Martina Franca, Cortile del Palazzo Ducale, 50° Festival della Valle d’Itria 2024
“ALADINO E LA LAMPADA MAGICA”
Fiaba lirica in tre atti e undici quadri su libretto di Vinci Verginelli
Musica di Nino Rota
Aladino MARCO CIAPONI
Il Mago Magrebino, Il Re MARCO FILIPPO ROMANO
La principessa Badr-al-Badur CLAUDIA URRU
La madre di Aladino ELEONORA FILIPPONI
Il genio dell’anello ALEKSANDR ILVAKHIN
Il gran ministro ROCCO CAVALLUZZI
L’orafo OMAR CEPPAROLLI
Il primo compagno di Aladino PEPE HANNAN
Il secondo compagno di Aladino DAVIDE ZACCHERINI
Il terzo compagno di Aladino ZACHARY McCULLOCH
Un’ancella di Badr-al-Badur ANASTASIA CHURAKOVA
Il genio della lampada GIOVANNI ACCARDI
Danzatori Emanuele Boldetti, Samuel Moretti
Orchestra e coro del Teatro Petruzzelli di Bari
Coro di voci bianche della Fondazione Paolo Grassi
Direttore Francesco Lanzillotta
Maestro del coro Marco Medved
Maestro delle voci bianche Angela Lacarbonara
Regia e movimento coreografico Coro di voci bianche della Fondazione Paolo Grassi
Scene e costumi Leila Fteita
Disegno luci Pietro Sperduti
Nuova produzione del Festival della Valle d’Itria
Martina Franca, 27 luglio 2024
Dopo l’omaggio all’edizione storica della Norma allestita nel 1977 il Festival della Valle d’Itria torna indietro a quel suo terzo anno di vita ricordando la presenza di Nino Rota che diresse Rabelaisiana per voce e orchestra. Come nel 1981 un convegno fu abbinato all’allestimento del Cappello di Paglia di Firenze, così questo 27 luglio la ‘prima’ di Aladino è stata preceduta da una giornata di studi sulla musica rotiana che a Martina Franca ha risuonato anche nel 2010 con Napoli milionaria. Il milanese Nino Rota è stato un pugliese di adozione per vicende biografiche (ha diretto per molti anni il Conservatorio di Bari e ha voluto quello di Monopoli, a lui oggi intestato) e il festival martinese per il suo 50° anniversario sceglie di inglobarlo tra quei compositori legati al territorio che da sempre si è prefisso di valorizzare. I melodrammi di Rota hanno costituito, inoltre, uno dei pochi sconfinamenti del Festival della Valle d’Itria nell’operismo del secondo ‘900, esempi radiosi di come anche quella stagione creativa sia stata feconda sul fronte melodrammatico. La regia di Rita Cosentino ha voluto chiarire il genere di appartenenza, la ‘fiaba lirica’, avviando lo spettacolo – prima del classico ‘c’era una volta’, intonato dal Coro di voci bianche della Fondazione Paolo Grassi (preparato da Angela Lacarbonara) – con una pantomima muta in cui un bambino estrae da un’enorme libreria bianca il testo della famosa fiaba delle Mille e una notte iniziando a leggerlo. La struttura della libreria è ottenuta ruotando quella usata dalla stessa regista per Norma e infatti anche in questo caso si genera un effetto di staticità che attanaglia l’intero spettacolo; tuttavia, a ovviare questo problema giungono da un lato le invenzioni coreografiche dei due ballerini Emanuela Boldetti e Samuel Moretti, dall’altro le opportune aperture delle scaffalature che in varie occasioni mostrano agli spettatori immagini allusive all’ambientazione del dramma: la grotta incantata, il palazzo del sultano, etc. Anche dalle due strette porte inserite nell’immensa biblioteca si intravedono gli ambienti fiabeschi che la regista sceglie così di lasciare all’immaginazione del pubblico, i cui occhi sono invece saziati dall’esuberanza cromatica e dalla bellezza dei costumi di Leila Fteita, pensati come un corrispettivo della musica di Rota che in tante occasioni della partitura allude al mélos d’Oriente. Il vero ‘colore’ di quest’opera risiede nella musica che qui tocca vette di complessità inedite (del resto, pur alludendo al genere della fiaba, il testo di Vinciguerra cela continui rimandi alla filosofia esoterica) sia sul piano delle armonie sia su quello della strumentazione. Impeccabile la direzione di Francesco Lanzillotta nel guidare l’ottima Orchestra del Teatro Petruzzelli, raffinatissima negli incisi solistici, compatta e coesa, meritoria in tutte le sue sezioni del massimo plauso. Ottimo anche il cast a partire dalla prova di Marco Ciaponi nei panni del protagonista. Perfetta la resa del doppio personaggio del Mago e del Re da parte del basso siciliano Marco Filippo Romano, che alla voce potente, di gran pasta, affianca una spiccata verve attoriale. Claudia Urru è una Principessa Badr-al-Badur che si distingue per raffinatezza e pulizia di emissione oltre che per una corposità, avvantaggiata dall’impeccabile proiezione. Rocco Cavalluzzi (Il Gran Ministro) è molto bravo per la caratterizzazione del personaggio e la preparazione vocale, doti estese, seppur in misura variabile, al resto della compagnia. Nonostante l’opera non sia di facile ascolto per la continua densità musicale e per una costruzione melodrammaturgica di tipo paratattico il pubblico, numerosissimo, ha tributato agli interpreti il suo entusiasmo, del tutto consapevole di aver assistito a un’operazione di riscoperta rara e preziosa. Foto Clarissa Lapolla