Roma, Accademia Nazionale di Danza: ” Alter- Azioni. Indagini fra i modi della creazione contemporanea”

Roma, Accademia Nazionale di Danza, Proposta Artistica della Scuola di Coreografia 2024
“ALTER-AZIONI. INDAGINE FRA I MODI DELLA CREAZIONE CONTEMPORANEA”
So Looks
Coreografia Merce Cunningham
Arrangiamento e Ricostruzione Patricia Lent coadiuvata da Dino Verga con il supporto di Luca Russo e Stefania Brugnolini
Musica Paolo Demitry e Federico Di Maio
Interpreti I Biennio Compositivo
Prima esecuzione 30 dicembre 1979 – Merce Cunningham Studio, New York City
In Essere
Coreografia II Biennio Compositivo (dagli elaborati coreografici del modulo Coreografia: Progetto Individuale condotto da Alessandra Sini)

Musica II Biennio Compositivo
Interpreti II Biennio Compositivo
Synthesis
Coreografia Giselda Ranieri
Musica Francesco De Rubeis
Interpreti I Triennio Tecnico-Compositivo
Referente AND Francesca La Cava
Assistente AND Alessandro Certini
Tera – 1012
Concept e coreografia Simona Bertozzi
Assistente alla creazione Lucia Guarino
Musica Marco Ariano; Brian Eno & amp; Rich Holland
Interpreti II Triennio Tecnico-Compositivo
Referente e Assistente AND Ketty Russo
The Nothing Garden
Coreografia Fabrizio Favale
Assistente Daniele Bianco
Musica Colin Stetson e Brighde Chaimbeul; M83
Interpreti III Triennio Tecnico-Compositivo
Referente AND Alessandra Sini
Assistente AND Alessandra Di Segni
Roma, 12 luglio 2024
Un’indagine scientifica sulla corporeità e i suoi processi di movimento nella relazione con la dimensione spaziale è stata condotta nella serata dell’Accademia Nazionale di Danza dedicata alla Proposta Artistica della Scuola di Coreografia. Il rapporto con l’eredità novecentesca si mantiene sempre vivo, come dimostra la prima coreografia, 50 Looks, costruita da Merce Cunningham nel 1979 a partire da una tavolozza di movimenti composta da 50 posizioni fisse. Come chiarisce il programma di sala, nel creare il loro alternarsi è stata utilizzata la metodologia della chance operation, seguendo la quale alcune posizioni sono state eseguite più volte, altre una sola, e altre ancora non sono state del tutto utilizzate. Nella seconda coreografia, In Essere, realizzata dagli studenti del II Biennio Compositivo guidati da Alessandra Sini, si passa ad esplorare la “natura mutevole” e dunque “in essere” dello spazio attraverso la gestualità volumetrica dei corpi, il contatto con il pavimento, le pose, la composizione dei danzatori in gruppi e l’uso coreografico suggestivo delle luci. Il terzo pezzo, Synthesis, vuole essere un invito a staccarsi dall’analisi della logica compositiva, per osservare come attraverso “il gusto per l’ironico e l’assurdo” si riesca comunque a configurare una coreografia “ritmica”, “dinamica” e in cui non manca la corretta “concatenazione cinetica”. Gruppi di danzatori avanzano e indietreggiano compatti in diagonale, mentre singoli elementi si staccano per dar vita alla loro breve performance individuale. Si tratta infatti di un processo di “SynThesis”, ovvero della “ri-fusione, assimilazione e mescolamento di elementi vari – e variamente umani – che danno origine a un nuovo magma, gruppo, corpo sociale”. Nel quarto pezzo, Tera-1012, emerge infine uno dei nomi più conosciuti della scena coreografica attuale, quale Simona Bertozzi che nella sua coreografia si ispira al “numero di batteri che vivono sulla superficie della pelle umana”. La pelle è il confine corporeo con l’ambiente, con la luce, con l’acqua, e secondo la coreografa ispiratasi al tema della trasformazione proposto dall’Accademia Nazionale di Danza è anche un luogo di abitazione, di presenze vitali, di infiniti sconfinamenti. Il centro della coreografia è il concetto della relazione con l’altro da sé, che deve essere guidato dalla chiave dell’empatia. Nome molto noto anche quello di Fabrizio Favale, che firma l’ultimo pezzo della serata intitolato The Nothing Garden. Già dal titolo si percepisce qui l’importanza della dimensione scenica, realizzata attraverso l’uso teatrale di imponenti gonne lunghe nere e ramoscelli che paiono rimandare all’atmosfera ultraterrena di una Giselle in versione dark. L’effetto di straniamento è garantito dall’irruzione in scena di ferri da stiro e stendini. L’intento è quello di disegnare “un singolare paesaggio sospeso, evanescente, punteggiato qua e là da figure scure”, in sostanza “un giardino del nulla”. Alle architetture astratte del corpo si unisce il dialogo con gli oggetti scenici, che nel loro pur distante metaforismo ricordano la necessità di aprirsi alla comunicazione con il pubblico. Foto Federico Loreti