Paestum: Da Goethe all’Innovazione Digitale

Parco Archeologico di Paestum e Velia
PAESTUM: DA GOETHE ALL’ INNOVAZIONE DIGITALE
Finalmente […] potemmo riconoscere alcuni massi oblunghi e squadrati, che avevamo già notato da distante, come templi sopravvissuti e memorie di una città una volta magnifica” Goethe
Paestum, conosciuta nell’antichità come Poseidonia, ha una storia affascinante che si intreccia con la riscoperta del patrimonio antico da parte del mondo moderno. Dopo il trasferimento degli ultimi abitanti a Caput Aquis, la città rimase completamente abbandonata e dimenticata. La riscoperta storica e culturale di Paestum risale alla metà del XVIII secolo, grazie al conte Felice Gazola, comandante delle artiglierie del Regno di Napoli, che ne disegnò i templi e ne diffuse la fama, inserendo Paestum tra le tappe del Grand Tour frequentate da intellettuali e aristocratici europei. Inizialmente, l’interesse si concentrò sui monumenti visibili: i templi e le mura. Tuttavia, fu solo nel XX secolo che si cominciò a scavare per scoprire l’intera città sepolta. Purtroppo, a causa della costruzione della strada via Magna Graecia (ex SS 18) nel 1829, che tagliò in due la città antica, furono realizzate aperture nella cinta muraria, una decisione che portò al rinvio a giudizio del direttore dei lavori per il mancato rispetto del patrimonio storico-monumentale. Johann Wolfgang von Goethe, uno dei più grandi scrittori tedeschi, fu profondamente colpito dalle rovine di Paestum durante il suo viaggio in Italia nel 1787. Nel suo famoso diario di viaggio, “Viaggio in Italia”, Goethe descrive Paestum come un luogo di straordinaria bellezza e imponenza, con i suoi templi dorici che emergono maestosamente dalla pianura campana. La sua visita segnò un momento significativo nella riscoperta europea dell’arte e dell’architettura greca, influenzando il movimento neoclassico. Fondata dai coloni greci di Sibari intorno al 600 a.C., Poseidonia prosperò come uno dei principali centri della Magna Grecia. Successivamente, cadde sotto il dominio lucano e, nel 273 a.C., divenne una colonia romana con il nome di Paestum. La città mantenne la sua importanza durante l’epoca romana, ma gradualmente declinò nel medioevo, fino a essere quasi dimenticata. Le rovine furono riscoperte solo nel XVIII secolo, riemergendo come uno dei siti archeologici più importanti del mondo antico. Nella zona occidentale dell’antica città di Poseidonia, ribattezzata dai romani come Paestum e oggi sito archeologico nel comune di Capaccio, in provincia di Salerno, è in corso una campagna di scavo stratigrafico che ha portato alla luce due templi greci di stile dorico. Questi edifici sacri consentono di fare nuova luce sulle origini e lo sviluppo urbanistico della polis magnogreca e forniscono dati cruciali per comprendere l’evoluzione dell’architettura dorica a Poseidonia e in Magna Grecia. Il primo tempio, intercettato nel giugno del 2019 e indagato a partire da settembre del 2022, si data ai primi decenni del V secolo a.C. e costituisce un assoluto unicum dell’architettura templare dorica. Conservato nelle porzioni dello stilobate e del crepidoma, misura 11.60×7.60 m., con una peristasi di 4×6 colonne. Indagini recenti hanno rivelato che all’interno della struttura templare sono stati reimpiegati, probabilmente a scopo rituale, 14 capitelli dorici frammentari e altri materiali architettonici, suggerendo l’esistenza di un tempio più antico risalente al VI secolo a.C. Questo tempio, di dimensioni modeste ma con caratteristiche architettoniche significative, fu sostituito da un nuovo tempio all’inizio del V secolo a.C. Le recenti scoperte a Paestum non si limitano all’architettura dei templi ma ampliano notevolmente la conoscenza dell’impianto urbanistico della città. Dietro il tempio scoperto è stato individuato il tracciato di una strada battuta parallela al tempio, documentando che alla fine del VI secolo a.C., Poseidonia non era ancora dotata di mura difensive. In un periodo di forte crescita e monumentalizzazione della polis, i coloni edificarono un santuario in un luogo strategico, visibile dal mare e a protezione dello spazio urbano. L’importanza di questo spazio sacro è confermata dalle sue complesse fasi edilizie e dalla sua lunga e ininterrotta frequentazione, che segna una fondamentale continuità di culto attraverso le epoche greco-lucana e romana. Il Museo Archeologico di Paestum, situato accanto al sito archeologico, ha una storia affascinante che risale agli anni Trenta del secolo scorso. La costruzione del museo fu spinta dalla necessità di ospitare le splendide metope, ovvero i pannelli in pietra figurati, del Santuario di Hera alla foce del Sele. Fu Amedeo Maiuri, allora soprintendente, a commissionare il progetto all’architetto Marcello de Vita. Sebbene la guerra abbia ritardato l’inizio dei lavori, l’edificio di impronta razionalista fu inaugurato nel 1952. Da allora, le metope sono esposte in modo che i visitatori possano ammirarle dal basso, come facevano gli antichi. Il museo ha accolto tutti i materiali degli scavi nella città, nei santuari e nelle necropoli, che fino a quel momento erano stati ospitati nell’Antiquarium del settecentesco Palazzo De Maria, accanto alla Basilica Paleocristiana. Le collezioni del Museo Archeologico di Paestum si arricchirono rapidamente grazie alle campagne di scavo del dopoguerra. Nel 1959 fu realizzata la Sala Metope per ospitare ulteriori metope e materiali rinvenuti all’Heraion del Sele. Tra il 1968 e il 1970, fu aggiunta la Sala Santuari e altre sale affacciate sul Giardino di Hera, ispirato allo stile di Carlo Scarpa. L’ultimo ampliamento, immediatamente successivo, ospita la Tomba del Tuffatore scoperta nel 1968. Per “dialogare” con il Tuffatore, Mario Napoli commissionò nel 1972 un’opera a Carlo Alfano, composta da cinque cilindri, prima installazione di arte contemporanea in un museo archeologico in Italia. Il Museo Archeologico di Paestum è stato recentemente rinnovato per migliorare l’esperienza dei visitatori. Il nuovo allestimento offre percorsi interattivi e multimediali che permettono di esplorare la storia della città attraverso reperti archeologici, ricostruzioni virtuali e installazioni audiovisive. Una delle innovazioni più significative è l’uso della realtà aumentata, che consente ai visitatori di vedere come apparivano i templi e gli edifici nel loro antico splendore. Per rendere Paestum ancora più famosa e accessibile, è stata lanciata una vasta campagna digitale. Le piattaforme social sono utilizzate per condividere aggiornamenti sugli scavi, eventi speciali e nuove esposizioni, creando una comunità globale di appassionati e studiosi. Photocredit @MassimoListri