Gaetano Donizetti: “Oh giusto cielo…Il dolce suono – Ardon gli incensi…S’avanza Enrico – Spari d’amaro pianto” (“Lucia di Lammermoor”), “Ecco, miratela – Madre! Deh placati! – Ah! Di contento” (“Emilia di Liverpool”), “Linda! A che pensate – Nel silenzio della sera – Non, non è ver…mentirono” (“Linda di Chamonix”), Vincenzo Bellini: “O rendetemi la speme – Qui la voce sua soave – Vien diletto è in ciel la Luna” (I puritani”), “Coraggio….è salva – Ah! Non credea mirarti – Ah! Non giunge uman pensiero” (“La sonnambula”). Jessica Pratt (soprano), Adriano Gramigni (basso), Jungmin Kim (baritono), Dave Monaco (tenore), Ana Victoria Pitts (mezzosoprano). Orchestra e coro del Maggio Musicale Fiorentino, Riccardo Frizza (direttore). Registrazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino 2023. 1 CD Tancredi Records
Jessica Pratt è senza ombra di dubbio una delle più talentuose belcantiste dei nostri tempi e forse non ha ancora avuto – soprattutto dalle case discografiche – tutta l’attenzione che avrebbe meritato. Un piccolo passo in tal senso è rappresentato dal primo recital della cantante in cui per l’etichetta Tancredi srl – un piccolo editore cui va riconosciuto il merito ma che si è scontrato con qualche problema di distribuzione – in cui affronta accompagnata dai complessi del Maggio Musicale Fiorentino una serie di scene della pazzia tratte da opere di Donizetti e Bellini, forse i compositori più frequentati dalla Pratt sul palcoscenico.
Il contesto editoriale spiega una scelta di brani non così coraggiosa e che tende a concentrarsi su titoli molto noti al grande pubblico. Unica eccezione la scena da “Emilia di Liverpool” voluta dalla protagonista come primo incontro tra Donizetti e il tema della follia e per la declinazione ancora “leggera” del tema in contrasto con il carattere patetico se non scopertamente drammatico degli altri brani.
Merito tutt’altro che secondario quello di disporre di un direttore della sensibilità e del senso stilistico di queste opere come Riccardo Frizza, ormai assoluta certezza nelle esecuzioni del bel belcanto italiano. Le scene sono eseguite integralmente, con tutti gli interventi del coro e di eventuali altri personaggi così da avere una loro piena completezza formale che spesso ancora manca in registrazioni di questo tipo. Inoltre si riscontra una particolare cura filologica in molti brani. E’ il caso della celeberrima scena del III atto di “Lucia di Lammermoor” eseguita nella tonalità originale di Fa maggiore – sostenuta con disarmante facilità dalla Pratt e accompagnata dalla glassarmonica che qui non è solo una concessione alla moda in cui poco si crede e si cerca quasi di nascondere – come troppo spesso ancora capita – ma diventa autentica protagonista insieme alla cantante.
La Pratt è come detto belcantista di classe adamantina ma anche – cosa non scontata – interprete sensibile e partecipe, capace di far palpitare con sincerità il dolore delle eroine aiutata anche da una dizione nitida e chiara che concede sempre piena comprensione del testo.
La già citata scena della “Lucia di Lammermoor” è in tal senso esemplare non solo per la facilità assoluta del canto, il magistrale controllo del fiato, la svettante sicurezza degli acuti ma anche per la capacità di dare al canto un’astrazione spettrale che si fondo alla perfezione con il suono della glassarmonica immergendo pienamente l’ascoltatore nel romanticismo gotico della scena.
Le altre due scene donizettiane giocano due diverse espressioni del tema. “Emilia di Liverpool” è come detto ancora più legata al gusto precedente in cui fa capolino un senso rossiniano della gioia del far musica che stempera il patetismo in un festoso trionfo virtuosistico. “Linda di Chamounix” – opera affronta in scena proprio a Firenze – è invece esemplare di un canto patetico e sentimentale, di una malinconia struggente ma mai autenticamente tragica e la Pratt è straordinaria nel cogliere in ciascun brano la più autentica cifra espressiva. L’aria è inoltre presentata nella nuova edizione critica di G. Dotto per casa Ricordi.
Il patetismo di Linda in qualche modo fa da perfetto ponte alla seconda parte del programma in cui Donizetti lascia il campo a Bellini. La comunanza ideale con il catanese è – se possibile – ancor più profonda di quella con il bergamasco. La scena finale di “La sonnambula” ci presenta un’Amina di lunare perfezione la cui linea di canto morbidamente tornita si unisce a un naturale abbandono lirico. Il rondò – che chiude l’intera registrazione – è un trionfale fuoco d’artificio virtuosistico coronato da acuti di luminosa fermezza.
Il momento più alto è però – forse – la follia di Elvira dove le qualità del canto che abbiamo fin qui ammirato si uniscono a un’intensità d’accento veramente commovente. Basti ascoltare con quanto sincero dolore la Pratt sappia rende piccole frasi come “Egli piange… ei forse amò!” per rendersi conto della perfetta adesione espressiva, oltre che vocale, della cantante australiana con questo repertorio.
Tra i cantanti che intervengono con brevi incisi nei brani si apprezza in modo particolare il timbro caldo di Ana Victoria Pitts ma molto buone sono anche le prove di Adriano Gramigni e Jungmin Kim mentre il timbro biancastro di Dave Monaco non rende giustizia agli interventi di Elvino.
Il libretto di accompagnamento (il cd è stato pubblicato in doppia versione, con note in italiano e in inglese) si segnala per le fotografie di Marco Borrelli che ritraggono la Pratt negli splendidi costumi realizzati per l’occasione da Giuseppe Pallela uno per ogni protagonista dei brani selezionati e tutti d’innegabile impatto visivo.