Roma, Teatro dell’Opera, Stagione 2023/2024
“IL LAGO DEI CIGNI”
Balletto in un prologo e quattro atti
Musica Pëtr Il’ič Čajkovskij
Coreografia Benjamin Pech (da Marius Petipa e Lev Ivanov)
Assistenti coreografo Isabelle Guerin, Gillian Whittingam
Odette/Odile REBECCA BIANCHI
Benno MATTIA TORTORA
Principe Siegfried ALESSIO REZZA
La Regina FRANCESCA BERTACCINI
Due Cigni Grandi FLAVIA MORGANTE, ARIANNA TIBERI
Quattro Cigni Piccoli GIOVANNA PISANI, FLAVIA STOCCHI, GIORGIA CALENDA, SARA LORO
Étoiles, Primi ballerini, Solisti, Corpo di ballo e orchestra del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Koen Kessels
Violino Solo Vincenzo Bolognese
Scene e costumi Aldo But
Luci Vinicio Cheli
Roma, 23 giugno 2024
Dopo la prima assoluta nel 2018, a fine giugno è stato ripreso al Teatro Costanzi il balletto Il lago dei cigni nella revisione-rilettura del coreografo Benjamin Pech. Partendo dalla sensibilità personale oltre che tentando di riportare alla luce la reale natura dei sentimenti impressi dal compositore russo nella lirica partitura, Pech – che all’Opéra di Parigi ebbe occasione di danzare nei ruoli di Siegfried e di Rothbart nella versione di Nureyev – imprime una netta connotazione psicologica ai ruoli maschili. Da un lato vi è il principe Siegfried, che annaspa malinconicamente nella propria introversione e mal percepisce gli incitamenti della madre a prendere moglie. Dall’altro vi è l’amico d’infanzia Benno, mosso da sentimenti di rivalità. Di Rothbart scompare persino il nome nell’elenco dei personaggi. Al coreografo, infatti, non interessa il misticismo fiabesco, ma quanto della realtà contemporanea trapeli nel racconto originale. Ciò non implica, tuttavia, la scomparsa degli atti bianchi o degli espedienti fiabeschi. Il balletto è anzi preceduto da un Prologo in cui la giovane principessa Odette vaga nel bosco con un mazzo di fiori in mano e dopo aver incontrato un uomo con una balestra tra le mani che si trasforma in un rapace prende anch’ella le sembianze di un cigno. Lungo, quasi a voler amplificare la dimensione del reale, è il primo atto ambientato in regale palazzo disegnato con cura da Aldo Buti, che tra il sontuoso fluttuare delle gonne lunghe verdi e blu dispone i due amici donando a Benno – interpretato da Mattia Tortora – una sfumatura simile ma decisamente più opaca nel costume. Imponente è la figura della Regina madre (Francesca Bertaccini ) che avanza maestosamente nel suo costume blu elettrico con ricami dorati. A lei appartiene esclusivamente il linguaggio della pantomima, che si distingue qui per semplicità e chiarezza, indicando l’anulare per invitare il figlio a prendere le responsabilità dell’età adulta. Del resto, nelle sembianze del danzatore-étoile Alessio Rezza, Siegfried dopo una vivace entrée giocosa si mostra assorto nei suoi pensieri. Poco lo coinvolge il pas de trois di Benno con le amiche. Quando danzerà nuovamente in una variazione, a prevalere saranno le pose écarté di spalle, simboleggianti la sua ritrosia. Resta allora solo il dono della balestra e la complicità con Benno a far sperare in un cambiamento emotivo. E dunque il secondo atto legato da un semplice cambio scena al primo è un’espressione del mondo interiore di Siegfried, con le sue visioni e i suoi vagheggiamenti. Quando Odette-Rebecca Bianchi entra in scena si distingue per un’aura magica, che fa intravedere nelle sue movenze di cigno una raffinata femminilità. Siegfried inizialmente osserva in disparte, ma poi si unisce a lei nella speranza che ella incarni il suo ideale di felicità. La coppia da loro formata si incornicia nelle ipnotiche danze del corpo di ballo, che alterna rigide file a morbidi movimenti in cerchio. Alle spalle un’isola minacciosa, su cui si erge nei momenti più cupi della musica il rapace dell’inizio, richiamando all’indietro con una speciale forza magnetica la figura di Odette. Dopo l’intervallo si torna alla realtà della vita di palazzo e dopo il divertissement di danze di carattere rilette coreograficamente da Pech, Siegfried sembra pronto ad aderire alle aspettative materne unendosi ad una delle pretendenti. Ma è una disperata illusione. Nell’altera interpretazione di Odile-Bianchi Siegfried cerca di riscontrare la personificazione dei suoi ideali. Cosa impossibile, perché le ammalianti linee di Odile sono ormai diverse dal trepido incedere di Odette. E quando l’inganno è ormai evidente non resta che tornare sulle rive del lago per fare chiarezza. La danza dei cigni dona pienezza visiva alla maestosità della musica, Odette si dibatte tra le spire del rapace e gli abbracci del Principe. Ma a tutto ciò non segue una conclusione soprannaturale. A risolvere il tutto è la balestra donata nel Primo atto, che dopo essere stata simbolo di ricerche intellettuali ha la funzione di riportare i protagonisti nella realtà. Siegfried in un impeto di determinazione cerca di colpire Benno. Quest’ultimo retrocede nella sua viltà. Di Odette non resta che uno scheletro disanimato. E il perdono serve per riconciliarsi con una realtà che tradisce sempre le più nobili aspirazioni. Foto Fabrizio Sansoni-Teatro dell’Opera di Roma