Jules Massenet (1842 – 1912): “Ariane” (1909)

Opera in cinque atti su libretto di Catulle Mendès. Amina Edris (Ariane), Kate Aldrich (Phèdre), Jean-François Borras (Thésée), Jean-Sébastien Bou (Pirithoüs), Julie Robard-Gendre (Perséphone), Marianne Croux (Eunoé, 1re Sirène), Judith van Wanroij (Chromis,  Cypris, 2e Sirène), Yoann Dubruque (Le Chef de la Nef, 1er Matelot), Philippe Estèphe (Phéréklos, 2e Matelot). Chor des Bayerischen Rundfunks, Stellario Fagone (Maestro del coro), Münchner Rundfunkorchester, Laurent Campellone (direttore). Registrazione: Prinzregententheater München, 27-29 gennaio 2023. 3 CD Fondazione Palazzetto Bru Zane, BZ 1053.

L’ultima produzione massenetiana non ha mai goduto di particolare fortuna. Lavori  inizialmente accolti da un buon successo ma poi rapidamente dimenticati in ragione  delle vorticose evoluzioni del gusto di inizio ‘900.  Massenet rappresentava invece  simbolo stesso della tradizione e quindi oggetto di ostilità crescente. Il compositore aveva però molta fiducia almeno di alcuni di questi lavori che considerava tra i più riusciti della sua ampia produzione. È il caso di “Ariane” del 1909 ma poi scarsamente rappresentata, nei confronti della quale non venne mai a mancare l’entusiasmo del compositore.
La scelta di un soggetto mitologico non era così rara al tempo in un clima di generale riscoperta della classicità inoltre per l’occasione Massenet poteva puntare su un valente poeta come Catulle Mendès i cui versi di raffinatezza parnassiana si elevano non poco sulla qualità media dei libretti. Il testo di Mendès rielabora con grande libertà il mito di Arianna a Nasso inserendo episodi di pura invenzione – come il viaggio agli inferi e l’incontro con Persefone – e concentrandosi sulla caratterizzazione psicologica dei tre protagonisti: Arianna, Fedra e Teseo.
L’impianto del testo – in cinque atti con le prevedibili sezioni ballabili – ricorda in forme attualizzate gli stilemi del classicismo francese settecentesco e smentisce – come per altro la musica – l’idea di un simbolismo sensuale e decadente che spesso viene acriticamente associato all’ultima produzione di Massenet.
Musicalmente l’opera si caratterizzata da una grande ricchezza orchestrale e da un raffinato gusto per la ricreazione sonora dell’antichità con l’evidente l’influsso wagneriano sia nell’uso più sistematico dei leitmotiv così come in una certa grandiosità sonora che accompagna molti passaggi della partitura. Intimismo emotivo e imponenza ambientale, uno dei tanti giochi di contrasti su cui Massenet equilibra la partitura rendendola sempre varia e coinvolgente. L’ascolto rivela quindi un’opera di altissima fattura, intessuta di momenti splendidi, di cui davvero non si capiscono le ragioni di così lungo oblio.
La nuova registrazione testimonianza di una versione in forma di concerto al Prinzregententheater di Monaco di Baviera e distribuita – con il solito ricco allegato di testi e informazioni – dalla fondazione Palazzetto Bru Zane ci si augura possa essere l’inizio di una nuove primavera per Ariane con il pubblico nelle vesti di quel Dioniso salvatore che il libretto gli nega – qui Ariane si abbandona al mare cullata dalle sirene in un suicidio in cui gli echi wertheriani si stemperano in languide preziosità.
Laurent Campellone è un conoscitore profondi di questa musica e ne offre una lettura di particolare chiarezza. La sua è una visione capace di unire il quadro unitario della partitura con la cura sui singoli dettagli sonori ed espressivi, di essere languida ma non stucchevole, magniloquente ma non retorica. Vantaggio non trascurabile la possibilità di disporre di un’orchestra come la Münchner Rundfunkorchester ormai degna di stare ai vertici delle orchestre tedesche per qualità sonora e intensità espressiva. Quella offerta dalla compagine bavarese è una prova sontuosa capace di fondere la grandiosità wagneriana dei passaggi più drammatici con una pulizia quasi cameristica nei ripiegamenti lirici. La setosità degli archi, lo squillo degli ottoni, tutto contribuisce a creare un  affresco sonoro di rara suggestione. Al netto di qualche imprecisione di pronuncia altrettanto valida la prova del Coro della radio bavarese.
La compagnia di canto appare convincente in tutti i suoi componenti. I role titre è affidato ad Amina Edris che positivamente ci aveva sorpreso come Alice nel “Robert le diable”. Qui conferma tutte le sue qualità. Soprano lirico dalla voce chiara e agile ma ricca di armonici, sicura sugli acuti e facile nelle colorature esalta la chiarezza lirica di tanti momenti di Ariane ma quando richiesto sfoggia un temperamento appassionato e un accento di ardente autorevolezza. L’interprete riesce a cogliere tutti i moti dell’animo della principessa che dall’ingenuità della preghiera del primo atto passa alla piena consapevolezza del proprio sacrificio – quasi un’espiazione per l’aiuto fornito nell’uccisione di Asterio – attraverso il lutto per la sorella e l’esperienza iniziatica della Nékyia.
La Fedra di Kate Aldrich inizialmente sfoggia un colore assai simile alla sorella ma con il crescere della rivalità nei confronti di Teseo i caratteri vocali si fanno più contrastanti. La voce appare meno ricca rispetto al passato ma l’interprete è maturata trovando accenti di autentica tragicità e sfoggiando un settore grave di tutto rispetto.
Tesée si muove tra slanci eroici e abbandoni lirici con una prevalenza dei secondi. Jean-François Borras con il suo timbro chiaro e gli acuti cristallini è perfettamente a suo agio nei secondi mentre quando il canto si fa più eroico lavora di accento senza mai forzare inutilmente la voce e cogliendo la cifra di un eroismo araldico e stilizzato che si adatta perfettamente a questa musica.
Nell’economia dell’opera Pirithoüs sta a Thesée come Kurwenal sta a Tristan e Jean-Sébastien Bou lo affronta con voce solida e gran temperamento che fanno perdonare qualche rozzezza nel canto. Vera rivelazione è Julie Robard-Gendre contralto dalla voce calda e profonda che non solo canta splendidamente la parte di Perséphone ma nel coglie il carattere contrastante dove il gelo invernale dell’entrata si scioglie ai doni di Ariane e lascia subentrare la radiosità floreale dell’apportatrice della primavera.
Ottime le parti di fianco: Judith van Wanroij nelle triplici vesti di Cromys, Afrodite – come deus ex machina – e seconda sirena; la radiosa Eunoé (cui affianca la prima sirena) di Marianne Croux, Yoann Dubruque autorevole nei panni dei pirati di Nasso e Philippe Estèphe come Phéréklos (questi ultimi affiancano i loro personaggi alle parti soliste del coro dei marinai ateniesi).