Roma, Teatro Vascello
QUESTO E’ IL TEMPO IN CUI ATTENDO LA GRAZIA
da Pier Paolo Pasolini
con Gabriele Portoghese
drammaturgia e montaggio dei testi Fabio Condemi, Gabriele Portoghese
regia Fabio Condemi
drammaturgia dell’immagine Fabio Cherstich
filmati Igor Renzetti, Fabio Condemi
produzione La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello, Teatro Verdi Pordenone, Teatro di Roma -Teatro Nazionale
Roma, 14 Maggio 2024
“Dedica. Fontana di aga dal me país. A no è aga pí fres-cia che tal me país. Fontana di rustic amòur. (Poesie a Casarsa 1941-43)
Nel panorama teatrale italiano, “Questo è il tempo in cui attendo la grazia” emerge come un’espressione artistica significativa, capace di trasportare il pubblico nel cuore dell’universo poetico di Pier Paolo Pasolini. Prodotto in una collaborazione sinergica tra il Teatro Verdi di Pordenone, il Teatro di Roma – Teatro Nazionale e il Centro di Produzione Teatrale La Fabbrica dell’Attore-Teatro Vascello, questo spettacolo è stato uno dei momenti culminanti dell’ “Omaggio a Pier Paolo Pasolini” del 2019, un evento che dal 2015 celebra annualmente l’opera e l’eredità del grande poeta e cineasta. Nato dalla visione condivisa di questi prestigiosi istituti teatrali e dalla passione per il teatro di ricerca, lo spettacolo è stato fortemente voluto dal Teatro Verdi di Pordenone e ha beneficiato del sostegno essenziale della Fondazione Friuli. La commissione affidata a Fabio Condemi ha portato alla creazione di un’opera che non solo rende omaggio alla poetica pasoliniana, ma esplora con sensibilità e profondità le sceneggiature dei suoi film e i luoghi emblematici della sua vita, dal Friuli Venezia Giulia e la sua amata Casarsa a Roma, la città che ha definito molti dei suoi anni creativi. Al Teatro Vascello di Roma, “Questo è il tempo in cui attendo la grazia” torna nuovamente a riempire la platea ed emerge come un vivido e profondo omaggio a Pier Paolo Pasolini, illuminando le scene con una scrupolosa drammaturgia ed un attento montaggio. Questa produzione si distingue non solo per l’interpretazione magistrale del protagonista, Gabriele Portoghese, ma anche per il modo in cui fonde la parola scenica con le immagini e la narrazione biografica, portando in scena un Pasolini non ancora cinematografico, ma puramente nudo e sognatore. La performance si presenta al pubblico come un viaggio circolare attraverso le diverse fasi della vita, usando sceneggiature, immagini, e parole del poeta per esplorare temi di nascita, maturità e dissoluzione. La scenografia, spoglia ma evocativa, sembra delineare lo spazio di una fossa, dove fiori rossi e ciuffi d’erbaccia attendono un finale tumultuoso, rafforzando il tema della vita che fluttua tra creazione e distruzione. Gabriele Portoghese, nel suo ruolo, si muove con una precisione quasi geometrica, evitando l’agitazione per una ferma convinzione narrativa, fermandosi in “stazioni” di memoria che erano cari a Pasolini. La sua presenza scenica è completata da un’intelligente drammaturgia dell’immagine, curata da Fabio Cherstich, dove le proiezioni video fluiscono indipendentemente, senza cadere nella didascalicità. La scelta dei testi passa attraverso sceneggiature emblematiche come “Edipo Re”, “Medea”, e “Il fiore delle Mille e una notte“, e esplora progetti come quello mai realizzato di “San Paolo“. Questi lavori sono proiettati sullo schermo alle spalle dell’attore, entrando e svanendo in un flusso che riproduce la visione poetica di Pasolini. Condemi e Portoghese, con questo lavoro, offrono più di un tributo formale a Pasolini; creano una “biografia poetica” che esplora la crisi del soggetto attraverso una sintesi originale e mutuale, toccando sia le radici intellettuali che quelle popolari del poeta. Le parole di Pasolini vengono inserite in una nuova sintesi, emergendo attraverso una scrittura pulita che lega concetto, immagine e corpo in un dialogo continuo. Uno degli apici emotivi dello spettacolo si verifica quando Portoghese, esausto, diventa uno “schermo umano” sul quale vengono proiettati i fotogrammi del film “Il Vangelo Secondo Matteo”, un richiamo alla performance di Fabio Mauri durante l’inaugurazione della Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna nel 1975. Il dramma si conclude in una maniera che potrebbe essere vista come il nuovo classicismo contemporaneo del nostro teatro: un finale cinematografico dove un ormai obsoleto proiettore illumina la scena con i colori in movimento su una camicia bianca, proiettando la parola ‘FINE’ e segnando la conclusione di un viaggio attraverso il corpo del nuovo teatro. “Questo è il tempo in cui attendo la grazia” non è semplicemente un tributo a Pasolini, ma una narrazione intensa che riflette un profondo intreccio tra letteratura, voce, corpo e segno scenico. Condemi e Portoghese emergono non solo come custodi di un’eredità, ma come pionieri di un nuovo modo di fare teatro, dove la tradizione e l’innovazione si fondono in un dialogo vivace e continuo. Il pubblico ha assistito allo spettacolo con un coinvolgimento totale, seguendo ogni movimento e ogni parola con una devozione quasi sacrale. La sala, pervasa da un’atmosfera di intensa partecipazione, ha risuonato di continui applausi, espressione genuina di una passione che ha travolto ogni spettatore. Peccato la poca affluenza.