Napoli, Teatro di San Carlo, “Serata Jerome Robbins”  

Napoli, Teatro di San Carlo, stagione di Opera e Danza 2023/2024
“SERTA JEROME ROBBINS”
Coreografie Jerome Robbins riprese da Jean-Pierre Frohlich
“In the night”
Musica Fryderyk Chopin
Pianoforte Aniello Mallardo Chianese
Costumi Anthony Dowell
Luci Jennifer Tipton riprese da Kevin Briard
Primo Pas de Deux CANDIDA SORRENTINO, FERDINANDO DE RISO
Secondo Pas de Deux IRENE DE ROSA, GIUSEPPE AQUILA
Terzo Pas de Deux VITTORIA BRUNO, ALESSANDRO STAIANO
“Afternoon of a Faun”
Musica Claude Debussy
Scene e luci Jean Rosenthal, luci riprese da Kevin Briard
Costumi Irene Sharaff
Donna MARTHA FABBRICATORE
Uomo RAFFAELE VITTOZZI
“En Sol”
Musica Maurice Ravel
Pianoforte Lucio Grimaldi
Scene e costumi Erté
Luci Jennifer Tipton riprese da Kevin Briard
Pas de Deux MARTINA AFFATICATO, DANIELE DI DONATO
Orchestra, Étoiles, Solisti, Corpo di ballo e scuola di ballo del Teatro di San Carlo
Direttore Philippe Béran
Direttore del Balletto Clotilde Vayer
Napoli, 23 luglio 2024

Serata Jerome Robbins porta in scena un trittico che la Direttrice Clotilde Vayer (dal 1° settembre 2024 anche Direttrice della Scuola di Ballo) ha voluto proporre al San Carlo, in nome di una ‘necessità’ che, per la sua esperienza personale, rende Robbins una pietra miliare con la quale ogni danzatore dovrebbe confrontarsi, in nome di quella lezione a lei stessa lasciata dal coreografo, ovvero la continua ricerca della «formula per raggiungere la perfezione – o meglio la propria perfezione». Una scelta che senza dubbio arricchisce il repertorio del Teatro, i danzatori e il pubblico, anche se mette a nudo i problemi della danza a Napoli. In the Night, Afternoon of a Faun, En Sol) hanno visto la necessità – dettata da cause di forza maggiore nella serata che abbiamo seguito – di rendere solisti elementi che normalmente militano nel Corpo di ballo, con la conseguenza di una palpabile tensione in scena da parte di molti. Fatta Eccezione per l’unica Étoile in scena, Alessandro Staiano, la sola Candida Sorrentino è apparsa davvero fluida e sicura grazie alla lunga esperienza come solista, mentre una certa rigidità ha caratterizzato tutte le esecuzioni femminili della serata. Bel lavoro da parte di Martina Affaticato, sia pure visibilmente tesa, e di Daniele di Donato, quest’ultimo ancora acerbo ma elemento dal buon potenziale. Fare un elenco delle necessità sarebbe troppo lungo (si pensi solo che sul programma di sala Claudia D’Antonio e Salvatore Manzo, dopo la proclamazione a étoiles di ormai diversi mesi fa, sono ancora indicati come ‘tersicorei di fila’) e non è questa la sede, ma  Serata Jerome Robbins avrebbe dato la possibilità di creare un richiamo maggiore di pubblico non solo grazie a inviti di solisti in grado di reggere situazioni sceniche in cui non c’è che il proprio corpo a comunicare l’idea coreografica (e questa degli ospiti ormai è diventata una cantilena finanche noiosa, visto che non se ne vedono da tempo a Napoli), ma poteva essere una occasione per sfruttare le ‘necessità’ musicali di grandi compositori quali Chopin, Debussy e Ravel con altrettante presenze di levatura concertistica allo strumento. Sarebbe stata la raffinata occasione di uno spettacolo in cui musica e danza avrebbero potuto essere davvero grandi protagoniste entrambe, attirando inoltre un pubblico più ampio. Con tutta l’evidenza del buon lavoro fatto in sala e dell’impegno dei danzatori e dei pianisti.Come ricordato nell’intervista rilasciata per il programma di sala, i giovani sancarliani hanno saputo mostrare tutta la propria voglia di apprendere e il proprio entusiasmo a Jean-Pierre Frolich, che ha riallestito Robbins per il San Carlo e che incarna una linea di discendenza diretta da Balanchine, attraverso il suo maestro Robbins (nel 1948 nominato Maître de Ballet del NYCB e di cui sarebbe poi diventato co-direttore). La danza, tuttavia, al San Carlo, non trova rispondenza concreta nelle possibilità offerte a quest’arte dell’alto delle gerarchie amministrative, considerata palesemente l’ultima ruota del carro in un teatro dalla tradizione gloriosa. Lo ribadiamo senza reticenze, perché si ragiona di un teatro che potrebbe risolvere gran parte dei propri problemi con un investimento serio. Non è sufficiente quanto fatto fino ad ora: migliorare non vuol dire aver raggiunto il risultato, accontentarsi non è per un nome come quello del San Carlo, per garantire un livello europeo alla propria compagine coreutica e alla sua stagione. Ci sarebbe da far rifiorire le specificità di un ambiente versatile e brillante senza essere pedissequa riproposizione degli spettacoli parigini come colonia amorfa, perché priva della libertà che un sostegno economico superiore  permetterebbe, perché tutto questo non permette al balletto napoletano di decollare, nemmeno dopo il ricambio generazionale degli ultimi dieci anni. Eppure ci troviamo di fronte al migliore corpo di ballo degli ultimi due decenni (sempre tenendo conto delle dovute eccezioni in un senso e nell’altro) almeno a memoria di chi scrive. Dunque, cosa si aspetta? (foto Luciano Romano)