Roma, Musei Capitolini: “Filippo e Filippino Lippi. Ingegno e bizzarrie nell’arte del Rinascimento”

Roma, Musei Capitolini, Palazzo Caffarelli
Sale al terzo piano
FILIPPO E FILIPPINO LIPPI. INGEGNO E BIZZARRIE NELL’ARTE DEL RINASCIMENTO
A cura di Claudia La Malfa
In collaborazione con MetaMorfosi
Roma,14 Maggio 2024
Il Rinascimento fiorentino, quel periodo straordinario di rivoluzione culturale e artistica, ha prodotto innumerevoli talenti che hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’arte. Fra questi, il legame tra Fra Filippo Lippi e suo figlio Filippino rappresenta un caso eccezionale di eredità artistica e creativa. La mostra “Filippo e Filippino Lippi. Ingegno e bizzarrie nell’arte del Rinascimento”, ospitata nei Musei Capitolini, esplora in profondità questo straordinario rapporto attraverso documenti storici, dipinti e disegni, offrendo ai visitatori una visione complessiva della loro opera e del contesto in cui vissero. Fra Filippo Lippi, con la sua formazione monastica e la sua vita avventurosa, incarnò l’ideale del genio rinascimentale, capace di fondere spiritualità e realismo, teologia e osservazione della natura. Le sue opere, come la “Madonna del Carmine” o la “Crocifissione”, mostrano un’abilità unica nel trasmettere l’umanità delle figure sacre, rendendole vivide e accessibili. Il suo approccio all’arte, marcato da un uso innovativo della prospettiva e da un’intensa espressività emotiva, ha aperto nuove vie nella pittura del tempo. Filippino Lippi, erede di tale maestria, non si limitò a seguire le orme paterne ma esplorò nuovi orizzonti artistici. Formatosi nella bottega del padre e influenzato da Botticelli, Filippino sviluppò uno stile distintivo, ricco di dettagli narrativi e di una raffinatezza quasi gotica. Opere come la “Pala di San Vincenzo Ferreri” e la “Visione di San Bernardo” sono esemplari del suo talento nel combinare elementi religiosi con una profonda introspezione psicologica e una luminosità di colori che preannuncia il Barocco. La mostra ai Musei Capitolini si avvale di una cura meticolosa nella selezione delle opere e nella ricostruzione del contesto storico e culturale. Attraverso una serie di documenti dell’epoca, come lettere, contratti d’opera e testimonianze contemporanee, si illumina non solo l’arte ma anche la vita quotidiana dei Lippi. Le biografie di Vasari nelle Vite offrono ulteriori dettagli, raccontando episodi come il rapimento di Fra Filippo da parte dei Mori o il controverso amore tra Filippo e Lucrezia Buti, che influenzò profondamente la rappresentazione delle figure femminili nelle sue opere. La narrazione della mostra è arricchita da una selezione di disegni e studi preparatori, che permettono di comprendere il processo creativo dei Lippi. Questi lavori rivelano la meticolosità delle loro tecniche e l’evoluzione del loro stile, mostrando come Filippino, in particolare, sperimentasse con forme e composizioni per raggiungere un equilibrio tra eredità paterna e la sua visione personale. “Filippo e Filippino Lippi. Ingegno e bizzarrie nell’arte del Rinascimento” non è solo una mostra; è un viaggio nel cuore di un’epoca gloriosa. I visitatori possono immergersi in un’atmosfera dove arte, storia e cultura si fondono, offrendo uno spaccato vivido del Rinascimento fiorentino. È un’occasione per ammirare da vicino il dialogo tra due generazioni di artisti, che con le loro opere hanno dialogato con i contemporanei e influenzato le generazioni future, testimoniando la continuità e l’evoluzione dell’arte nel tempo. L’esposizione curata da Claudia La Malfa offre un’immersione nell’epoca d’oro del Rinascimento italiano, con un focus particolare sulle città di Firenze e Roma, crogioli di creatività artistica e innovazione culturale. La mostra presenta alcuni dei capolavori di Filippo Lippi, esplorando la sua maestria nella pittura su tavola. Tra le opere esposte spicca la “Madonna Trivulzio”, proveniente dal Castello Sforzesco di Milano, un esempio emblematico del talento di Lippi nel combinare delicatezza espressiva e rigorosa composizione geometrica. Parallelamente, la mostra dedica una sezione importante alle opere di Filippino Lippi, evidenziando la continuità e l’evoluzione artistica rispetto a suo padre. Un pezzo centrale è l’“Annunciazione” dei Musei Civici di San Gimignano, che testimonia il modo in cui Filippino ha saputo reinterpretare temi tradizionali con una freschezza e una profondità emotiva che anticipano le tendenze del tardo Rinascimento. La mostra allestita nelle sale del terzo piano di Palazzo Caffarelli si caratterizza per un’impostazione espositiva decisamente accessibile e di immediata comprensione. Le opere esposte sono illuminate in modo eccellente, emergendo prepotentemente su sfondi neutri, ma non anonimi e che garantiscono una visione sempre centrata e priva di distrazioni per l’osservatore. Inoltre, la mostra beneficia di didascalie esaustive e di pannelli descrittivi sintetici ed incisivi, che giocano un ruolo fondamentale nel fornire al visitatore le informazioni essenziali senza sovraccaricarlo. L’esposizione si apre con la Madonna dell’Umiltà, un capolavoro giovanile di Filippo Lippi, realizzato tra il 1429 e il 1432. Quest’opera, dipinta per il suo convento, segna l’inizio di un percorso artistico di grande rilevanza. Basta osservare la Madonna dell’Umiltà per cogliere la personalità dell’artista: il giovane fraticello raffigurato alla sinistra della Vergine, per chi osserva, è un autoritratto di Lippi, che si presenta con l’atteggiamento di un simpatico buffone e con un’espressione che ritroveremo in altri suoi autoritratti da uomo maturo, sempre vestito rigorosamente in tonaca. L’ironia è un elemento fondamentale nell’arte e nella vita di Lippi, un ingrediente sempre supportato da un ingegno eccezionale, come suggerisce il titolo della mostra. Le “bizzarrie”, tuttavia, sono più caratteristiche del figlio Filippino, che, giunto a Roma nel 1488 su invito di Lorenzo il Magnifico, viene incaricato di dipingere nella Cappella Carafa di Santa Maria sopra Minerva. A Roma, Filippino Lippi viene travolto dalla ricchezza culturale della città e dalle grottesche della Domus Aurea, esplorando per primo quelle “grotte”. Questa esperienza gli permette di riscoprire un lato visionario dell’antichità e una dimensione anticlassica e dionisiaca del classico. In mostra si trova anche un disegno preparatorio dell’impresa Carafa, recentemente scoperto da Claudia La Malfa alla Galleria dell’Accademia di Venezia. Accanto a questo, sono esposti altri preziosi lavori di Filippino Lippi come la Morte di Lucrezia romana del 1475-80 da Palazzo Pitti, e altri disegni dell’Istituto Centrale per la Grafica, nei quali è evidente l’influenza del suo maestro Sandro Botticelli. Dalla Fondazione Cini proviene una Madonna e santi del padre Lippi, mentre dalla Pinacoteca dell’Accademia Albertina di Torino arrivano due grandi tavole con Santi, e dagli Uffizi un’Annunciazione. Da non perdere.