Joseph Boulogne Chevalier de Saint-George (1745 – 1799): “L’amant anonyme” (1780)

Opéra-comique in due atti su testo di François Guillome Desfontaines. Nicole Cabell (Léontine), Geoffrey Agpalo (Valcour), David Govertsen (Ophémon), Erica Schuller (Jeannette), Michael St. Peter (Colin), Nathalie Colas (Dorothée). Haymarket Opera Orchestra, Craig Trompeter (direttore). Registrazione: Sasha and Eugene Jarvis Opera Hall at DePaul University (Chicago), 20-22 giugno 2022. 3 CD Cedille Record
Joseph Boulogne Chevalier de Saint-George è una figura da romanzo capace di essere al contempo quasi un unicum nella storia europea del tempo e il paradigma di tante esistenze di giovani nobili trovatesi a vivere l’esperienza della rivoluzione. Nato probabilmente nel 1739 in Guadalupa da un nobile francese e da una schiava africana, molto verosimilmente senegalese, venne di fatto adottato dal padrino George Boulogne de Saint-Georges. La sua origine non rappresentò un ostacolo per la formazione del giovane nobile che ebbe accesso alla miglior istruzione possibile per un rampollo dell’aristocrazia francese. Perfetto gentiluomo di corte vicino a posizioni progressiste e illuministe – fu membro della loggia massonica “Les Neuf Sœurs” – e impareggiabile spadaccino fu però soprattutto un musicista di assoluto talento. Allievo di Gossec e amico di Mozart riuscì a raggiungere nel 1771 il grado di maestro del Concert des Amateurs e più tardi direttore dell’Opéra potendo contare sull’appoggio di Maria Antonietta.
Virtuoso del fioretto e del violino il “Mozart nero” come veniva chiamato si trovò a un certo punto a vivere il dramma della rivoluzione. D’idee illuminate fu tra quei nobili che appoggiò la causa rivoluzionaria. Vicino a La Fayette entro nella Guarde nationale già nel 1790 svolgendo incarichi importanti sul delicato fronte renano. Passato indenne – pur attraverso non poche peripezie – attraverso la stagione del Terrore cercò di riacquisire un maggior ruolo sotto il Direttorio ma mal visto da Barras e da Bonaparte fu progressivamente marginalizzato Si spense nel 1799 forse per un’infezione trascurata.

Oltre la vita da romanzo quello che resta di Saint-George è una parte – purtroppo assai limitata – della produzione musicale che ancora deve in buona parte essere riproposta. Violinista di sommo talento e maestro della scrittura orchestrale Saint-George si cimentò anche nel teatro ma purtroppo solo un’opéra comique “L’amant anonyme” del 1780 è sopravvissuta e finalmente arriva alla sua prima registrazione discografica.
Prima di porsi all’ascolto della musica di Saint-George bisogna per prima cosa mettere da parte qualunque curiosità esotica relativa alle sue origine. Saint-George era un afro-europeo ma a differenze di altre figure di analoga origine non appare come portatore di un doppio retaggio culturale. La sua formazione, la sua visione del mondo e la sua arte sono quelle di un aristocratico francese del tempo e per quanto si cerchi neppure la minima eco troveremmo di componenti esotiche. Quella che si ascolta è una musica brillante e splendidamente scritta in cui traspare tutto lo spirito vitale della corte di Luigi XVI. Un linguaggio musicale ibrido in cui su una base autenticamente francese – si noti l’importanza anche a livello narrativo delle lunghe sezioni danzate – si aggiungono forti suggestioni italiane e viennesi.
La registrazione per l’etichetta Cedille Record – distribuita in Europa da Naxos -documenta la ripresa dell’opera da parte di una compagnia privata di Chicago, la Haymarket Opera Company sicuramente meritevole sia per la ripresa sia per l’impegno posto nella realizzazione ma che ovviamente resta a un livello più modesto rispetto a quanto avrebbe potuto fare un grande teatro ufficiale. Sul piano editoriale insolita la scelta di aggiungere un terzo CD in cui vengono riproposti i brani musicali dell’opera con il taglio di tutti i recitativi parlati.
L’orchestra della compagnia è diretta con slancio e ottimo senso dello stile da Craig Trompeter. Si tratta di un’esecuzione con strumenti moderni ma che mostra una buona attenzione alla prassi esecutiva dell’epoca e, al netto di qualche pesantezza, appare nel complesso briosa e vitale. La registrazione è buona specie considerando che si tratta di una ripresa dal vivo. Manca quella punta di autenticità cui ci hanno abituato tante compagini filologiche ma l’ascolto risulta godibile.
Riflessioni simili si possono fare per la compagnia di canto in cui si apprezzano un impegno e una convinzione ammirevoli ma in cui mancano non solo talenti più cristallini ma anche quella naturalezza stilistica cui ci hanno abituato gli autentici specialisti.
Nicole Cabell affronta la protagonista Léontine con grande slancio. La voce è solida e robusta. Dal colore brunito e con buona omogeneità in tutta la gamma. Regge bene una scrittura che in più punti guarda ai modelli dell’opera seria italiano. Le colorature sono eseguite con correttezza. Come tutti gli interpreti mostra un notevole lavoro sulla dizione francese che risulta corretta ed efficacie pur non nascondendo una certa artificiosità. L’amato Valcour è Geoffrey Agpalo. Tenore dal timbro scuro e brunito, fin troppo per una parte come questa, canta con grande convinzione ma è innegabile che manchino un po’ di eleganza e leggerezza. Il timbro all’inizio suscita qualche perplessità ma ci si abitua con il prosieguo dell’ascolto.
David Govertsen dispone di una notevole voce di basso baritono con cui da giusto rilievo al precettore Ophémon. Purtroppo l’emissione non è sempre corretta e sacrifica un materiale decisamente interessante.
La coppia buffa Jeannette e Colin è affidata a Erica Schuller e Michael St. Peter che con le loro voci più leggere e squillanti creano il giusto contrasto con i protagonisti seri. Completa il cast la Dorothée corretta e un po’ anonima di Nathalie Colas.
L’edizione della Haymarket Opera Company è sicuramente uno stuzzicante aperitivo e non resta che attendere che altre istituzioni portino la loro attenzione sulla musica di Sant-George e su quest’opera la cui qualità musicale compensa ampiamente l’inconsistenza del libretto tratto da una commedia di Madame de Genlis e che soffre dell’assenza di un’autentica tensione drammatica che prescinda dagli avvitamenti psicologici dei protagonisti.