Bayreuther Festspiele 2024
“TRISTAN UND ISOLDE”
Azione in tre atti. Musica e libretto di Richard Wagner
Tristan ANDREAS SCHAGER
Isolde CAMILLA NYLUND
Kurvenal OLAFUR SIGURDALSON
König Marke GÜNTHER GROISSBÖCK
Brangäne CHRISTA MAYER
Melot BIRGER RADDE
Ein Hirt DANIEL JENZ
Ein Steuermann LAWSON ANDERSON
Stimme eines junges Seemans MATTHEW NEWLIN
Orchestra e Coro dei Bayreuther Festspiele
Orchestra e Coro dei Bayreuther Festspiele
Direttore Semyon Bychkov
Maestro del Coro Eberhard Friedrich
Regia Thorleifur Örn Arnarsson
Scene Vytautas Narbutan
Costumi Sybille Wallum
Drammaturgia Andri Hardmeier
Luci Sasha Zauner
Nuovo allestimento
Bayreuth, 3 agosto 2024
Per uno come me, innamorato della musica di Wagner sin da quando ero un ragazzino, il viaggio a Bayreuth costituisce ogni anno una tappa estiva obbligatoria. Assistere ai drammi musicali wagneriani nel teatro voluto e concepito dal Maestro per adempiere a tutte le esigenze richieste dalla sua musica, dopo aver salito la collina vedendo la sagoma del Festspielhaus che si svela poco a poco e aver sentito le fanfare che dalla terrazza danno il segnale dell’ inizio: tutto questo contribuisce a formare un’ esperienza assolutamente unica e imperdibile per chi ami veramente le opere del compositore di Leipzig. La relativa scomodità della sala è compensata abbondantemente dall’ acustica favolosa, davvero unica nel suo genere, che consente di percepire anche i minimi dettagli della strumentazione e aiuta moltissimo l’ espansione delle voci a motivo della fossa orchestrale profonda e coperta da un tetto a forma di conchiglia. Ne risulta un impasto timbrico assolutamente unico nel suo genere e diverso da quello di qualunque altro teatro al mondo.
Per uno come me, innamorato della musica di Wagner sin da quando ero un ragazzino, il viaggio a Bayreuth costituisce ogni anno una tappa estiva obbligatoria. Assistere ai drammi musicali wagneriani nel teatro voluto e concepito dal Maestro per adempiere a tutte le esigenze richieste dalla sua musica, dopo aver salito la collina vedendo la sagoma del Festspielhaus che si svela poco a poco e aver sentito le fanfare che dalla terrazza danno il segnale dell’ inizio: tutto questo contribuisce a formare un’ esperienza assolutamente unica e imperdibile per chi ami veramente le opere del compositore di Leipzig. La relativa scomodità della sala è compensata abbondantemente dall’ acustica favolosa, davvero unica nel suo genere, che consente di percepire anche i minimi dettagli della strumentazione e aiuta moltissimo l’ espansione delle voci a motivo della fossa orchestrale profonda e coperta da un tetto a forma di conchiglia. Ne risulta un impasto timbrico assolutamente unico nel suo genere e diverso da quello di qualunque altro teatro al mondo.
Tra gli spettacoli a cui ho assistito durante il mio soggiorno nella cittadina bavarese, più precisamente situata nella Franken, zona settentrionale del Freistaat, il più impostante era sicuramente il nuovo allestimento del Tristan und Isolde che ha sostituito dopo solamente due anni la pregevole produzione ideata da Roland Schwab. La nuova messinscena era affidata al regista islandese Thorleifur Örn Arnarsson, conosciuto in Germania per le sue produzioni di lavori di prosa in teatri importanti come lo Schauspiel Hannover, il Burgtheater Wien, il Thalia Theater Hamburg e la Volksbühne Berlin, dove è stato per due anni Schauspieldirektor. Purtroppo la parta visiva dello spettacolo è risultata una mezza delusione. La regia era a mio avviso piuttosto mediocre e impacciata e nello svolgersi del racconto teatrale sembrava evidente che Arnasson, trovandosi alle prese con una drammaturgia essenziale e scarna come quella del Tristan und Isolde, talmente particolare e ridotta all’ osso che l’ autore stesso la definisce Handlung in drei Aufzügen e non dramma musicale, abbia presentato una realizzazione scenica piuttosto banale di tutti i complessi problemi contenuti della concezione teatrale pensata da Wagner. Le immagini sceniche inoltre apparivano piuttosto brutte e antiestetiche, in particolare quelle del secondo e terzo atto dove la sovrabbondante presenza di oggetti evocava l’ atmosfera di una rigatteria piuttosto che quella di un dramma di amore e morte. Riassumendo, si è trattato decisamente di un passo indietro rispetto alla precedente produzione bayreuthiana dell’ opera, che a me era sembrata molto più funzionale e risolta nella realizzazione.
