Daniel Harding e Frank Peter Zimmermann per l’ultimo concerto della stagione dell’orchestra RAI

Auditorium RAI “Arturo Toscanini”, di Torino, Stagione Sinfonica 2023-24.
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Direttore 
Daniel Harding
Violino Frank Peter Zimmermann
Ottorino Respighi: Concerto gregoriano per violino e orchestra P.135 Gustav Mahler: Sinfonia n.1 in RE Maggiore “Titano”
Torino, 31 maggio 2024
Per il concerto di fine stagione nell’Auditorium RAI si cimentano due musicisti quanto mai noti ed apprezzati. Daniel Harding, fresco di nomina alla direzione musicale dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, lasciata, al massimo della forma, da Sir Antonio Pappano e Frank Peter Zimmermann che, col suo Stradivari “Lady Inchiquin” 1711, è una punta di forza del violinismo dei nostri tempi. I due artisti, che da tempo, si esibiscono e fanno tournées in comune, presentano, in apertura di serata, il raro Concerto Gregoriano del 1921 di Ottorino Respighi. Nel 1919 Respighi aveva sposato la musicista e sua allieva, Elsa Olivieri Sangiacomo, studiosa di musica medioevale e di gregoriano. Da questo sodalizio affettivo-culturale nesce l’impegno di Respighi nell’ ispirarsi e rielaborare antiche melodie modali gregoriane. L’operazione che poteva unirlo, nel ritorno alle origini auspicato da Verdi, ai progressi compiuti da altri coevi musicisti europei e da Stravinskij, ebbe per lui l’effetto opposto di isolarlo in un angolo molto poco praticato. Anche il Concerto Gregoriano, partito malamente nel 1923 con uno stentato successo “di stima”, si è visto relegare a sole sporadiche rivitalizzazioni. A Torino era assente da ben un quarto di secolo. Zimmermann, che sognava di eseguirlo fin da quando aveva cinque anni, così nell’intervista con l’ottima Susanna Franchi della RAI, l’ha suonato, per la prima volta, tre mesi fa a Varsavia per poi portarlo qui a Torino. L’impegno richiesto al violinista è massimo anche se non ostentato. È un virtuosismo che non vuole essere invadente. Sempre molto discreto, seppur il carico di note da eseguire sia infinito ed impressionanti le difficoltà da affrontare. Respighi era lui stesso un violinista di gran vaglia e conosceva tutti i segreti della pratica dell’archetto. Come nel caso dei 29 concerti di Viotti, a cui forse Respighi si ispira, è carente l’afflato lirico e mancano le lunghe melodie che ben dispongono il pubblico e soprattutto fanno ricordare l’opera. Tre tempi che attingono alle melopee di modalità gregoriana che si variano poi lungo il percorso del concerto. Mancano quindi i temi contrastanti tipici del classicismo tedesco, è quindi assente la drammatizzazione che vivacizza il racconto. Qui è tutto piano e sussurrato. Il secondo tempo, Andante espressivo e sostenuto, viene costruito sulla melodia gregoriana del Victimae Paschali Laudes e il finale Allegro Energico su un trionfale Alleluja. Mentre per tutta l’opera l’orchestrazione è raffinatamente leggera, non per nulla Respighi poteva anche vantare la scuola di Rimskij-Korsakov, nel finale convivono sprazzi del rutilante trionfalismo del Trittico Romano con oasi prettamente cameristiche. Non si può non evidenziare la ripetuta accoppiata, per molti aspetti inedita, timpano-violino solista, qui magnificamente sostenuta dallo Stradivari di Zimmermann e dalle mazzette di Biagio Zoli. Harding ha bene interpretato la sua parte dando all’insieme quadratura discreta e sicura di percorso. Successo caloroso e due fuori programma del violinista. Erlkönig (Re degli Elfi) è forse il Lied più emblematico e struggente del giovane Schubert, se non dell’intero repertorio liederistico, l’anonima trascrizione per violino solo, iperbolica per difficoltà, ne ha annientato il fascino. È sicuramente un testo non adatto al virtuosismo autoreferenziale che lo fa suonare blasfemo. Secondo fuori-programma: la Sarabanda dalla Prima partita per violino solo di Giovanni Sebastiano Bach. Zimmermann, con un’esecuzione accuratissima e filologica, ha brillantemente introdotto, nei “da capo”, la giusta dose di variati abbellimenti. Ripetuti gli applausi che testimoniano l’entusiasmo dei molti convenuti.
L’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, in una disposizione spaziane non consueta, nella Sinfonia n.1 “Titano” di Mahler, ha ripreso la centralità che risultava un poco offuscata in Respighi. Harding, conduttore preparatissimo, sicuro ed affidabile di masse orchestrali, da Mahler non si fa emozionare e, forse, neppure emoziona. Nell’immensa sinfonia vaga per campi e per lieder del Viaggiatore Errante, osserva passerotti e paesaggi con lo stesso spirito con cui si suole guardare alle fotografie scattate da parenti e amici in ricordo di vacanze estive e invernali. L’inglese autocontrollo, che l’ha promosso e patentato pilota di Jet commerciali, lo sostiene in questa traslucida oggettivazione del marasma Mahleriano. L’Orchestra Sinfonica Nazionale RAI lo segue splendidamente con una delle prestazioni più smaglianti della stagione. Dai fastosi contrabbassi, agli ottoni, ai legni, agli archi e alle percussioni, se si potesse, si dovrebbero nominare e lodare tutti singolarmente e in solido, ringraziandoli per le tante ore di bellezza offerteci. Harding viene inevitabilmente inneggiato dal numeroso pubblico che, finalmente, colma l’Auditorium RAI. I ringraziamenti reciproci e gli omaggi vicendevoli tra podio, leggii e pubblico perdurano, siglano così l’indubbio successo pieno della serata.