Roma, Galleria Borghese
LOUISE BOURGEOIS. L’INCONSCIO DELLA MEMORIA
a cura di Cloé Perrone, Geraldine Leardi e Philip Larratt-Smith
Roma, 20 Giugno 2024
“Facendoti da parte, riconoscendo che non hai potere, diventi più di te stesso. Ti vengono idee chi non avresti mai avuto. Nella mia arte, vivo in un mondo che costruisco con le mie stesse mani. Prendo decisioni. Ho potere. Nel mondo reale, non voglio potere.” Louise Bourgeois
La mostra dedicata a Louise Bourgeois alla Galleria Borghese rappresenta un evento storico che esplora il profondo contributo dell’artista alla scultura, ponendo le sue opere in dialogo con la collezione storica e l’architettura unica della galleria. La selezione di oltre 20 opere scultoree ruota attorno ai temi della metamorfosi, della memoria e dell’espressione di stati emotivi e psicologici. In questa occasione, il rapporto tra arte antica e contemporanea diventa il fulcro di un dialogo ideale tra maestri di epoche e provenienze diverse, incoraggiando nuovi possibili modi di interpretare la storia dell’arte e il museo stesso. Le sculture di Bourgeois, con la loro intensità emotiva e la loro carica simbolica, si integrano armoniosamente con i capolavori della Galleria Borghese, creando un ponte tra passato e presente. Questa mostra non solo celebra l’eredità di Louise Bourgeois, ma offre anche un’opportunità unica per riflettere su come l’arte contemporanea possa dialogare con le opere del passato, arricchendo la nostra comprensione della storia e del nostro stesso tempo. “I am a searcher… I always was… and I still am… searching for the missing piece”. Con queste parole, Louise Bourgeois riassumeva la sua incessante ricerca interiore. Per tutta la vita, ossessivamente e caparbiamente, ha tentato di ricomporre il complesso puzzle della sua esistenza, trasformando le sue paure, i traumi e i conflitti interiori in opere d’arte. Scomparsa il 31 maggio 2010 all’età di 98 anni, Bourgeois ha lasciato un’impronta indelebile nell’arte del Novecento e dei primi anni Duemila. Tuttavia, non ha mai cercato il successo. Detestava i clamori, le lusinghe e le etichette del mercato. Gran parte della sua produzione ha faticato ad emergere, e la meritata fama è arrivata solo in età avanzata. Ma per lei, creare era un atto di sopravvivenza, una garanzia di salute mentale, un esorcismo. Temi come memoria, abbandono, dolore, paura, rabbia, desiderio e relazioni familiari sono stati esplorati e rappresentati con un’intensità rara, creando opere che continuano a turbare e meravigliare. “La mia infanzia non ha mai perso la sua magia, non ha mai perso il suo mistero e non ha mai perso il suo dramma”. Per comprendere l’universo artistico di Louise Bourgeois, bisogna partire dai fantasmi della sua infanzia. Le sue opere sono profondamente autobiografiche, radicate nel passato, nei ricordi infantili e nel complesso rapporto con i genitori, restauratori e venditori di arazzi antichi nella Parigi della buona borghesia. Un fratello minore, una sorella maggiore e una grande casa alle porte di Parigi, prima accanto alla Senna e poi lungo il fiume Bièvre, con un rigoglioso giardino in cui giocare. Apparentemente, un’infanzia luminosa, ma in realtà piena di ombre. La madre, forte ma di salute cagionevole, muore quando Louise è poco più che ventenne; il padre, egoista e donnaiolo, ha una relazione con la giovane istitutrice dei Bourgeois. Questo tradimento tormenterà Louise per tutta la vita. Dopo aver dato una mano nell’impresa di famiglia progettando modelli per gli arazzi, Louise lascia la Facoltà di Matematica della Sorbona per studiare arte. Passa dall’École des Beaux-Arts di Parigi a svariate accademie private, fino all’École du Louvre. Ma la svolta arriva nel 1938, quando sposa lo storico dell’arte americano Robert Goldwater e si trasferisce a New York, fuggendo dagli affetti e dai conflitti irrisolti. A New York, Bourgeois si dedica alla pittura e all’incisione, cercando di conciliare l’attività artistica con il ruolo di madre di tre figli. Partecipando a mostre collettive e frequentando intellettuali europei emigrati come Marcel Duchamp, lavora per dare forma alle proprie emozioni. Tra le opere di questo periodo, spicca la serie Femme Maison, corpi femminili nudi con case al posto delle teste, una dicotomia tra rifugio e trappola che ritorna spesso nei suoi lavori. Dalla fine degli anni Quaranta, Bourgeois si dedica alla scultura, usando materiali vari come legno, marmo e lattice. “Il mio fine è ri-vivere un’emozione del passato. La mia scultura mi permette di riempire la paura, di darle fisicità, così da farla a pezzi”, spiegava. Durante un lungo periodo di psicoanalisi, crea sculture flessibili e organiche, in bilico tra astrazione e figurazione, con forti allusioni sessuali: Fillette, Janus Fleuri, Femme Couteau, The Destruction of the Father. Forme falliche, grappoli di seni e frammenti di corpi esplorano temi di forza e fragilità, distruzione e catarsi, rabbia e tenerezza. La consacrazione arriva nel 1982 con una grande retrospettiva al MoMA di New York, la prima personale dedicata a una donna dal celebre museo. Bourgeois ha ormai 71 anni, ma continua a lavorare senza compromessi. Negli anni Novanta crea i monumentali Spider, affascinanti ragni di bronzo dedicati alla madre, e le perturbanti Cells, installazioni di oggetti quotidiani che rappresentano diversi tipi di dolore. Per Louise Bourgeois, non vi era creazione senza distruzione: fare, disfare, rifare era il suo modo di operare, rielaborando memorie ed emozioni. “Ho bisogno dei miei ricordi. Sono i miei documenti. Bisogna distinguere i ricordi: se sei tu ad andare da loro, stai perdendo tempo. La nostalgia è improduttiva. Se vengono da te, sono dei semi di scultura“. Con una resilienza straordinaria, Bourgeois ha continuato a creare fino alla fine dei suoi giorni. Il suo lavoro incarna i suoi incubi e le sue ansie, ma riflette anche la condizione di forza e vulnerabilità di ciascun essere umano. A volte ci sentiamo come giganteschi ragni, altre volte come corpi disgregati. Questa mostra, curata con meticolosa attenzione, offre un’esperienza intensa e profondamente intima. È un viaggio audace e rivelatore che sfida i visitatori a confrontarsi con le proprie percezioni interiori. Per i più coraggiosi, questa esposizione potrebbe rappresentare un punto di svolta, cambiando radicalmente il modo in cui si vedono e comprendono se stessi. Un’esperienza imperdibile che promette di lasciare un segno indelebile. Ph._A._Osio