86º Festival del Maggio Musicale Fiorentino: Daniele Gatti interpreta Petrassi e Šostakovič

Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino – LXXXVI Festival del Maggio Musicale Fiorentino
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Daniele Gatti
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Goffredo Petrassi: Salmo IX per coro e orchestra; Dimitri Šostakovič: Sinfonia n.5 in re minore op. 47
Firenze, 7 giugno 2024
Un programma decisamente bifronte che completava quello del 5 maggio scorso (cfr. la precedente recensione). Ancora il Petrassi delle grandi opere sinfonico-corali, ora con il Salmo IX, e Šostakovič con la Sinfonia n. 5, autentica denuncia ideologica. Nella prima parte è bastato il gesto icastico e deciso del direttore Daniele Gatti (Mosso in 6/8) per percepire subito la perfetta concordanza di propositi tra coro e orchestra. Il lapidario incipit, intonato dalle voci, oltre a far intuire l’attenta concertazione del maestro del coro Lorenzo Fratini, innalza a Dio ogni ringraziamento: «Confitébor tibi, Dómine, in toto corde meo: narrábo ómnia mirabília tua». Partitura maestosa, iniziata nel 1934 e conclusa nel ’36 che sembra essere sostenuta da reminiscenze della sua esperienza di puer nelle basiliche romane e da opere come lo stravinskijano Oedipus Rex di quasi un decennio precedente. Riecheggiano fiamme dal coro e dall’orchestra ove, per la massiccia presenza degli ottoni, il resto dell’organico, nel variegato percorso sonoro concepito in due parti, offre risultati possenti, taglienti e ruvidi che si differenziano da altri più intensi ed intimi, necessari per esplicitare il contenuto del testo. In alcuni momenti sembra addirittura di percepire un’alternanza di luci e ombre ove la coscienza umana sente il bisogno di interrogarsi. Si sottolinea un’attenzione precisa ad ogni dettaglio della partitura da parte di Gatti e non di rado si è colta l’intenzione di esigere qualcosa in più dal coro pur di valorizzarne la straordinaria duttilità e potenzialità. Degna di nota la prestazione della sezione degli ottoni, a volte chiari e squillanti ma anche malinconici ed epici, tanto da rafforzare la monumentalità di una partitura che fino alla conclusione, grazie ad un’attenta interpretazione del testo, ha restituito stupore ma anche la speranza di poter riascoltare al Maggio opere di questo genere.
Nella seconda parte, pensando all’ondata di terrore staliniano proprio nell’anno in cui Šostakovič compone la Sinfonia n. 5 (1937), sembravano echeggiare le parole di Nono su una partitura che «può contribuire, può fondare una coscienza se le sue qualità tecniche si mantengono allo stesso livello di quelle ideologiche». La sinfonia, nata come «risposta concreta di un artista sovietico alla critica giusta» va intesa come reazione alla stroncatura apparsa sulla «Pravda» della sua Lady Macheth, fu eseguita il 21 novembre dello stesso anno a Leningrado con l’orchestra Filarmonica, per il ventesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre da Mravinsky. Aleksei Tolstoj scrive: «La Quinta è la ‘Sinfonia del Socialismo’. Comincia con il Largo delle masse che lavorano sottoterra, un ‘accelerando’ corrisponde alla ferrovia sotterranea: l’Allegro, poi, simboleggia il gigantesco macchinario dell’officina e la sua vittoria sulla natura. L’Adagio rappresenta la sintesi della natura, della scienza e dell’arte sovietica. Lo Scherzo rispecchia la vita sportiva dei felici abitanti dell’Unione. Quanto al Finale, simboleggia la gratitudine e l’entusiasmo delle masse». Il compositore, riferendosi alla sinfonia, dichiarava: «Il mio nuovo lavoro può esser definito una sinfonia lirico eroica». L’impresa, sia per il direttore che per la poderosa orchestra, cui vanno aggiunte 2 arpe, pianoforte e celesta, non era facile. Occorreva rimanere nella logica della forma-sonata (I movimento), ‘sprigionare’ il melos ed attenuare il dramma di un’umanità sofferente pur gravitando nell’alveo di sonorità a tratti violente. Grazie ad una folgorante prestazione dell’orchestra, Gatti restituiva della complessa partitura ogni aspetto della scrittura con forte aderenza stilistica. Si tratta di un’imponente cattedrale di suoni ove ogni sezione è chiamata ad un impegno notevole. L’inizio è severo e forte in forma di canone tra bassi (Cb e Vc) e violini (Moderato); la figura caratterizzata da una sesta ascendente riesce a coinvolgere ben presto anche in ottava i due fagotti con una bella raffinatezza timbrica; così i due strumenti si presentano ‘incupiti’ pur sostenuti dal raddoppio dei bassi che suonano pizzicando le corde (pizz.). Nel II movimento (Allegretto) l’esordio, ancora affidato ai bassi, non tarda a proiettarsi verso un certo umorismo affine ai Ländler di Mahler coinvolgendo e lasciando ben presto più visibilità anche ai legni.
Ma la timbrica degli archi, nell’interpretazione di Gatti, nell’ottima prestazione dell’orchestra e nel rapporto quasi simbiotico tra il violino di spalla (Salvatore Quaranta) e il direttore, diventa anche un’affascinante e pensierosa cantabilità come nel III movimento (Largo) dalle tinte più elegiache. Pur nei preziosi inserimenti degli altri strumenti (comprese arpe e celesta) gli archi non solo reggono l’intero movimento ma assolvono anche il compito di concludere sull’accordo di tonica (fa diesis minore) in pianissimo e morendo. L’ultimo movimento secondo il compositore è «una soluzione ottimistica e gioiosa agli episodi intensamente tragici degli altri tempi». Il perentorio attacco del direttore, l’esplosione dei suoni affidati agli strumenti a fiato, il reiterare dei colpi dei timpani (tonica-dominante) che accompagna il melos delle trombe, tromboni e tuba che coinvolgerà tutta l’orchestra, la valorizzazione timbrica di ogni sezione strumentale e tutta una serie di nuances mostrano che è innegabile il voler allinearsi da parte di Gatti ad una certa tradizione mahleriana. I vibranti slanci sonori, talvolta quasi assordanti, nella sua interpretazione, evidenziano altresì il destino dell’uomo che in questo caso, per sopravvivere, ha bisogno di trasformare il dolore in apparente letizia in cui la forza e l’esplosione di tutta l’orchestra, sottolineata alla fine con percussioni ed ottoni che troneggiano, vuole richiamare l’attenzione della sinistra ombra del regime. Ovazioni per coro e orchestra la quale ha applaudito insistentemente il direttore insieme al pubblico. Foto Michele Monasta-Maggio Musicale Fiorentino