Marianna Suriano: Nuova Prima ballerina del Teatro dell’Opera di Roma

TALENTO, LAVORO, INTERPRETAZIONE: INTERVISTA A MARIANNA SURIANO, NUOVA PRIMA BALLERINA DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA
Roma, 23 Luglio 2024
Il 27 giugno scorso, al termine dell’ottava recita de Il lago dei cigni nella versione di Benjamin Pech, il Sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma Francesco Giambrone e la Direttrice del corpo di ballo Eleonora Abbagnato hanno conferito la nomina di “Prima Ballerina” a Marianna Suriano, da tempo riconosciuta come uno dei più espressivi talenti della compagnia capitolina, ammirata sia nei ruoli lirici sia in performance dal linguaggio neoclassico o contemporaneo. Nata e cresciuta a Milano, è arrivata nella compagnia romana nel novembre 2012, dopo essersi formata in Scala. Nei giorni scorsi è stata applaudita calorosamente nel ruolo di Odette/Odile al Gran Teatre del Liceu di Barcellona e con grande freschezza e generosità si è raccontata dalla sua stanza d’albergo tramite videochiamata.

-Marianna, è un grande piacere per noi intervistarti in questa occasione speciale. Come ti senti adesso, sei riuscita a realizzare il traguardo raggiunto? Come lo stai vivendo?
“È una grande gioia, un sogno che si realizza e stento a rendermene ancora conto. Ho sempre lavorato con grande senso di responsabilità verso chi mi affidava i ruoli, verso gli stessi colleghi della compagnia e verso il pubblico. La nomina rappresenta il coronamento di questo impegno. Non la vivo come una pressione, in quanto fa già parte della mia personalità il desiderio di fare bene, crescere e migliorarmi sempre. È semplicemente una sensazione di felicità”.

-Vieni dalla grande scuola dell’Accademia del Teatro alla Scala. Quanto ha contribuito questo al tuo successo?
“Ho iniziato a studiare danza in una scuola privata fin dai 4 anni. Ero una bambina molto vivace, ma quando iniziava la lezione sapevo di dovermi concentrare. Quando poi sono approdata all’Accademia della Scala a 11 anni ho capito il senso della disciplina e la durezza di un lavoro in cui non viene regalato nulla. Bisogna lavorare anche col dolore e non fermarsi mai, perché il corpo possa rispondere come argilla a questo lavoro di perfezionamento”.

-Il tuo impatto iniziale con Roma come è stato? Come sei arrivata qui?
“Sono arrivata a Roma per un puro caso. Feci una prova con l’ex direttore del corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma Micha van Hoecke, che mi affidò il ruolo di Regina della Driadi in Don Chisciotte. Roma mi piacque molto e capii che la compagnia mi avrebbe dato possibilità di crescere. Da allora mi sono sempre trovata bene qui”.

-Parlando di ruoli, quali sono i tuoi preferiti?
“La mia indole e la mia fisicità mi portano verso il classico puro, il mondo del tutù e di Degas. Il classico è una sfida. In scena non si può in alcun modo ingannare. Tra i primi ruoli che sento miei è la Fata dei Lillà ne La bella addormentata. Ho danzato inizialmente nel 2014 la versione di Paul Chalmer e poi due volte la versione di Jean-Guillame Bart, e a settembre affronterò di nuovo il balletto in una nuova veste…”.

-Hai trovato differenze di interpretazione ed esecuzione con altri ruoli classici? Qual è stata ad esempio la tua esperienza con il ruolo di Myrtha in Giselle?
Giselle è un capolavoro del balletto con i suoi voli ed i personaggi delle Villi. Avendo studiato il ruolo di Myrtha nei minimi dettagli con Patricia Ruanne ho provato davvero l’emozione di confrontarmi con la storia della danza. A dispetto della sua antica tradizione, la narrazione messa in scena parla di emozioni umane molto attuali. Devo dire che anche ripetendo lo stesso ruolo a distanza di tempo, l’interpretazione può differire di molto”.

-Ed Il lago dei cigni invece?
“Il Lago dei Cigni è il mio balletto del cuore. Lo vidi per la prima volta a 13 anni alla Scala e rimasi davvero affascinata. Realizzai il sogno di interpretarlo nel 2019. Fu il mio primo ruolo da prima ballerina protagonista. Se in precedenza ero più incline a interpretare il Cigno bianco con la sua innocenza, adesso ho trovato più interessante lavorare sulle sfumature del Cigno nero, sulla sua sensualità. In fondo, siamo tutti luci e ombra”.

-Come differenzi il doppio ruolo di Odette/Odile?
“Nella prima entrata Odette è un cigno che si sta trasformando in donna. Nell’incontro col Principe vive un amore ideale, sebbene impossibile. È una figura che indosso benissimo grazie all’eleganza dei port de bras. Struggente è poi per me il pas de deux grazie alla delicatezza con cui il Principe si accosta a Odette per paura di farle del male. Del Cigno nero mi piace sottolineare la malizia attraverso l’importanza di uno sguardo vispo e seducente, oltre che con dei movimenti più scattosi e duri”.

-Ti abbiamo ammirata di recente in Bolero. Trovi che i linguaggi più moderni mettano altrettanto in luce il tuo talento dei balletti classici?
“Nel linguaggio neoclassico di Bolero mi sono sentita molto a mio agio per l’esplorazione della mia femminilità, così come quando ho avuto l’opportunità di danzare in Herman Schmerman di Forsythe ho sentito che il lavoro estremo sull’allungamento avrebbe migliorato la mia tecnica anche nel classico puro, modificando la mia stessa fisicità. In generale, l’importante è trovare la libertà dentro il movimento, arrivando all’estremo delle linee. E spero che in futuro avrò modo di continuare ad esplorare diverse tecniche e diversi stili”.

-Dove trovi la tua ispirazione?
“Sicuramente mi piace riguardare le grandi ballerine del passato e del presente. Nel caso de Il lago dei cigni, ad esempio, studio la perfezione delle linee e in particolare il movimento delle braccia di danzatrici come Svetlana Zakharova e Ul’jana Lopatkina per il Cigno bianco, o l’intensità di Polina Semionova ne il Cigno nero. Inoltre, mi ispiro alla natura, al volo dei gabbiani. Infine, porto in scena me stessa, Marianna, con i miei pregi e i miei difetti, con le mie esperienze d’amore, le mie gioie e le mie insicurezze. Sono una ragazza semplice, mi piace emozionarmi per poi fare emozionare il pubblico”. Foto Fabrizio Sansoni e Yasuko Kageyama – Opera di Roma