“Falso tradimento” di Marco Tutino inaugura la stagione lirica 2024 di Sassari

Sassari, Teatro Comunale – Stagione lirica 2024
FALSO TRADIMENTO”
Libretto di Luca Rossi e Wolfgang Haendeler. Versione italiana di Marco Tutino
Musica di Marco Tutino
Lola VALENTINA MASTRANGELO
Elsa von Stahl ANNA PENNISI
Gabriel Jensen DARIO DI VIETRI
Helmut Schulze Rohr MURAT CAN GUVEM
Arno von Stahl GIORGIO CAODURO
Richard MICHAEL ZENI
Barman GIANNI COSSU
Rufus Kropp TIZIANO ROSATI
Primo sottuficiale DIEGO GHINATI
Secondo sottuficiale ANDREA DESSENA
Terzo sottuficiale ANTONELLO LAMBRONI
Quarto sottuficiale PAOLO MASALA
Orchestra e Coro dell’ Ente de Carolis
Direttore Beatrice Venezi
Maestro del coro Francesca Tosi
Regia, scene e costumi Hugo de Ana
Luci Valerio Alfieri
Coreografia Michele Cosentino
Nuovo allestimento dell’Ente de Carolis
Sassari, 28 giugno 2024
Col suo preludio estivo, la stagione lirica di Sassari presenta finalmente una novità interessante: la prima nazionale (quella “mondiale” annunciata è altra cosa…) dell’opera di Marco Tutino Falscher Verrat, Falso tradimento, su libretto di Luca Rossi e Wolfgang Haendeler, nell’adattamento ritmico in italiano dello stesso compositore. È un segnale importante per l’opera contemporanea, in Italia praticamente inesistente sotto il peso di un repertorio storico tanto straordinario quanto onnipresente nelle programmazioni dei teatri nazionali. Infatti si tratta della commissione del teatro di Kiel che nel 2018 ha voluto così ricordare la fine della Grande Guerra con una nuova opera su un episodio che coinvolse la città tedesca: l’ammutinamento locale di un’unità della marina che, di fatto, collaborò alla resa militare della Germania e alla fine del terribile massacro. Il tema, di evidente attualità, ha il merito di essere stato sviluppato nel libretto con un’efficace costruzione che non si limita alla rievocazione ma sovrappone, con un noto meccanismo, la vicenda privata dei personaggi al fatto storico e all’ambiguità della sua valenza etica. L’agile drammaturgia e il taglio delle scene mostrano un’essenzialità sicuramente più moderna rispetto alla classica retorica del melodramma, anche se la versione italiana del libretto ha una traduzione spesso modesta del testo. Non altrettanto aggiornata è la musica che appare legata proprio a certi stilemi soprattutto mitteleuropei di un secolo fa, tra tardo wagnerismo e tonalità allargata: Tutino si evolve dall’epigonismo verista dei suoi primi lavori e all’ascolto sembra di sentire certo Strauss semplificato, con un po’ di Puccini e qualcosa di Prokofieff (confrontare l’esordio dell’opera con l’inizio dell’Aleksandr Nevskij) in un eclettismo stilistico che al giorno d’oggi è certamente normale, ma appare fondamentalmente impersonale. Comunque è apprezzabile il buon senso drammatico, con un mestiere sicuro che mostra vari momenti raffinati; sono efficaci soprattutto le parti d’insieme, di cui va ricordato il bel coro dei marinai del primo atto, un cantabile in 6/4 dalle atmosfere espressioniste, e la semplice linearità del finale su un lungo pedale che richiama quello iniziale. Talvolta macchinose appaiono invece le linee vocali dei solisti, con un’orchestra spesso appesantita da raddoppi e decorazioni superflue che riempiono ma senza dare sostanza alla narrazione musicale. In tale atmosfera retrò la Venezi si trova a suo agio, conducendo la nave in porto quasi senza incidenti e con un buon controllo ritmico di buca e palcoscenico. È un po’ mancato l’abbandono espressivo in alcuni momenti topici e, soprattutto, l’equilibrio dinamico, con qualche eccesso da rivedere e una maggior cura da prestare ad alcune interessanti preziosità timbriche. Il cast è stato nel complesso all’altezza della situazione, ma con evidenti differenze; La Lola di Valentina Mastrangelo è stata il personaggio più convincente per vocalità, espressione e coinvolgimento emotivo in un ruolo difficile e ambiguo che richiedeva presenza scenica, precisione tecnica e varietà di fraseggio. Al lato opposto è stato in palese difficoltà il tenore Dario di Vietri che, nella complessa parte di Gabriel, ha mostrato evidenti limiti vocali e interpretativi, con una prestazione sconcertante che ha inficiato non poco la forza drammatica del triangolo alla base della vicenda. Sicuramente più centrato nel ruolo è l’Arno di Giorgio Caoduro, che ha mostrato un timbro nobile e una vocalità sicura, tranne che nel limite acuto della tessitura; composto nella recitazione, con un ottimo legato, ha ben rappresentato il fulcro narrativo e musicale dell’opera. È apparso a suo agio anche Tiziano Rosati che nella parte di Rufus ha rappresentato il doloroso ruolo istituzionale dell’autorità; completa il gruppo dei protagonisti Anna Pennisi, vivace e precisa nel ruolo di Elsa. Professionali e adeguati al ruolo inoltre Murat Can Guvem, Michael Zeni, Gianni Cossu, Diego Ghinati, Andrea Dessena, Antonello Lambroni e Paolo Masala nei vari interventi secondari. È da segnalare il buon esordio di Francesca Tosi come maestro del coro, impegnato in pagine suggestive e dall’intonazione sicuramente più difficile della media del repertorio: buona la prestazione del de Carolis, ben preparato, preciso e piuttosto impegnato scenicamente; bene anche l’orchestra, al netto di alcuni squilibri già segnalati. Dulcis in fundo va segnalato il vero punto qualificante di questa produzione; lo spettacolo di Hugo de Ana è molto bello nell’allestimento scenico, coerente e curato nei movimenti e nelle relazioni, logico nella sua parabola ed epilogo. La scena è dominata da una grande parete-impalcatura prospettica obliqua, funzionale ai movimenti collettivi ed enfatizzata da una grossa sospensione mobile praticabile che movimenta e divide gli spazi insieme a pochi altri elementi, di derivazione industriale, evitando quindi la mera rappresentazione realistica dell’ambientazione. Il lavoro manuale, la sua difficoltà e lo sfruttamento sembrano essere al centro della logica che anticipa e sfocia naturalmente nella rivolta finale, accentuandone l’aspetto sociale, su cui si sovrappone poi l’apoteosi finale della protagonista. Arredi essenziali identificano alcuni luoghi deputati nel procedere della vicenda ed è interessante lo sfruttamento multifunzionale dei pochi elementi presenti. Il tutto è movimentato dalle geometrie sceniche, sia dei protagonisti che collettive, e valorizzato dalle belle luci di Valerio Alfieri e dalle corografie meccaniche di Michele Cosentino che ben sottolineano gli ingranaggi umani della storia. Il pubblico, abbastanza numeroso, ha mostrato di gradire una proposta nuova ma comunque costruita su riferimenti che risultano familiari. Una menzione di merito infine per il notevole impegno di una claque agguerrita in galleria. Foto Elisa Casula