Roma, Palazzo Bonaparte: “Timeless Time” la mostra iconica di Vincent Peters

Roma, Palazzo Bonaparte
TIMELESS TIME: VINCENT PETERS
prodotta e organizzata da Arthemisia
in collaborazione con Nobile Agency
curata da Maria Vittoria Baravelli
Dopo il grande successo di pubblico registrato a Milano ed a Bologna, la mostra “Timeless Time” approda a Roma con l’ambizione di catturare l’attenzione e il cuore dei visitatori della Capitale. Gli spazi di Palazzo Bonaparte ospitano, fino al 25 agosto, gli straordinari scatti di Vincent Peters, il fotografo tedesco che ha saputo immortalare con maestria la bellezza e il fascino delle stelle del cinema. Nato a Brema, Peters si trasferì a New York per lavorare come assistente fotografo, per poi tornare in Europa e iniziare una proficua collaborazione con l’agenzia di Giovanni Testino. Ha realizzato campagne pubblicitarie per brand di alta moda come Armani, Celine, Hugo Boss, Bottega Veneta, Diesel, Guess, Hermes, Lancome e Louis Vuitton, consolidando il suo nome nell’elite della fotografia di moda. Specializzandosi nei ritratti di celebrità, Peters ha sviluppato uno stile distintivo, ispirato al neorealismo italiano, con un uso particolare del bianco e nero che ha contribuito a definire la sua firma artistica. L’allestimento della mostra è caratterizzato da un design essenziale e molto patinato, con giochi di luci e ombre arricchiti dalle note di Ennio Morricone, Franck Sinatra e pezzi famosi del repertorio operistico che suonano in sottofondo, creando un’atmosfera quasi surreale e senza dimensione.  Nel 1973, il semiologo Umberto Eco definì l’attore come “un’emittente multicanalizzata di messaggi a funzione poetica”, un’osservazione che evidenzia la complessa interazione tra espressione scenica e ricezione emotiva da parte dello spettatore. Quando quest’ultimo assiste a movimenti potenti e passionali sulla scena, che rappresentano le turbolenze dell’anima, è inevitabilmente portato a vivere internamente queste emozioni, immedesimandosi in quello che vede. Se la magia della rappresentazione scenica è efficacemente realizzata, l’anima dello spettatore può essere così intensamente commossa da risultare, infine, liberata e purificata da quei sentimenti. È in questo modo che le composizioni fotografiche di Vincent Peters si manifestano: esse celebrano le mani, i gesti, l’espressività corporea, delineando visivamente il dialogo tra interno ed esterno. Nei suoi scatti, Peters rivela chiaramente come un gesto sia l’espressione esteriore di un movimento interiore. Questa dinamica implica che, eseguendo un gesto, si generi un riflesso sia nella propria interiorità sia in quella altrui. Aggiungendo un altro elemento cruciale, il fotografo sottolinea l’importanza di non immedesimarsi completamente nel sentimento o nella passione rappresentata. Mentre si fa esperienza di queste emozioni e si trasmettono in modo reale, vivo e totale, è infatti  fondamentale rimanere distaccati. Come nota A. Benassai, “Il gesto attira o emette delle forze, la posa fa lo stesso. Uno può posare per esprimere ira, serietà, amore; tutti i vari sentimenti e passioni possono essere rappresentati. È possibile padroneggiarli senza diventarne schiavi, conoscerli a fondo.” Questo approccio così permette a Peters di esplorare la vasta gamma delle emozioni umane senza essere sopraffatto. Ogni fotografia, in questo senso, diventa un microcosmo narrativo, un luogo dove sentimenti e gesti si intrecciano in una danza di luci e ombre, mostrando non solo la forma, ma anche l’essenza emotiva e spirituale dei suoi soggetti. Con queste immagini, Peters non solo documenta l’estetica del gesto ma ne esplora anche le potenzialità evocative e trasformative, invitando lo spettatore a un viaggio attraverso la complessità del sentire umano, senza rimanerne imprigionato. La luce ha il potere di raccontare queste storie, di mettere in risalto o celare tratti caratteriali e fisici. Nel lavoro di Peters, essa diventa un medium espressivo capace di trasmettere e cristallizzare emozioni che altrimenti rimarrebbero inespresse. Questo è particolarmente vero nel contesto delle celebrità, che, nonostante la loro fama, conservano vulnerabilità e paure umane. Il fotografo tedesco mostra una notevole abilità nel creare una sinergia con queste figure, guidandole attraverso un percorso che supera il tradizionale servizio fotografico. “Sono sempre stato affascinato dalla capacità intrinseca della luce di guidare e definire le emozioni,” afferma Peters. “In fotografia, l’occhio dirige il cuore. Attraverso la luce, cerco di evocare un’emozione specifica che rispecchi lo stato d’animo del soggetto, e con essa, narrare la storia che desidero venga trasmessa.” Ogni individuo riflette la luce in maniera unica, e questo è particolarmente vero per le celebrità, che, come i santi nella religione cattolica, incarnano una versione quasi irraggiungibile di noi stessi, proiettando la migliore immagine di ciò che desideriamo essere. Proprio come nel Rinascimento, la luce serve a valorizzare le qualità umane. Una fotografia può quindi confermare le aspettative o offrire una visione completamente diversa dell’individuo ritratto. Peters identifica due periodi storici in cui l’uso dell’illuminazione ha avuto un impatto significativo sul modo in cui le caratteristiche umane sono state rappresentate: il Rinascimento appunto  e l’era del sistema di studio di Hollywood negli anni ’30 e ’40. “Entrambi i periodi hanno influenze profonde nel mio lavoro, sia nella qualità delle composizioni che dei set,” spiega Peters. Attualmente, siamo in un’epoca in cui prevalgono immagini consumistiche, prive di un vero impatto emotivo. “L’arte dovrebbe portarti in un luogo preciso, ma anche fornire gli strumenti per completare l’esperienza da solo; non dovrebbe farlo al posto tuo,” sostiene il fotografo. La sfida è che molte persone sembrano riluttanti a impegnarsi o a confrontarsi con le proprie emozioni in solitudine. Una certa dose di ambiguità, però, può offrire prospettive inaspettate.  “Timeless Time” si trasforma così da semplice esposizione a un’esperienza complessiva, dove lo stile cinematografico di Peters emerge in ogni immagine, narrando storie profonde e trasformando ogni fotografia in un film racchiuso in un singolo fotogramma. Da non perdere.