Novara, Teatro Coccia: “Aida” (cast alternativo)

Novara, Teatro Coccia, Stagione 2024
AIDA”
Opera in quattro atti su libretto di Antonio Ghislanzoni
Musica di 
Giuseppe Verdi
Il Re d’Egitto LUCA PARK
Amneris 
VERONICA SIMEONI
Aida
 SERENA FARNOCCHIA
Radamès JASON KIM
Amonasro GUSTAVO CASTILLO
Ramfis STEFANO PARADISO
Una Sacerdotessa ELENA MALAKHOVSKAYA
Un Messaggero DAVIDE LANDO
Orchestra Filarmonica Italiana
Schola Cantorum San Gregorio Magno
Direttore 
Marco Alibrando
Maestro del Coro Alberto Sala
Regia Alberto Jona
Scene Matteo Capobianco
Costumi Silvia Lumes
Coreografia Gérard Diby
Visual Designer Luca Attilii
Luci Ivan Pastrovicchio
Produzione Fondazione Teatro Carlo Coccia di Novara in collaborazione con Associazione Teatro Popolare di Sordevolo
Novara, Teatro Coccia 06 luglio 2024
Il novarese Teatro Coccia, avendo vinto, l’anno scorso, con il verdiano Nabucco, la sfida di portare nell’Arena della Passione di Sordevolo l’opera lirica, ci ha riprovato, ancora con Verdi, con AIDA uno dei titoli più emblematici dell’intero repertorio. Le improvvise frequenti piogge, marchio di quest’inizio d’estate, si sono messe di traverso per cui la seconda recita (la nostra) che comunque contava un tutto venduto, si è dovuta precipitosamente trasferire a Novara, al riparo della sala del Coccia. La circostanza, viste le incontrollabili mattane atmosferiche, era prevista e in largo senso organizzata, ciò però non è valso ad evitare una notte insonne degli organizzatori, la carovana dei trasferimenti, le difficoltà di stipare in un palcoscenico non enorme quanto allestito per lo spazio spropositato dell’Arena. Visto poi che, pur in tempi di informazioni on line, non sempre tutto funziona come fosse un orologio, diverse decine di possessori di biglietto sono rimasti “a terra”, a Sordevolo, di fronte a cancelli chiusi con tra le dita biglietti pagati ma non si sa se ulteriormente utilizzabili per le recite a venire. La sera del 6 luglio, il migliaio circa di spettatori giunti in qualche modo a Novara, ha occupato “alla rinfusa”, come richiesto dalle maschere, l’intera platea e le prime due file dei palchi. Ad un’accorata ed esauriente introduzione di Corinne Baroni, Direttrice artistica del teatro, è seguita un’introduzione allo spettacolo dell’ottimo Regista dello stesso: Alberto Jona. Sono state puntualizzate le difficoltà dello spostamento e a quanto si è dovuto rinunciare rispetto alla più completa versione “en plein air”. L’impostazione registica colloca l’azione in Egitto, nell’ottocentesco cantiere di scavi dell’illustre egittologo biellese Giovanni Battista Schiapparelli che, tra casse sovrabbondanti di reperti si immagina protagonista di una storia d’amore con la bella nubiana Aida. Tra le tante idee bislacche che allignano nell’odierno teatro d’opera è forse questa la meno contundente e quindi assolutamente accettabile. Numerose proiezioni, molto efficaci e molto colorate, forniscono, con gusto sicuro una precisa ambientazione all’azione e ne danno la giusta ed efficace temperie psicologica. Geroglifici e scrittura ieratica, le rive del fiume, piramidi ed intricati interni con rischiosi camminamenti. La parte musicale ha poi siglato perentoriamente l’esito felice della serata. Marco Alibrando è il giovane direttore d’orchestra messinese che conduce brillantemente, con la giusta veemenza e l’essenziale libertà interpretativa, l’Orchestra Filarmonica Italiana, collaboratrice super affidabile del Teatro Coccia. In tempi in cui le voci scontano, col declinare impietoso delle teste di serie, la presenza di pochissimi rincalzi, il gruppo, secondo cast della produzione, che ha calcato il palcoscenico novarese si è degnamente fatto valere. Spicca su tutti il bel timbro e l’appassionata vocalità dell’Aida di Serena Farnocchia in cui convive, con una raffinata educazione, una equilibrata passionalità. Non schiva gli scogli di una parte assai insidiosa, ma li sa aggirare con scaltra intelligenza. Veronica Simeoni ci dà un’Amneris volitiva e nervosa. La sua passione è più di calcolo che non di carne. Il “ti faccio vedere io chi sono” la domina e la tormenta. Il timbro, dalle sfumature androgine, la soccorre nel renderci il personaggio difficilmente dimenticabile. Entusiasma per giovanile vigore e per sprezzo del rischio l’Amonastro di Gustavo Castillo. Diaframma d’acciaio, polmoni da sub e suoni sfogati sprezzano i rischi che pur potrebbero annidarsi nelle pieghe della veemenza del suo canto. Sullo stesso piano il Radames di Jason Kim che pur qualche inciampo parrebbe averlo già incontrato. Lo squillo tenorile è bello e piacevole, la tenuta delle frasi, a tratti, si affanna. Ramfis, il basso Stefano Paradiso, nonostante un’indisposizione segnalata, porta bene in porto il suo operato. Come pure fanno Luca Park, il Re d’Egitto, Elena Malakhovskaya, la Sacerdotessa e Davide Lando che con prestazione maiuscola ci fa dimenticare le tante malefatte che nel ruolo di Messaggero si son sentite in tante occasioni. È stata anche assai pregevole e applaudita la prestazione del coro Schola Cantorum San Gregorio Magno sotto l’accorta direzione del Maestro Alberto Sala. Trionfale nel nome e nel fatto la prestazione degli ottoni, dell’Orchestra Sinfonica Italiana, che hanno infuocato sala e pubblico nel secondo atto. Le Danze dei Negretti, nel secondo atto, sono state abbozzate, con grazia, da fanciulli, forse della troupe dei figuranti in trasferta del Teatro Popolare di Sordevolo. Della stessa troupe, in processione tra il pubblico, con reperti antichi tra le mani, la rappresentazione della Marcia trionfale. Gli altri momenti di danza, il tempio del primo atto e il trionfo, sono stati affidati alla coreografia e al corpo sinuoso di un formidabile apprezzatissimo e applauditissimo Gèrard Diby. Doppiamente ammirevole e riuscito il lavoro dell’equipe tecnica che ha dovuto affrontare il “trasloco”: per le luci Ivan Pastrovicchio e Alberto Jona, il visual designer Luca Attilii e il Controluce Teatro D’Ombre; per la scena Matteo Capobianco, e per i bellissimi costumi Silvia Lumes. La recita, nonostante le traversie della location è stata senza inciampi ed inconvenienti, con un timing perfetto che ha consentito al pubblico, in maggioranza biellese, un rientro tranquillo. Gli applausi ci sono stati, per i singoli e per l’insieme, contenuti comunque in durata per evitare il rischio di successive corse spericolate tra le risaie. Ancora due recite con l’incognita della sede: venerdì 12 e sabato 13 luglio. Foto Mario Finotti e Anastasiya Tymofyeyeva