Anche la parte musicale non ha pienamente soddisfatto. Semyon Bichkov, che tornava nuovamente a far musica nella buca orchestrale del Festspielhaus dopo il Parsifal di qualche anno fa, ha diretto in maniera abbastanza convincente, con il giusto grado di passionalità e una scrupolosa ricerca di colori orchestrali vari e raffinati. Dopo un primo atto ben eseguito ma piuttosto impersonale, la sua interpretazione prendeva slancio sino ad arrivare a un terzo atto davvero notevole per carica teatrale e senso sublimato della sofferenza. In sintesi, possiamo dire che si trattava di una direzione di notevole qualità, musicalmente matura e molto meditata. Per quanto riguarda la compagnia di canto, ci siamo trovati di fronte a una serie di pregi e difetti. Camilla Nylund, che debuttava la parte di Isolde, ha cantato con sicurezza e disinvoltura, ma anche con una pronuncia assai poco curata, tanto che in molti punti si faceva fatica a percepire le parole del testo. Andreas Schager, il miglior tenore wagneriano dei nostri tempi, ha gestito la voce in maniera abbastanza prudente nei primi due atti. Così facendo ha potuto superare senza problemi le tremende difficoltà vocali del terzo atto, trovando anche belle sfumature di fraseggio nei due monologhi. Poco interessanti sono sembrate la prestazioni di Olafur Sigurdalson (Kurwenal) e Christa Mayer (Brangäne), le cui voci suonavano entrambe abbastanza grige e anonime. Completamente sfalsata era la caratterizzazione di Re Marke presentata dal basso altoatesino Günther Groissböck, che ha cantato con un tono rabbioso quasi da Canio il monologo in cui il vecchio re dovrebbe esprimere la delusione e l’ amarezza provata di fronte al tradimento compiuto dal suo migliore amico. Non so se questa sia stata un’ idea del cantante oppure del direttore o del regista, ma in ogni caso si trattava di un completo travisamento del carattere della parte. Buona la prova delle parti di fianco e alla fine una lode speciale va attribuita alla stupenda orchestra dei Bayreuther Festspiele, la cui bravura è esaltata al massimo dalla sensazionale acustica del teatro che permette di percepire tutte le più piccole sfumature strumentali. Anche per questo motivo, assistere a una recita dei Bayreuther Festspiele costituisce un’ esperienza davvero unica. Foto ©Enrico Nawrath
Anche la parte musicale non ha pienamente soddisfatto. Semyon Bichkov, che tornava nuovamente a far musica nella buca orchestrale del Festspielhaus dopo il Parsifal di qualche anno fa, ha diretto in maniera abbastanza convincente, con il giusto grado di passionalità e una scrupolosa ricerca di colori orchestrali vari e raffinati. Dopo un primo atto ben eseguito ma piuttosto impersonale, la sua interpretazione prendeva slancio sino ad arrivare a un terzo atto davvero notevole per carica teatrale e senso sublimato della sofferenza. In sintesi, possiamo dire che si trattava di una direzione di notevole qualità, musicalmente matura e molto meditata. Per quanto riguarda la compagnia di canto, ci siamo trovati di fronte a una serie di pregi e difetti. Camilla Nylund, che debuttava la parte di Isolde, ha cantato con sicurezza e disinvoltura, ma anche con una pronuncia assai poco curata, tanto che in molti punti si faceva fatica a percepire le parole del testo. Andreas Schager, il miglior tenore wagneriano dei nostri tempi, ha gestito la voce in maniera abbastanza prudente nei primi due atti. Così facendo ha potuto superare senza problemi le tremende difficoltà vocali del terzo atto, trovando anche belle sfumature di fraseggio nei due monologhi. Poco interessanti sono sembrate la prestazioni di Olafur Sigurdalson (Kurwenal) e Christa Mayer (Brangäne), le cui voci suonavano entrambe abbastanza grige e anonime. Completamente sfalsata era la caratterizzazione di Re Marke presentata dal basso altoatesino Günther Groissböck, che ha cantato con un tono rabbioso quasi da Canio il monologo in cui il vecchio re dovrebbe esprimere la delusione e l’ amarezza provata di fronte al tradimento compiuto dal suo migliore amico. Non so se questa sia stata un’ idea del cantante oppure del direttore o del regista, ma in ogni caso si trattava di un completo travisamento del carattere della parte. Buona la prova delle parti di fianco e alla fine una lode speciale va attribuita alla stupenda orchestra dei Bayreuther Festspiele, la cui bravura è esaltata al massimo dalla sensazionale acustica del teatro che permette di percepire tutte le più piccole sfumature strumentali. Anche per questo motivo, assistere a una recita dei Bayreuther Festspiele costituisce un’ esperienza davvero unica. Foto ©Enrico Nawrath