Milano, Teatro alla Scala: “L’histoire de Manon”

Milano, Teatro alla Scala, stagione d’opera e balletto 2023/24
“L’HISTOIRE DE MANON”
Balletto in tre atti basato sul romanzo Manon Lescaut dell’ Abbé Prévost.
Coreografia di Kenneth MacMillan
Musica Jules Massenet arrangiamento e orchestrazione di Martin Yates
Manon NICOLETTA MANNI
Des Grieux REECE CLARKE
Lescaut NICOLA DEL FREO
Monsieur G.M. GABRIELE CORRADO
L’amante di Lescaut MARTINA ARDUINO
Madame FRANCESCA PODINI
Il carceriere GIOACCHINO STARACE
Il capo dei mendicanti DOMENICO DI CRISTO
Solisti, Corpo di ballo e Orchestra del Teatro alla Scala di Milano
Direttore Paul Connelly
Scene e costumi Nicholas Geōrgiadīs
Milano, 10 luglio 2024
Che il coreografo Kenneth MacMillan vivesse per la scena sembra evidente, essendo morto letteralmente su di essa, o meglio nelle sue quinte: dopo alcune avvisaglie, un infarto lo stroncò durante l’ultimo atto di Mayerling. Tra le sue creazioni passate alla storia troviamo senza dubbio Romeo e Giulietta, nella coreografia “alternativa” alla prima creazione di Cranko, e L’Histoire de Manon, rappresentato in questi giorni al Teatro alla Scala. Se Arlene Croce bollò all’epoca queste coreografie, insieme anche a Onegin di Cranko (apripista di questa seconda storia del ballet d’action nel secondo Novecento), come balletti un po’ anacronistici, quelli che l’Ottocento non è riuscito a produrre, il loro successo fa cadere almeno in parte le visioni ideologiche che un critico dall’alto del suo pensiero possa avere. Per quanto riguarda L’Histoire de Manon, lo stile di MacMillan è riconoscibile, in special modo nella passionalità dei passi a due, che si traduce in continui volteggi che giocano con i fuori peso. In più, sono molte le virtù di questo balletto, in cui possono emergere le qualità non solo dei primi ballerini, ma anche dei solisti e del corpo di ballo nel suo insieme. Volendo però trovare qualche difetto, il principale sta forse nella trama, alcune volte un po’ di difficile da seguire, poiché fatta di troppo piccole sfumature. Ma il vizio sta, a nostro avviso, proprio nel soggetto stesso scelto: l’opera della Abbé Prévost è troppo sottilmente costruita su cambi repentini negli atteggiamenti dei personaggi, enormemente complessi dal punto di vista psicologico; in più, essendo strutturata come una sorta di racconto-confessione di Des Grieux, l’opera si rivela forse maggiormente come un’enorme riflessione sugli avvenimenti piuttosto che nella classica forma narrativa del dialogo e descrizione degli eventi. Tutto ciò crediamo si ripercuota nella trasposizione ballettistica, non solo e non tanto per il fatto di essere muta, ma perché costruita come una narrazione “classica”, quando invece l’opera letteraria mostra gli eventi maggiormente come un susseguirsi di sentimenti e implicazioni psicologiche. Tenevamo ad esprimere questo pensiero perché abbiamo notato alcune persone in sala avere difficoltà nel seguire la vicenda, e seppur conoscendola da una preventiva lettura del soggetto, comunque differente dall’opera letteraria, catturare poco alcuni dettagli. Tutto ciò non preclude però le grandi prove di qualità che questa coreografia mostra di avere, in special modo: il meraviglioso assolo di Des Grieux del primo atto, vera poesia corporale dedicata a Manon dopo averla conosciuta ed essersene innamorato; i passi a due, già citati; i pezzi in cui il corpo di ballo è protagonista specialmente del secondo atto; la scena iniziale del terzo atto, con la deportazione in Louisiana delle prostitute, di forte impatto emotivo, culminata nella violenza ai danni di Manon (dove viene persino simulato un atto di sesso orale). Nella serata a cui abbiamo assistito il ruolo di Manon era interpretato da Nicoletta Manni, che si dimostra sempre solidissima dal punto di vista tecnico, messa duramente alla prova dalla complessità psicologica del personaggio, a tratti quasi impossibile da restituire a pieno. Des Grieux era invece affidato a un artista ospite, Reece Clark, ventinovenne scozzese, principal al Royal Ballet. Nonostante qualche piccola imprecisione nell’assolo del primo atto (nei difficili salti en tournant in cui l’aplomb del ballerino è stato un po’ messo in crisi), il personaggio dello studente un po’ ingenuo è stato portato in scena con notevole maestria interpretativa, sfruttando ogni “momento vuoto” per uno sguardo o un’espressione; in aggiunta, l’indiscutibile presenza scenica di questo ballerino fa il resto. Nicola Del Freo, nel ruolo del ribaldo fratello di Manon, farabutto e opportunista, ha confermato la sua ormai sicurezza interpretativa in scena, oltre a una tecnica solida. Vagliare tutti gli altri protagonisti e passi sarebbe di troppo indugio, ci limitiamo a notare l’interpretazione di Gioacchino Starace nello scomodo ruolo del carceriere che compie la violenza sessuale su Manon, ruolo sostanzialmente non danzato e tanto sgradevole per il disgustoso atto perpetrato in scena. Le prossime repliche saranno il 13, 16, 17 e 18 luglio. Quelle del 13, 16 e 18 vedranno Manon interpretata dall’artista ospite Myriam Ould-Braham al fianco di Claudio Coviello nei panni di Des Grieux. Seguiremo la serata del 13 luglio per poterla vedere: seguiteci, vi terremo aggiornati! Foto Brescia & Amisano