cantata ovviamente sulla scena, fa risaltare tutta la bellezza della voce calda, la solidità del registro basso e centrale, la tecnica dei pianissimo e delle filature magistrali, determinando una risposta al calor bianco da parte del pubblico. Anche Jessica Pratt, dal piglio sempre ardimentoso, è un’apprezzatissima Contessa di Folleville, molto festeggiata dal pubblico. I tenori Dmitry Korchak (Conte di Libenskof) e Jack Swanson (Cavalier Belfiore), confermano le qualità già dimostrate in altri ruoli sostenuti quest’anno a Pesaro (il primo come Contareno in Bianca e Falliero, il secondo come Almaviva nel Barbiere): Korchak, nettamente superiore per tecnica, è un po’ in affanno per i tempi rapidi del direttore nel suo intervento di sortita, ma poi supera brillantemente ogni ostacolo; Swanson si fa apprezzare quale novello tenore di grazia. Il basso-baritono Erwin Schrott è un Don Profondo sicuro di sé, dalla voce un po’ chiara ma omogenea e ben proiettata: «Medaglie incomparabili» garantisce l’effetto desiderato di prezioso divertissement catalogico (anche se l’interprete concede qualcosa di troppo all’emissione parlata e ai tic linguistici archetipici “ruggero-raimondiani”). Godibilissimi, come sempre, gli interventi dei baritoni Nicola Alaimo (Barone di Trombonok) e Vito Priante (Don Alvaro). Insoddisfacente, invece, la prova del basso-baritono Michael Mofidian, nella parte di Lord Sidney (già ascoltato quest’anno come Fenicio nell’Ermione): perché, se quasi tutte le note superiori alla zona di passaggio difettano vistosamente di intonazione nell’aria «Invan strappar dal core», il pubblico gli tributa un notevole applauso? La scarsa musicalità si può anche camuffare, ma le note fisse e le stonazioni sono mancanze oggettive, che occorre rilevare (al pari del flauto di Giampaolo Pretto, che magnificamente introduce e accompagna la scena). Si disimpegnano bene tutti gli altri solisti e benissimo il Coro del Teatro Ventidio Basso preparato da Giovanni Farina. Mai come quest’anno il concerto conclusivo del festival sembra essere un’occasione di ponderazione del fatto e previsione sul da farsi. Se l’edizione 2025 è già predisposta, con un bel trinomio importante e composito (Zelmira, Il turco in Italia, L’italiana in Algeri), nello scritto che suggella quella attuale, ossia le pagine di Sergio Ragni nel programma di sala del Viaggio a Reims, si percepisce una certa nostalgia per i decenni delle grandi (ri)scoperte, unita però anche a un rimpianto amaro (alquanto sorprendente) sulle conseguenze attuali di tanti anni di lavoro storico-filologico e teatrale. «Nel panorama operistico internazionale Rossini è isolato, e oggi, nel 2024, si esegue poco», scrive Ragni, per poi concludere con una considerazione generale sulle regie teatrali: «Oggi si procede per affastellamento, sovraccaricando invece di alleggerire. E l’opera è diventata un campo libero nel quale il regista si sente autorizzato a sovrapporre, anche nel più melodrammatico melodramma, agli “orpelli sacrati alla scena” l’autocompiacimento esasperato e morboso delle proprie elucubrazioni mentali». C’è da sperare che, al di là del legittimo sfogo di un laudator temporis acti, questa presa di posizione preluda a proposte e progetti nuovi da parte del ROF, davvero al servizio della cultura musicale.   Foto © Amati Bacciardi