Auditorium RAI “Arturo Toscanini”, di Torino, Stagione Sinfonica 2023-24.
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Direttore Robert Treviño
Pianoforte Yulianna Avdeeva
Igor Stravinskij:Symphony in three movements; John Adams (1947): “Doctor Atomic” Symphony (2007); Leonard Bernstein: Symphony n.2: “The age of Anxiety” per pianoforte e orchestra.
Torino, 3 maggio 2024
Concerto che per la qualità delle musiche eseguite, per la prestazione dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI e finalmente per l’interpretazione travolgente del maestro Robert Treviño si potrebbe definire, senza riserve, strepitoso se solo ci fosse stato più pubblico. I tre pezzi del programma hanno un forte richiamo a un racconto visivo e all’angoscia per la guerra . Si inizia con Stravinskij che nella Sinfonia in 3 movimenti, per caparbia volontà, oltre a vergare una sequenza di note e di suoni, si sottrae a qualsiasi tentazione di dare un significato “altro” alla propria musica. I tre movimenti si dovrebbero riferire a tre situazioni specifiche: la coltivazione dei campi in Cina; Lourdes e Bernadette; truppe che avanzano col “passo dell’oca”. Lo spirito delle visioni viene mantenuto ma il rifiuto del riferimento specifico porta l’autore a scegliere per il titolo la dizione classica e generica di Sinfonia. L’avvio è con ritmi che fanno pensare al Sacre, accentuati, in orchestra, da un pianoforte sempre percussivo e dagli archi che, con ininterrotte variazioni di ritmo, affidate a note puntate, lasciano brevi spazi al melodiare di ottoni e legni. Nel secondo movimento, flauto ed arpa cantano una melodia che si adagia su sonorità e ritmi cameristici di legni e archi. Nel terzo movimento i ritmi variano energicamente in continuazione, incalzati e sostenuti da accordi sonori del pianoforte. L’orchestra si lancia, con un carico crescente di angoscia ed affanno, verso una drammatica chiusura. Inevitabilmente quanto segue si trova nell’impari confronto con questo capolavoro. Treviño e l’OSN RAI forniscono un sostanziale ed efficace sostegno ad Adams e alla sua Sinfonia dal Doctor Atomic del 2007. Due anni prima, nel 2005 al MET, Peter Sellars, metteva in scena l’opera Doctor Atomic in cui si tratta della poche ore che precedono lo scoppio, il 16 luglio del 1945, della prima sperimentale bomba atomica ad Alamogordo in New Mexico. Il Doctor del titolo è il capo del progetto Robert Oppenheimer; altri personaggi dell’opera sono la moglie di Oppenheimer, la cameriera indiana, i militari e gli scienziati del laboratorio di Los Alamos. Ognuno dei personaggi esprime le proprie certezze, debolezze, paure e angosce. La musica con molta difficoltà si ricava un’autonoma vita propria, è piuttosto un commento di stati d’animo cantati e rappresentati in scena. La separazione dal contesto originario, per farne una Sinfonia, è stato comunque un grande azzardo dell’autore. Se nell’opera l’orchestra è un efficace sostegno all’azione e al canto, non trova altrettanto agevole esprimersi nel terreno del puro suono. Il rischio di perdersi nella rete di formule minime, agganciate al nulla, ripetute fino allo sfinimento degli ascoltatori, viene esorcizzato dalla ricchezza timbrica della scrittura che, su un pedale costante degli archi, sguinzaglia, con libera fantasia, percussioni, fiati, arpa, celesta e pianoforte. In prossimità della conclusione, prende poi la scena la tromba solista, del formidabile , che con una lunga melodia, trascrizione dell’aria del baritono che impersona nell’opera il problematico Oppi (Oppeneimer), crea, nell’angosciante attesa dello scoppio della bomba, un’isola di assoluta empatia. Leonard Bernstein, negli anni ’40, soffriva per l’ansia, non solo causata dalla guerra in corso, ma pure dall’incertezza per il futuro di cui era preda tutta la comunità queer newyorkese di cui faceva parte. La guerra, con la sua inevitabile confusione sociale, aveva allentato i vincoli, tant’è che molti europei, vedi Britten con compagno, vi si erano trasferiti, ma regnava l’ansia per l’arrivo di una restaurazione più repressiva. Il poeta inglese W.J.Auden, amico di Bernstein e attivo membro della comunità, gli propose di musicare il suo poemetto “Il tempo dell’ansia”. La vicenda narrata, complessa e cervellotica, fa desistere Bernstein dal farne una cantata o un poema sinfonico e lo convince a ripiegare su una più generica Sinfonia con Pianoforte. Della struttura classica della sinfonia non c’è nulla, sono episodi rapsodici e serie di variazioni inserite all’interno di sezioni che solo formalmente si collegano al poema d’origine. Pur se la composizione sortì molto ben eloquente, Auden ne fu ampiamente deluso. Vi si trova, efficacemente conglobato, tutto quanto l’eclettismo dell’autore permetteva di porvi: Mahler e il tardo romanticismo europeo, Stravinskij e il Jazz, Ravel e Varèse. Si trova soprattutto la grande arte di un formidabile e sensibile orchestratore, espertissimo conoscitore di ritmi e colori. Il pianoforte, che trasforma effettivamente questa sinfonia in un concerto, è percussivo e sempre molto brillante. L’autore l’aveva voluto come protagonista perché contava di esserne contemporaneamente direttore e solista alla tastiera. Yulianna Avdeeva, già premio Chopin nel 2010, sciorina, con felina rapidità e brillantezza di tocco, un virtuosismo assai espressivo. Grandi applausi per lei che ricambia con un bis, anch’esso assai brillante e deciso, ma che annuncia a così bassa voce che il contenuto non risulta intellegibile. Sventuratamente anche la cronista RAI, a cui siamo ricorsi, non ne ha afferrato né autore né titolo. Gli applausi finali ci sono stati, come i diffusi ringraziamenti ai molti orchestrali che hanno eccellentemente condotto i molti episodi solistici.