Roma, Museo dell’Ara Pacis: “Teatro. Autori, attori, maschere della scena antica”

Roma, Museo dell’Ara Pacis
TEATRO. Autori, attori, maschere della scena antica

Curatori Lucia Spagnuolo, Orietta Rossini
Il Museo dell’Ara Pacis ospita “Teatro. Autori, attori, maschere della scena antica”, una mostra che esplora la vitalità e la popolarità degli spettacoli teatrali nell’antica Roma, nonché le vite spesso difficili degli attori e degli altri protagonisti del mondo dei “ludi”. Il teatro romano, una delle più affascinanti espressioni culturali dell’antichità, rappresenta un affascinante esempio di contaminazione culturale e di evoluzione artistica. Sebbene l’origine di alcune forme teatrali come l’atellana fosse autenticamente italica, molte altre, come i fescennini, trovavano le loro radici in Etruria. Addirittura, il termine “histrio” stesso, indicante l’attore, sembra derivare dall’area sotto il controllo etrusco. Le tematiche trattate nel teatro romano, soprattutto nella palliata e nella cothurnata – rispettivamente commedia e tragedia d’argomento greco – risentivano fortemente dell’influenza ellenistica. Questa fusione culturale non era affatto contraddittoria: si trattava di inserire contenuti greci in una struttura teatrale che poteva essere di origine etrusca, creando un melting pot artistico unico nel suo genere. L’organizzazione degli spettacoli era sotto la giurisdizione pubblica, mentre autori, capocomici e attori erano per lo più privati. Le compagnie teatrali romane erano guidate da un capocomico, il “dominus gregis“, termine che designava l’intera compagnia. Spesso, questi capocomici erano liberti, come lo erano la maggior parte degli attori, benché alcuni ruoli di supporto come musicanti o attrezzisti potessero essere affidati a schiavi di proprietà del dominus gregis. Per quanto riguarda la produzione dei copioni, non è chiaro come avvenisse esattamente il contatto tra magistrato e autore. È probabile che i dominus gregis presentassero i testi ai magistrati, anche se nei prologhi delle opere di Terenzio si fa riferimento a un rapporto diretto tra autore e magistrato. L’intero onere finanziario dello spettacolo era a carico dello stato: i magistrati assegnati disponevano di una somma forfettaria per pagare la compagnia, variabile in base alla fama dell’autore e del capocomico. Gli spettatori, a differenza di quanto accade oggi, non pagavano per assistere agli spettacoli. Fino al 55 a.C., a Roma non esistevano teatri in pietra; gli spettacoli si tenevano in strutture lignee temporanee che venivano demolite al termine delle rappresentazioni. Il fondale scenico tipico rappresentava due o tre case, talvolta un tempio, con la scena che si svolgeva immaginando una pubblica via o una piazza. Gli interni venivano creati con l’aggiunta di una pensilina sopra una porta. L’allestimento scenico era curato dal “choragus“, una figura simile al trovarobe moderno, con alcune funzioni registiche. Il pubblico, composto principalmente da schiavi, artigiani, commercianti e donne con bambini, assisteva agli spettacoli stando in piedi o seduto su sedie portate da casa. Benché nei prologhi non si faccia menzione di senatori o cavalieri, si presume che a questi fosse riservato un posto privilegiato, in panche chiamate subsellia, per una visione migliore. Gli attori, tutti maschi, indossavano maschere che identificavano immediatamente il tipo scenico interpretato: vecchio, lenone, matrona, cortigiana, giovane di buona famiglia, servetta, schiavo, parassito, soldato e le loro varianti. Questo permetteva al pubblico di riconoscere subito il ruolo e consentiva a un singolo attore di interpretare più personaggi. Alcuni attori particolarmente talentuosi, i “virtuosi”, eseguivano assoli cantati, come nel caso dello “Pseudolus“. Le rappresentazioni si svolgevano di giorno. Il primo teatro in muratura, il Teatro di Pompeo, fu edificato nel 52 a.C. da Pompeo Magno, che vinse l’opposizione dei senatori tradizionalisti incorporando un tempio di Venere all’interno della struttura. A differenza dei teatri greci, che sfruttavano i pendii naturali, il Teatro di Pompeo era interamente in muratura e occupava un’importante porzione del Campo Marzio, circondato da un quadriportico, il Portico di Pompeo, dove i romani potevano trovare riparo dalla calura estiva. Attraverso un percorso espositivo ricco di oltre 240 opere (forse anche troppe) provenienti da 25 prestatori, tra cui maschere teatrali e reperti significativi come la coppa attica del Museo Archeologico Nazionale di Firenze e il “vaso di Pronomos” del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, offre una vivida immersione nel mondo teatrale dell’antica Roma, mettendo in luce le radici profonde e le influenze durature sul teatro contemporaneo. La mostra attuale richiama, per molti aspetti, quella del 2008 al Colosseo intitolata “In scaena. Il teatro nella Roma antica”. Entrambe le esposizioni si distinguono per un’impostazione filologica rigorosa, che offre ai visitatori un’immersione accurata e dettagliata nel mondo del teatro romano antico. I reperti esposti, spesso gli stessi in entrambe le mostre, rappresentano un filo conduttore tra le due esperienze, permettendo di confrontare e apprezzare continuità e differenze nel modo in cui vengono presentati. Questo allestimento si snoda tra le eleganti sale di uno dei più affascinanti monumenti della romanità, offrendo un percorso espositivo abbastanza chiaro e di facile lettura. Tuttavia, l’uso di piedistalli in ferro e legno, pesanti e privi di slancio, non valorizza adeguatamente i reperti esposti. L’estetica “industriale” risulta troppo invasiva e strutturata. Di tutt’altra qualità sono i pannelli di sfondo, che richiamano i colori degli affreschi pompeiani, risultando appropriati e immersivi, creando un’atmosfera classica. Purtroppo, i drappi in PVC stampato appesi irregolarmente con chiodi, spesso storti e provvisori, detraggono dall’eleganza complessiva. Nonostante questi dettagli migliorabili, la mostra si distingue per il suo valore straordinario, non limitandosi a un obiettivo didattico e divulgativo, ma offrendo anche un’esperienza di approfondimento culturale. Sin dal primo sguardo, è evidente l’intento di andare “oltre” la scena, offrendo un approccio “drammatico” in senso filologico. I visitatori infatti possono immergersi sin da subito nelle atmosfere dei teatri antichi grazie a filmati creati ad hoc, che permettono di rivivere le emozioni vissute tra le gradinate dei grandi teatri romani. Questi video riflettono efficacemente le gerarchie sociali e di genere della Roma repubblicana e imperiale, restituendo un quadro vivido e dettagliato anche della società dell’epoca. Il catalogo della mostra sarà purtroppo disponibile solo dopo il 31 maggio e non è previsto un servizio di prenotazione per i visitatori che, in questi giorni, stanno apprezzando l’esposizione e desidererebbero acquistarlo. Per chi non potrà essere a Roma, l’acquisto online sarà quindi obbligatorio, mentre per i residenti rappresenterà un’occasione in più per tornare a visitare la mostra.@photocredit Monkeys Video Lab